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Argentina, la Chiesa c’entra con i generali

par Checchino Antonini

Publie le martedì 19 marzo 2013 par Checchino Antonini - Open-Publishing

Il doppio filo con la dittatura. E preti dalla parte del popolo, massacrati in nome dei «valori cristiani». Una sentenza racconta.

L’ascesa al soglio papale di Francesco I giunge a tre mesi dalla sentenza del tribunale de La Rijoa secondo cui la Chiesa cattolica argentina fu complice di crimini contro l’umanità durante la dittatura militare in Argentina tra 1976 e l’83 quando furono almeno trentamila i desaparecidos. Nello specifico, l’istituzione religiosa risulta collusa con i militari Luciano Benjamín Menéndez, Luis Fernando Estrella e Domingo Benito Vera, assassini dei sacerdoti Carlos de Dios Murias e Gabriel Longueville. I due preti, che appartenevano al Movimiento de Sacerdotes del Tercer Mundo, - nato da una costola del movimento evangelico Teologia della Liberazione - nel luglio del 1976, furono sequestrati nella loro chiesa, torturati e uccisi poco dopo.

Horacio Verbitsky, nel celebre libro "L’isola del silenzio" ha dedicato ampio spazio al ruolo attivo dell’allora gesuita nel repulisti di preti sovversivi e anche alla debole autodifesa del futuro capo dei vescovi argentini, e da ora papa della chiesa cattolica.
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Si conoscono le frequentazioni di Pio Laghi, nunzio apostolico, ambasciatore della Santa sede, con i torturatori dell’Esma e le cordialità col regime del suo collega in Cile, Angelo Sodano, che ieri era decano dei cardinali. Ma la sentenza di La Rijoa tratteggia il contesto e individua gli attori della mattanza di giovani "sovversivi".

Nella sentenza di condanna per i responsabili militari della zona, i magistrati hanno chiarito che esisteva in tutto il Paese un piano del regime in collaborazione con le alte gerarchie ecclesiastiche per eliminare i preti scomodi: «Non si trattò di fatti isolati e fuori contesto, attuati per moventi particolari. Al contrario, chiaramente, l’assassinio di Murias e Longueville deve essere interpretato precisamente nel contesto di un piano sistematico per l’eliminazione di oppositori politici. (...) Certamente i membri del popolo di Dio, così come la società argentina in generale, si aspettano da un’istituzione così significativa come la Chiesa Cattolica, un atteggiamento di più nitido e chiaro ripudio dei meccanismi e di chi, in un modo o nell’altro permisero e consentirono la realizzazione di fatti gravissimi come quelli che giudichiamo adesso». Delle motivazioni di quella sentenza parla a lungo Giulia De Baudi nel suo blog www.igiornielenotti.it.

Per capire meglio il clima: nel novembre del 1975, durante una visita alla base aerea de Chamical, nella zona di La Rioja, il provicario castrense Victorio Bonamín disse che il popolo, ribellatosi allo sfruttamento disumano dei latifondisti, aveva commesso peccati talmente gravi che si potevano redimere solo con il sangue.

I mandanti furono, come scrive John Perkins nel suo libro "Confessioni di un sicario dell’economia", coloro che stavano all’apice di un sistema creato per lo sfruttamento delle risorse umane e naturali: finanza, corporation, Chiesa cattolica. E i preti desaparecidos Carlos de Dios Murias e Gabriel Longueville «facevano parte di un gruppo della Chiesa considerato nemico», e pertanto dovevano essere eliminati. Nel giro di poche settimane, tra luglio e agosto del 1976, furono assassinati in provincia di La Rioja anche monsignor Pedernera e il vescovo Enrique Angelelli.

La Chiesa di Roma, scrive il giornalista argentino Horacio Verbitsky, non fu solo complice passivo della tragedia dei desaparecidos, ma autore attivo: «Laghi (il nunzio apostolico del Vaticano in Argentina N.d.R.) non agiva di sua iniziativa. La Santa Sede appoggiava la relazione speciale tra il suo ambasciatore e Massera» (da "L’isola del silenzio").

Ecco cosa diceva Pio Laghi, che Massimo D’Alema premier accolse con tutti gli onori al ritorno in Italia: «I valori cristiani sono minacciati dall’aggressione di una ideologia che è rifiutata dal popolo. Per questo ognuno ha la sua quota di responsabilità, la Chiesa e le Forze Armate: la prima sta inserita nel Processo e accompagna la seconda, non solamente con le sue preghiere, ma anche con azioni in difesa e promozione dei diritti umani e la patria...» (27 giugno 1976).

Se sono celebri le foto di Giovanni Paolo II con i colonnelli golpisti e torturatori, anche l’insospettabile Paolo VI disse al golpista Massera che erano «episodi superati» gli omicidi di alcuni sacerdoti ed alcune suore a Buenos Aires. La Iglesia, attraverso i propri cappellani militari, convinse i marinai reticenti e angosciati a torturare e ad uccidere i desaparecidos, facendo dire loro dai preti in divisa militare che «separare l’erba buona da quella cattiva» era un precetto biblico da applicare senza nessun timore.

In Argentina, dagli anni Cinquanta in poi, ci fu una lotta anche tra un alto clero colluso e numerosi religiosi che appartenevano in gran parte ai movimenti popolari cristiani che volevano che il messaggio evangelico evocato dal Concilio vaticano secondo si tramutasse in giustizia sociale.

Teologia della liberazione Montoneros, Movimiento de Sacerdotes del Tercer Mundo, furono alcuni dei movimenti cattolici nati in quegli anni. Così Chiesa cattolica, potere economico, militari, politici, Cia, dalla fine degli anni Cinquanta, prepararono la logistica, indottrinarono e addestrarono i loro uomini con un fine preciso e lucido: eliminare la parte migliore del Paese i sovversivi.

«A volte, la repressione fisica è necessaria, è obbligatoria e come tale lecita», dirà nel 1982 monsignor Miguel Medina. Ai giudici sembra chiaro che le autorità ecclesiastiche argentine non mossero un dito per fermare la carneficina neppure davanti alle persecuzioni sofferte dai sacerdoti vicini ad Angelelli, scomparso in un misterioso incidente automobilistico, considerato poi un assassinio, mentre trasportava i documenti che informavano sulle persecuzioni e che sono serviti oggi come prova nei processi.

"Página 12", il quotidiano progressista di Buenos Aires che segue con attenzione i processi contro i criminali della dittatura, ha rivelato tempo fa dell’incontro tra i vertici della Conferenza Episcopale argentina e l’allora dittatore Jorge Videla, nel 1978. In quell’occasione, quando si parlò dei desaparecidos, il cardinale Juan Aramburu commentò che «il problema è cosa rispondere perché la gente smetta di fare supposizioni». E i giudici sostengono nella loro sentenza che ancora adesso le autorità cattoliche hanno «un atteggiamento reticente» verso chi vuole scoprire i crimini. Lo stesso parroco della parrocchia in cui furono sequestrati i due sacerdoti assassinati ha tentato di impedire l’ingresso nella sua chiesa ai giudici, sostenendo fossero in corso «esercizi spirituali», nonostante la visita fosse stata ampiamente annunciata.

«I membri del popolo di Dio - dice ancora la sentenza - così come il resto della società argentina si aspettano oggi da un’istituzione cosi importante come la Chiesa cattolica un ripudio chiaro e nitido a chi permise che si perpetrassero i gravissimi crimini che conosciamo».

«I membri della Giunta Militare saranno glorificati dalle generazioni future» (monsignor Bonamín, marzo 1981).

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