Home > Uno degli attentati a Mussolini
Mario Ricca mi manda quest, per segnalare un parallelo curioso.
Il 31 ottobre del 1926, una domenica, Benito Mussolini era a Bologna per inaugurare lo stadio littorio. Appostatosi in piazza del Nettuno, qualcuno sparò contro Mussolini, mancando il bersaglio.
In reazione a tale gesto, gli squadristi di Arpinati si gettarono sullo
studente quindicenne Anteo Zamboni e lo linciarono. Su corpo del giovane i medici trovarono 14 pugnalate, qualche colpo di pistola e segni di
strangolamento. Chi per primo individuò e bloccò il presunto giovane
attentatore fu l’ufficiale di fanteria Carlo Alberto Pasolini, padre di Pier
Paolo Pasolini. Non sono ancora stati chiariti i motivi del presunto gesto di
Zamboni: la memoria collettiva lo ricorda come giovane anarchico, proveniente da famiglia di anarchici.
In un libro della direttrice dell’Istituto "Luciano Bergonzini" per la storia della Resistenza, Brunella Dalla Casa, ipotizza una complessa dinamica dell’attentato considerando anche i legami che esistevano fra Zamboni e Leandro Arpinati. Sostiene che dietro il gesto di Zamboni vi fosse un complotto di potere interno al fascismo, tra l’ala estrema legata a Roberto Farinacci e il nuovo corso normalizzatore voluto da Mussolini.
Giunge anche a pensare che il gesto non fosse stato compiuto direttamente da Zamboni, ma da altri, che avrebbero poi fatto ricadere la colpa sul giovane.
Pertanto l’eliminazione del presunto attentatore, secondo alcuni storici,
potrebbe essere stata causata non solo da uno scoppio d’ira ma per nascondere ogni traccia del complotto.
I rapporti di polizia dell’epoca mostrano come si svolsero inizialmente delle indagini. Esse non trascurarono gli ambienti squadristi bolognesi, ipotizzando, in un primo tempo, un coinvolgimento di ras locali, come Farinacci e Arpinati. Ma non diedero alcun risultato. A quel punto si concluse che l’attentato non poteva che essere opera di un elemento isolato. Una ulteriore indagine sollecitata dal Ministero degli Interni fu svolta ancora dai magistrati del Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato ma anch’essa approdò alle medesime conclusioni.
I procedimenti penali successivi condannarono a pene detentive il padre e la zia dell’attentatore per aver comunque influenzato il giovane nelle sue scelte, ma Mussolini, poco tempo dopo, decise di graziare i due condannati e di sovvenzionarne il fratello, che si trovava in difficoltà economiche.
Mussolini ebbe modo di condannare il gesto con queste parole:
« Degli attentati da me subiti, quello di Bologna non fu mai completamente chiarito. Certo che me la cavai per miracolo. L’esecutore,
o presunto tale, fu invece linciato dalla folla. Con questo atto barbarico, che deprecai, l’Italia non dette certo prova di civiltà. »
La partecipazione di Zamboni all’attentato ancora oggi non è stata definitivamente accertata (da Wikipedia)
In seguito al fallito attentato, già un mese dopo furono approvate le "Leggi per la difesa dello Stato". Circa 120 deputati dell’opposizione
furono dichiarati decaduti, fu istituito il Tribunale Speciale per la sicurezza
dello Stato (che riaprirà il caso Zamboni e non arrivò a nessuna conclusione, come detto), fu approvata l’istituzione della pena di morte e tutte le pubblicazioni ostili furono sospese.
ripreso da masadaweb.org