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Giuliana Sgrena : e’ aperta la caccia ai giornalisti non allineati

Publie le giovedì 10 marzo 2005 par Open-Publishing

Dazibao Stampa Guerre-Conflitti medio-oriente

di Gigi Bettoli

Non ha neanche fatto tempo a rientrare a casa, dopo aver schivato il
tentativo di eliminazione da parte dei militari americani, che su
Giuliana Sgrena si è aperto il fuoco di fila della "grande" stampa
nazionale.

Era appena successo con Simona Pari e Simona Torretta, subito
silenziate dai mass media per impedire la loro testimonianza contro la
guerra. Per Giuliana Sgrena, visto che a tapparle la bocca non ci sono
riuscite le mitragliate che hanno ucciso un dirigente del Sismi e ferito un altro e Giuliana stessa, ci si sono messi di impegno i "principi" della stampa italiana.

Veri esempi per la categoria: come quell’Eugenio Scalfari, ex
direttore di Repubblica, che da giovane andava a bighellonare in Via
Veneto, e che crescendo non dev’essere andato molto oltre il palazzo
della Confindustria. E’ stato lui il primo a dire che Giuliana è stata
stronza ad andare da sola in Iraq, senza il blindato yankee come taxi.
Grande esempio di inviato speciale, lo Scalfari, che ha sempre rischiato
per le sue preziose opinioni, trascinandosi da un salotto buono ad un’altro.
Un altrettanto stravaccato portavoce del Tg1 notifica inoltre, come
la mamma che ammonisce i bambini a non rischiare la vita negli
attraversamenti stradali, che "il governo ha parlato chiaro, in Iraq chi
ci va lo fa a suo rischio e pericolo." Soprattutto se non è accreditato
come addetto stampa dei bersaglieri.
Ci manca Biagi, inopinato martire della sinistra (?) televisiva,
chissà cosa scriverà nel suo prossimo centone pseudostorico, meglio se a
fumetti (Giuliana sarà anch’essa attribuita al tratto di Milo Manara?)....
Ci manca Pansa, che sicuramente metterà Giuliana Sgrena fra i
peggiori crimini del comunismo, trovando un legame inoppugnabile con le
foibe e dimostrando la sua oggettiva convergenza con la destra di
governo....
Non ci manca, purtroppo con quella faccia che si ritrova, l’ex
cronista dei disoccupati organizzati Lucia Annunziata.

In fondo, di cosa vogliamo lamentarci?
Se a sinistra (continuiamo con indulgenza a chiamarli così, tanto il
termine è inflazionato... come diceva il Gaber) si sono messi ad
ammirare Indro Montanelli, liberalfascistoide ed anche lui storico
d’accatto (che per altro ha venduto sicuramente più copie di qualsiasi
storico serio, nonostante non si sia accorto dei gas asfissianti
italiani contro i libici, e sostenesse che la mafia nacque nella Sicilia
interna dopo la sconfitta araba...). Cosa pensiamo, che riescano a
distinguere seriamente un raro esempio di giornalista vero da un addetto
stampa aziendale-militare?
In un paese dove i capigruppo parlamentari sono portavoce, i
ministri suggeritori o correttori delle cazzate del capo del governo, i
direttori di telegiornale guitti e saltimbanchi ed un assessore della
regione Campania (quella di Basso Lino) bandisce corsi di formazione
professionale col Fondo Sociale UE per "veline", non si crederà mica che
la "libera stampa" sia quella dei film di Robert Redford?

Quando li abbiamo mai visti, in Palestina sotto gli spari ed i gas
israeliani, i giornalisti della Rai? Certo li si vedeva sul loro pergolo
d’albergo davanti alle mura della Città Vecchia di Gerusalemme. Certo
loro non rischieranno mai.
Neanche hanno rischiato le nostre star dell’immagine televisiva, dai
tanti terrazzini grazie ai quali abbiamo conosciuto impareggiabili
scorci condominiali di ogni parte del mondo in guerra. Come quelli che
hanno fatto carriera della Rai di Trieste, che parlavano della
Jugoslavia perché fin da piccoli andavano a osmizze in Carso (anca là
ghe xe i s/ciavi, orpo!).
Quando mai li abbiamo visti in Bosnia? Quando abbiamo attraversato
l’aereoporto di Sarajevo assediata, nel furgone della Coop Service
Noncello c’erano tre giornalisti del Manifesto, uno di Avvenimenti ed
uno di Videomusic. Gente come noi, che rischiava come quelli che
portavano aiuti, senza mezzi, governi alle spalle, apparati tecnici da
sballo.
Gli altri, come al solito, erano chiusi in albergo. Loro, ed i
distributori degli aiuti di Stato, quelli finiti in spreco e corruzione,
come da ultimo la Missione Arcobaleno del rinnegato D’Alema. Neanche
quelli hanno mai rischiato niente.

Non tutti: Lucchetta, Ota e D’Angelo della Rai di Trieste, portati
per la prima volta in Erzegovina ed a Mostar dai nostri compagni del
Consorzio Italiano di Solidarietà di Pordenone, hanno rischiato tutto.
Hanno rischiato per fare informazione sul serio, senza tanta prosopopea,
e soprattutto per salvare da una bomba un ragazzino che giocava in
strada. Loro non sono stati chiusi nei loro alberghi.
Come Milan Hrovatin ed Ilaria Alpi, non a caso grande amica di
Giuliana Sgrena (in una serata di tanti anni fa erano tutt’e due
candidate a venire a Montereale Valcellina a parlarci della Somalia, e
non sono venute solo perché erano tutt’e due in partenza per i loro
reportages), neanche loro sono stati chiusi nei loro alberghi. Anche lì
storie di servizi segreti, di sporchi traffici.
Che mondo sarà quello in cui le informazioni ce le daranno solo i
comandi militari? I servizi segreti? I mestieranti della finta
solidarietà internazionale? Le/i crocerossine/i che hanno lasciato
morire Enzo Baldoni, abbandonandolo come in un film western in un
automezzo colpito ai bordi della strada: ma anche lui era un
irregolare... figurarsi, era di Linus!

Quanto a quelli che credono alle bufale del fuoco amico: stiano ad
attendere i responsi di una nuova Commissione Warren. Quella che non ci
ha spiegato chi ha ucciso John Kennedy. Nè Robert Kennedy. Nè Martin
Luther King. Né Malcom X. (dello sterminio delle Pantere Nere neanche
parlarne... chi erano?).
Nè le stragi di stato, da Portella delle Ginestre a Piazza Fontana a
Piazza della Loggia, alle bombe sui treni, ai tentati colpi di stato...
in un paese che il colpo di stato fascisti li ha brevettati, nel 1922.
Governano ancora loro. Tacete... il nemico ci ascolta!
Noi nel frattempo, per avere risposte, ci dedicheremo ai noir. Ad
Ellroy, per i Kennedy e Luther King. Ed a Carlotto e tanti altri nostri
connazionali, per i nostri "misteri di Stato" italiani. Ma questi non
sono giornalisti, lavorano di fantasia.....