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Algeria: ancora violenze nel nord del paese

Publie le lunedì 2 agosto 2004 par Open-Publishing

di Daniele Bertulu

Il sanguinoso conflitto civile in Algeria, in corso dal 1992, continua a provocare vittime nonostante il governo abbia più volte annunciato la vittoria contro gli estremisti islamici; anche se il livello delle violenze non è più paragonabile a qualche anno fa, gli scontri armati restano quasi all’ordine del giorno, soprattutto nelle province settentrionali del Paese.

Solo ieri, secondo la stampa nazionale (citata dall’agenzia France Presse), tre membri di un imprecisato gruppo radicale sono stati uccisi in un rastrellamento dell’esercito regolare nella foresta di Stamboul, presso Mascara; sempre in quest’area, a Frikat, un membro dei gruppi di autodifesa civile (GLD, Gruppi di Legittima Difesa) è stato ucciso in un agguato.

Nei giorni precedenti un soldato era morto a Lakhdaria, dopo essere incappato in un falso posto di blocco allestito dai guerriglieri; nel villaggio di Deldoul (Djelfa), il vicesindaco locale è stato sequestrato ed assassinato da presunti islamici.

Inoltre, sempre a detta del quotidiano indipendente El Watan, sette fondamentalisti avrebbero perso la vita a causa dei bombardamenti aerei sulla foresta di Chouicha, presso Zemmouri (Cabilia); nella stessa regione si registrano altre tre vittime tra i ribelli, nei dintorni del villaggio di Boudouaou.

Torna la violenza anche nella capitale Algeri, dove le forze di sicurezza avrebbero "abbattuto" due membri del Gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento (GSPC) in un rione popolare della periferia est della città.

Sebbene Algeri sia stata dichiarata "ripulita" dalla presenza dei gruppi armati radicali, episodi di violenza analoghi stanno diventando sempre più frequenti, come dimostra anche il recente attentato dinamitardo contro una centrale elettrica, rivendicato ancora dal GSPC.

Più di 100 morti in due mesi

Secondo i bilanci stilati dalle autorità, nel mese appena conclusosi le vittime della guerra sono state almeno 26; durante tutto l’arco di giugno, invece, i morti sono stati 75, tra cui circa 40 islamici, 20 governativi e 15 civili.

Il conflitto in Algeria ha destato particolare impressione nella comunità internazionale (soprattutto tra il 1994 ed il 1999) a causa dell’imperversare di spaventose violenze ed efferatezze contro popolazione; in seguito alla "politica di riconciliazione" lanciata dall’attuale presidente Abdelaziz Bouteflika, gran parte dei ribelli hanno deposto le armi, anche se diverse centinaia di miliziani del GSPC ed il GIA - Gruppo Islamico Armato - restano ancora attivi nel nord del Paese (oltre ai tentativi di riorganizzazione a sud, nel deserto del Sahara).

I guerriglieri, che hanno reclutato migliaia di giovani, disoccupati e delinquenti comuni facendo leva sul diffuso malcontento e sulla drammatica situazione sociale del Paese, hanno compiuto ogni genere di massacri contro chi era "colpevole di non rispettare la legge islamica".

Tuttavia, sull’esercito stesso gravano pesantissime responsabilità connesse a queste violenze: nonostante il massiccio insabbiamento attuato dalle autorità, non di rado sono emerse denunce di brutali stragi compiute da soldati, che successivamente addossavano la colpa agli integralisti: in questo modo era stata creata una vera e propria "strategia del terrore", che spingeva il consenso popolare verso la politica governativa.

Addirittura, alcuni analisti sostengono che, almeno nei primi anni del conflitto, "il GIA è stato creato dai servizi segreti algerini", e "mantenuto sotto strettissimo controllo dei militari".

Il prezzo più elevato di questa follia è stato pagato ancora una volta dai civili: si parla infatti di 100.000 vittime, cifra portata a 150.000 da agenzie indipendenti; gli sfollati, riversatisi in massa dalle campagne verso le degradate periferie dei maggiori centri urbani, sono oltre due milioni.

Scoperta una fossa comune

Fonti della AFP rendono noto che una fossa comune con una quindicina di cadaveri è stata scoperta presso Oued Boulbane, nella regione di Blida, circa 50 Km a sud della capitale.

Secondo le autorità, si tratterebbe di civili assassinati dal GIA nel 1996, come emerso dalle recenti rivelazioni di un fondamentalista "pentito".

A tale proposito, Amnesty International si è rivolta al governo algerino affinchè le indagini e l’identificazione delle vittime siano eseguite secondo le convenzioni internazionali: Amnesty ritiene infatti che negli ultimi anni le autorità algerine abbiano condotto indagini insufficienti in séguito al ritrovamento di fosse comuni.

http://www.warnews.it/index.php/content/view/1065/29/