Home > Baldoni, ci hanno mentito su tutto. La Mezzaluna rossa: «Mai nessuna trattativa»
Baldoni, ci hanno mentito su tutto. La Mezzaluna rossa: «Mai nessuna trattativa»
Publie le domenica 29 agosto 2004 par Open-Publishingdi Leonardo Sacchetti
L’Ambasciata italiana a Baghdad era a conoscenza del fatto che l’auto su cui viaggiava Enzo Baldoni era stata colpita lungo la strada tra Najaf e Baghdad. E lo sapeva già «dal primo pomeriggio di venerdì 20» agosto, come ha confermato a l’Unità l’ambasciatore italiana in Iraq, Gian Ludovico De Martino Di Montegiordano. Sapevano e, quanto meno, hanno minimizzato. Lentamente, a due giorni dalla diffusione della notizia della morte del reporter italiano, dall’Iraq stanno arrivando piccoli spiragli di luce sull’intera vicenda. Dall’Iraq ma anche dall’Italia e dal Galles.
L’ambasciata e la Farnesina sapevano
Nel faccia a faccia tra il commissario straordinario della Cri, Maurizio Scelli, e il direttore di Diario, Enrico Deaglio, è stato ricostruito quel che «ufficialmente» è accaduto venerdì 20 agosto: è il giorno della scomparsa di Baldoni. «Soddisfatto. È stato chiarito il ruolo della Cri ma altri dovranno spiegare tutti gli interrogativi rimasti», ha detto Deaglio. Fino dove è arrivato il convoglio della Cri? «Fino alla periferia di Najaf», racconta il direttore di Diario. Dunque non fino al mausoleo sotto assedio di Ali. Fino a ieri, Scelli aveva dichiarato che il convoglio era arrivato solo a Kufa, poco fuori la città santa sciita. Il convoglio umanitario, poi, ripartito per Baghdad è stato attaccato. «C’è stata un’esplosione. Pochi secondi - continua il direttore di Diario - ma gli altri hanno visto l’auto di Baldoni e del suo interprete, Ghareeb, colpita». Il convoglio ha proseguito per motivi di sicurezza. «Qualcuno ha visto la portiera destra dell’auto aprirsi». È il lato di Baldoni che era presumibilmente ancora vivo. L’auto ha fatto un testacoda e si è fermata nella corsia opposto. Arrivati a Baghdad, il capo-missione della Cri, Giuseppe De Santis fa 3 telefonate: una, a uomini vicini ad Al Sadr. «Non sapevano niente». Ma uomini del Mahdi erano nel convoglio, fino al ritorno quando si erano sganciati per «scortare» l’inviato Rai Pino Scaccia fino alla capitale. Seconda telefonata: all’ambasciata d’Italia a Baghdad. Terza: alla Cri a Roma. È la seconda telefonata, confermata anche dall’ambasciatore De Martino, a inchiodare il governo italiano. La Farnesina, come da prassi, era stata avvisata di quel che «realmente» era accaduto all’auto di Baldoni già nel pomeriggio del 20. Dunque: il telefono del reporter staccato e la sua «fame» di scoop erano elementi irrilevanti rispetto alla gravità della situazione. Situazione presa sotto gamba dal nostro governo e dal ministro degli Esteri, Franco Frattini.
La ricostruzione di Scelli
Nel suo incontro con Deaglio, Scelli ha ammesso che il convoglio era arrivato «alla periferia di Najaf» e che «era stato colpito» sul tragitto di ritorno a Baghdad. L’auto con Baldoni e Ghareeb era isolata, troppo in avanti? «Era a vista - dice il direttore di Diario - e Scelli mi ha detto che l’auto era la prima del convoglio». Secondo la ricostruzione di Reporter Associati, in base a una fonte della Mezza Luna Rossa di Baghdad (presente con alcune persone nel convoglio della Cri), la Nissan (ritrovata bruciata) era la seconda del convoglio. Dunque: non era isolata e non era in corsa verso chissà dove. Adesso, la Cri si sta impegnando nel recupero della salma di Baldoni, forse nel convoglio col compito ufficiale di fotografo della missione. Nella trattativa del recupero del corpo del pubblicitario milanese, da ieri c’è anche il nome di Sajaf al Jidi, 35 anni, ex ufficiale di Saddam e adesso a capo del sedicente «Movimento nazionalisti liberi». È lui a gestire la trattativa per conto della Cri.
I testimoni dell’esplosione
C’erano testimoni oculari di quanto avvenuto a Baldoni? Sì, e forse più d’uno. La volontaria e freelance gallese, Helen Williams, nel suo blog e in un’intervista (pubblicata nella pagina affianco) rilasciata venerdì alla bolognese Radio Città del Capo (del network di Radio Popolare), conferma di aver visto l’esplosione e che il suo traduttore, affacciandosi all’oblò del mezzo, vide qualcosa. Forse vide la portiera destra dell’auto aprirsi. Forse vide il cadavere di Ghareeb (poi ritrovato carbonizzato nell’obitorio di Latifiya). Indizi, non certezze. Ma pur sempre elementi da chiarire in questa storia. Sempre secondo Reporter Associati, poi, nei pressi dell’esplosione che colpì l’auto di Baldoni «c’erano dei civili iracheni». Altri testimoni oculari.
C’è poi da chiarire il ruolo di Ghareeb. Di lui e della sua famiglia, a Baghdad, non c’è traccia. Essendo d’origine giordana, forse i suoi familiari si trovano proprio in Giordania. Forse. Ma, stando anche ai messaggi di Baldoni, è lui il tramite per ottenere una «protezione» del Mahdi di Al Sadr per arrivare a Najaf. Sul convoglio, infatti, ci sono almeno due miliziani di Moqtada (quelli che riaccompagnano Scaccia a Baghdad). La volontaria gallese, però, parla di un certo Ali, uomo di Al Sadr, scomparso sulla strada di ritorno. Chi è Ali? C’è chi ipotizza che sia lo stesso Ghareeb. Un’ipotesi, niente più. Ma il suo ruolo potrebbe legarsi a un’altra ipotesi: che l’imboscata contro la sua auto sia stata premeditata. Non dagli sciiti radicali ma da un gruppo di predoni o di terroristi che avrebbero prelevato Baldoni. In quanto italiano era «merce rara» per l’impresa dei ricatti (monetari o politici) nel suq delle faide irachene.
http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=HP&TOPIC_TIPO=&TOPIC_ID=37272