Home > "Bareta", l’uomo Molotov
di Giorgio Trucchi
La prima volta che si vide su una scatola di fiammiferi Momotombo quasi si strozza
con il caffé che stava bevendo.
" Sei sicuro che sono io? Ma che cazzo ci faccio su questa scatola? Perché non
hanno messo un eroe?...Io sono ancora vivo...".
Pablo de Jesus Aràuz Mairena ha oggi 45 anni e per molto tempo si é rifiutato
di ammettere che fosse lui quel ragazzo della molotov che, il 16 luglio del 1979,
fu immortalato dalla lente della fotografa Susan Meiselas tra le strade di Estelì all’alba
della liberazione della città.
" Non volevo farmi riconoscere. Io non avevo lottato per diventare famoso, ma
perché ne sentivo il bisogno".
Così parla Pablo, Bareta per gli amici, a 25 anni da quella foto che divenne
un simbolo della lotta di liberazione: guerrigliero con il basco guevarista,
fucile della libertà, crocifisso al petto, tirando una molotov da dietro una
barricata.
Oggi ha otto figli e vive a Somoto, nel nord del paese, lavorando come meccanico
e come camionista. Non certo una vita facile e comunque molto diversa da quella
che si era immaginato quando combatteva contro la dittatura. Vive ancora dei
ricordi della guerra e gli piace raccontare di quando il suo pseudonimo era Augusto
ed era uno specialista in "bombas de contacto".
Suo padre era Pedro Antonio Aràuz, fratello di Blanca Aràuz, sposa del Generale Augusto C. Sandino. Segretario di Sandino e amico del Che e di Fidel Castro durante la sua permanenza di 12 anni a Cuba.
Suo fratello maggiore, Augusto, fu ucciso nel 1974 dalla Guardia Nacional di Somoza e lottò a fianco dell’esercito cubano durante l’invasione di Playa Giròn nel 1961.
"Ho incominciato ad odiare la Guardia Nacional quando avevo 9 anni. Crescendo mi misi nei movimenti studenteschi che lottavano contro la dittatura. Fui arrestato sette volte, ma non mi interessava perché la mia coscienza mi diceva che non si poteva andare avanti così, con l’intera ricchezza del paese in mano a quattro persone".
Dopo la morte di suo fratello entrò a tutti gli effetti nel FSLN. Aveva 16 anni e cominciò l’addestramento militare in territorio hondureño e rientrò in Nicaragua nel 1976 integrandosi ai guerriglieri che combattevano nei dintorni di Estelì e Condega. Sotto il comando di Francisco Rivera "El Zorro", partecipò a due delle tre insurrezioni di Estelì, compresa quella finale che abbatté la Guardia Nacional della zona.
Proprio durante quegli ultimi giorni, Bareta pensa che sia stata scattata la famosa foto.
"Erano vari giorni che stavamo dietro quella barricata controllando la caserma della Guardia. I soldati non uscivano e gli avevamo già provocato varie perdite, tra cui il carro armato che si vede nella foto che era stato fatto saltare con una bomba lanciata da un compagno che si faceva chiamare "Il Granadino". Io ero l’incaricato delle "bombas de contacto" che avevo imparato a fare da un compagno di Masaya.
Quando finirono mi guardai intorno e vidi un ragazzo con in mano una bottiglia di Pepsi piena di benzina e con uno straccio che sporgeva dalla bocca della bottiglia. Il ragazzo non sapeva cosa fare e allora gliela tolsi di mano. - Dammi, gli facciamo saltare la postazione a questi figli di puttana - gli dissi e lanciai la bottiglia".
Parlando e parlando ritornano i ricordi e racconta come il fucile FAL che aveva in mano aveva impressa la bandiera di Panama sul calcio ed aveva la canna tagliata. Il baschetto glielo aveva regalato un amico di Somoto, mentre i pantaloni glieli aveva prestati una compagna guerrigliera perché lui non ne aveva.
Per Bareta la rivoluzione é la cosa più bella che gli sia successa. "In quegli anni sono stato felice".
Dopo la liberazione é diventato tenente dell’Esercito Popolare Sandinista con il compito di addestratore delle nuove truppe di Somoto.
Nel 1988 ebbe un grave incidente in moto e anche per vari errori degli stessi medici non poté più rientrare nella vita attiva dell’Esercito e fu mandato a lavori di segreteria dove venne sorpreso dalla sconfitta elettorale del 1990.
Uscì definitivamente dall’esercito e si mise a lavorare con un camion che era riuscito a comprarsi. Si allontanò dalla vita del partito e dal movimento per il quale, assicura, era valsa però la pena passare giorni interi senza mangiare ed andare a combattere anche quando era malato.
"La rivoluzione é stata la mia vita. C’erano un sacco di rivendicazioni sociali causate dai bisogni della maggior parte della gente. E’ stato un vero peccato che non ci abbiano lasciato la possibilità di farla come volevamo. Con la sconfitta del 1990 sono finiti i miei sogni. Ricordo che nella Plaza de la Revoluciòn nel 1979 ci dicevamo: e adesso cosa facciamo? Nel 1990 mi feci la stessa domanda: e adesso cosa faccio con i miei sogni?
Non sono mai uscito dal paese durante gli anni ’80. Ero dell’avanguardia a tempo completo".
Nel 1985 il FSLN lo volle premiare mandandolo in Perù a studiare Biologia Mineraria per 5 anni. "Nemmeno per il cazzo" - rispose - "La guerra é dura e non posso lasciare il paese in questo momento. Come posso andarmene lasciando il paese in guerra...e se poi c’invadono?"
A Pablo, Bareta, la vita l’ha divorato, ma preferisce il passato nonostante i tanti problemi.
(tratto da END)
14.07.2004
Collettivo Bellaciao