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20 MARZO PACIFISTI IN PIAZZA. CON PIATTAFORME DIVERSE?

Publie le martedì 10 febbraio 2004 par Open-Publishing

Pesano diversità di vedute su resistenza irachena e non-violenza

Roma, 9 feb. (Apcom) - Per i pacifisti italiani, che compatti
manifestarono contro la guerra il 15 febbraio dello scorso anno e
uniti bloccarono i treni carichi di armi prima dell’attacco
all’Iraq, il rischio è di scendere in piazza il 20 marzo
prossimo, giornata mondiale contro la guerra, con piattaforme
diverse. Divisi, in pratica, nella differenza di vedute sulla
"resistenza irachena", che per Cobas e Disobbedienti è da
"sostenere", mentre per le altre componenti del movimento
noglobal, dalla Cgil ai cattolici, è da iscrivere nei fenomeni di
"terrorismo scatenati dalla guerra". Oggi nel corso di una lunga
riunione in Cgil, il movimento ha cercato di ricomporre le
differenze e l’operazione di ricucitura in vista del 20
continuerà domani in un altro incontro. Ma pesano le spaccature
venute fuori vistosamente nel corso dell’assemblea dei Forum
Sociali, lo scorso weekend al centro sociale Tpo di Bologna.

Oggi, al termine della riunione della segreteria nazionale, la
Cgil ha formalizzato la propria posizione. Parteciperà alla
manifestazione del 20 marzo sotto le parole d’ordine: "ritiro
delle truppe dall’Iraq e ripudio della guerra". La Tavola della
Pace, vasta rete di realtà cattoliche che volutamente non ha
partecipato all’assemblea bolognese, condivide le parole d’ordine
del sindacato di Epifani, continua a sperare in una piattaforma
unitaria, ma, sottolinea il coordinatore Flavio Lotti, insisterà
"sulla questione della nonviolenza. Per noi - afferma - la
giornata del 20 sarà l’occasione per riproporre la non-violenza
come terreno sia politico sia di scelta e impegno personale. Il
movimento non ha ancora compiuto una scelta chiara in questo
senso".

Le parole di Lotti centrano l’altra questione intorno alla
quale si sono arrovellati al Tpo. Su violenza o non-violenza
continuano ad alimentarsi le frizioni tra il portavoce dei
Disobbedienti del nord-est Luca Casarini ed il segretario del Prc
Fausto Bertinotti, il primo che difende l’uso di caschi e bastoni
in piazza, il secondo che sottolinea il rifiuto della violenza
come pratica politica "hinc et nunc". Intorno a Casarini,
un’alleanza inedita di Disobbedienti (per lo più di area
nordestina), i Cobas di Piero Bernocchi e trotzkisti come il vice
direttore di Liberazione Salvatore Cannavò. Sulla posizione di
Bertinotti si coagulano, in maniera molto articolata, le altre
forze del movimento, anche se sono in molti a definire
"intempestivo" il suo intervento a due giorni dall’arresto di 12
Disobbedienti romani per gli scontri del 4 ottobre all’Eur.

La questione "resistenza irachena" si insinua, dunque, in una
situazione già abbastanza aggrovigliata. Bernocchi e Casarini
insistono perché nell’appello per la manifestazione del 20 venga
inserita una frase che parli di sostegno a chi "resiste contro
l’occupazione militare". Gli altri rispondono che è il caso di
parlare di "autodeterminazione del popolo iracheno", come
sostiene l’appello per la giornata del 20 lanciato dagli Stati
Uniti. I giochi restano aperti, anche perché non sfugge che Acli
e Legambiente qualche giorno fa hanno firmato un documento comune
nel quale chiedono che le truppe in Iraq operino sotto l’egida
dell’Onu e non che si ritirino immediatamente. Quanto alle Acli,
per il momento si ritrovano nella piattaforma della Tavola della
Pace e non danno per scontato né che si raggiunga una posizione
unitaria, né che al 20 marzo si arrivi con un corteo unitario.

Mau