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Anche i comizi di Mussolini apparivano grotteschi e comici

Publie le lunedì 26 gennaio 2004 par Open-Publishing

Non è un buffone

La celebrazione santificante dei dieci anni di Forza Italia. Il primo pensiero che mi viene in
mente è: accidenti, come siamo fatti noi italiani, che da dieci anni ci teniamo questo soggetto sullo
stomaco? E’ vero, è da dieci anni che lo subiamo, che fosse o non fosse al governo: per consolarlo
della sconfitta del 1996 gli fu riservata una suite nel Grand Hotel della Bicamerale.

La
celebrazione di ieri, aperta dalla lettura di un predicozzo di don Gianni Baget Bozzo (l’officio di un
prete era d’obbligo) è stata indubbiamente grottesca. Un qualsiasi marziano o anche straniero che
fosse venuto ad assistere sarebbe rimasto strabiliato e si sarebbe fatto grandi risate. Ma c’è
veramente da ridere e pensare che un buffone come il Cavaliere sia ormai arrivato al suo tramonto?

Non credo proprio che sia così. Noi italiani che dal vero o dai film abbiamo visto e ascoltato i
discorsi di Benito Mussolini a piazza Venezia dovremmo guardarci da questi illusori ottimismi.
Anche i comizi di Mussolini apparivano grotteschi e comici alle persone con un minimo di buon senso e
anche agli antifascisti, che pensavano che un comico così non potesse durare. E invece per
liberarsene ci volle una guerra mondiale.

Fortunatamente Palazzo dei Congressi non è piazza Venezia e Berlusconi non ha l’intelligenza di
Mussolini (ma non è così stupido), per liberarcene non sarà necessaria una guerra apposita anche se
viviamo nella stagione delle guerre preventive, sulle quali il Cavaliere campa.

Il dato di fatto (altra analogia) è che il cavaliere (come il duce) ha più da temere dai suoi che
non dagli avversari. Quindi il problema è sul che fare delle opposizioni, le quali - a differenza
del cavaliere e delle sue sceneggiate - si preoccupano più del ceto politico che non del popolo e
sono convinte che solo andando al centro e facendo tutti i compromessi per raccattare una lista un
po’ più larga potranno tornare al governo. Battere Berlusconi, insomma, ma il berlusconismo che
rischia di diventare la cultura forte anche nel popolo viene in secondo ordine. Quando il presidente
dei Ds propone l’astensione sul mantenere o non mantenere le nostre truppe in Iraq, rimaniamo nel
gioco vincente del Cavaliere, che potrà continuare con le comparsate popolari trasmesse su tutti i
canali televisivi.

Berlusconi non si batte con le astuzie, pensando di essere più furbi di lui: la contrapposizione
deve essere netta e sulle questioni decisive per la vita della gente e soprattutto di chi in vario
modo (questo modo si è molto allargato) è lavoratore dipendente. Berlusconi ha scoperto che
l’anticomunismo gli rende, rispondiamogli, viene da dire, con qualcosa di comunista o, più
pragmaticamente, di forte e definito. La trappola nella quale sono cadute le opposizioni è la rinunzia a tutte
le rivendicazioni di riforma sociale, è l’aver accettato la capitolazione (Ostellino sul Corsera
di ieri ne fa il massimo merito del Cavaliere) dello spirito riformista di parte cattolica e di
parte socialista.

Sono passati dieci anni: vi sembran pochi?

Il manifesto