Home > Abu Ghraib, Rumsfeld sotto accusa
Il segretario della difesa di Bush e alti ufficiali del suo ufficio avevano creato il clima in cui furono possibili le torture sui prigionieri iracheni. Una commissione di inchiesta indipendente attacca direttamente il Pentagono
CARLO MARIA MIELE
Donald Rumsfeld e i vertici dell’esercito statunitense rischiano di essere infine chiamati in causa direttamente per lo scandalo delle torture ad Abu Ghraib. Secondo una commissione d’inchiesta indipendente del Pentagono, il segretario della difesa di Bush e altri alti ufficiali del suo ufficio avrebbero creato il clima in cui furono possibili gli abusi sui prigionieri iracheni. Pur non avendo ordinato direttamente ai riservisti statunitensi di torturare e umiliare i prigionieri iracheni - afferma la commissione presieduta dall’ex segretario della difesa James Schlesinger - Rumsfeld e soci sono responsabili di non avere vigilato a dovere su quanto stava accadendo nelle prigioni militari in Iraq, in Afghanistan e a Guantanamo. «I fallimenti del comando - recita il rapporto - sono stati aggravati dalla mancanza di coordinamento da parte degli ufficiali che dovevano supervisionare i compiti di guerra legati alla detenzione e agli interrogatori. Le autorità militari e civili del Pentagono hanno parte di questo carico di responsabilità».
Washington avrebbe anche mancato di assegnare ad Abu Ghraib un numero sufficiente di uomini, sottoponendo i pochi addetti agli interrogatori e al controllo dei prigionieri a un super lavoro. Esclusa anche l’ipotesi che quelli di Abu Ghraib siano stati episodi di violenza isolati: i casi di abuso riscontrati dalla commissione sono almeno trecento. Non meno pesanti sono i risultati di un’altra indagine dell’esercito, condotta da George Fay. In questo caso l’imputato principale è il generale Ricardo Sanchez che, durante il suo mandato in Iraq come capo delle forze armate statunitensi, ignorò colpevolmente quanto stesse accadendo nel carcere alle porte di Baghdad. I metodi utilizzati tra le mura della prigione, conosciuti dall’opinione pubblica mondiale solo ad aprile, erano infatti noti ai militari almeno da gennaio.
I cambiamenti nelle tecniche di interrogatorio promossi da Rumsfeld a cavallo tra il 2002 e il 2003 non avrebbero migliorato le cose, ma sarebbero serviti solo ad aumentare la confusione. Washington avrebbe lasciato mano libera alla sua polizia militare, facendo dei suoi campi di prigionia una vera zona libera dal diritto internazionale. I servizi militari dell’esercito crearono un elenco apposito dei «detenuti fantasma» - sostiene il rapporto Fay -per nascondere meglio i prigionieri agli osservatori esterni e ai controlli della Croce rossa internazionale. La polizia militare poi fece uso sistematico di cani per spaventare i prigionieri.
A volere una commissione indipendente presieduta da Schlesinger, dopo lo scoppio dello scandalo mondiale, fu lo stesso Rumsfeld per indagare sui problemi di organizzazione riscontrati nella prigione irachena, le politiche di detenzione, le strutture di comando e l’addestramento del personale. A maggio il segretario della difesa dell’amministrazione Bush mandò una nota alla commissione: «Sarebbe di grande aiuto per me avere la vostra opinione indipendente, il vostro parere professionale sulle questioni che voi considerate maggiormente pertinenti con le varie accuse. Sono particolarmente interessato al vostro parere sulle cause dei problemi e le possibili soluzioni». Da allora, dopo le mosse dettate dalla pressione dell’opinione pubblica, molti passi indietro sono stati fatti, in vista delle elezioni di novembre. I lavori della commissione del Senato sulle forze armate sono fermi da maggio, a causa dell’opposizione dei repubblicani che temono che mantenere viva l’attenzione sullo scandalo potrebbe ostacolare la rielezione del presidente Bush.
Quanto rivelato ieri nelle indagini potrebbe aprire nuovi sviluppi nella vicenda degli abusi ad Abu Ghraib. Le conclusioni a cui è giunta la commissione peseranno certamente nel processo in corso nella base tedesca dell’esercito statunitense a Mannheim, in cui quattro riservisti si difendono dall’accusa di aver torturato e umiliato i detenuti iracheni. Ieri, in mattinata, il giudice James Pohl aveva respinto una richiesta della difesa che voleva chiamare a deporre proprio il segretario Rumsfeld: «Non riesco a vedere una connessione tra questo gruppo e le autorità di Washington - ha risposto ieri Pohl agli avvocati della difesa. Non sto dicendo che non esista alcun legame, ma che non avete portato prove sufficienti».
Gli avvocati di James Davis e degli altri tre riservisti impiegati ad Abu Ghraib hanno sempre sostenuto che i propri assistiti obbedirono solo a ordini provenienti dall’alto: «ammorbidire» sistematicamente i detenuti per facilitare gli interrogatori. Uno degli avvocati, Paul Bergrin, ha parlato anche di alcuni memorandum interni che mostravano che Rumsfeld aveva approvato le tecniche adottate nel carcere, dai cappucci alle foto dei prigionieri nudi. Le conclusioni della commissione di inchiesta potrebbero convincere anche il giudice del tribunale militare James Pohl.