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Bertinotti ridefinisce, "Coalizione democratica", lo schieramento degli elettori
Publie le giovedì 26 agosto 2004 par Open-Publishing«Coalizione democratica»
Bertinotti ridefinisce così lo schieramento in cui deve valere il responso degli elettori
La sfida del leader del Prc è ai partiti che intendono egemonizzare il futuro governo. E infatti la Quercia frena e preferisce puntare sul triciclo
di COSIMO ROSSI, ROMA
«Coalizione democratica» in sostituzione del defunto centrosinistra, primarie sul programma e, se necessario, anche sul leader: candidandosi a fare lo sfidante (in nome dell’«esercizio di democrazia») di Romano Prodi. Con una duplice intervista, su Avvenimenti e al tg3, Fausto Bertinotti fa saltare i giochi da tavolo politici del centrosinistra: ovvero l’idea di Quercia e Margherita di una coalizione a trazione esclusivamente triciclista. E lo fa proprio a partire dalla natura della coalizione e dal fattore di partecipazione interno: mettendo così a nudo la contraddizione dei prodiani a prescindere da Prodi - come sono i Ds - che parlano sempre di primarie e di coinvolgimento della base ma razzolano solo nella negoziazione di partito. Non a caso sono in primo luogo i Ds a frenare, arrampicandosi sugli specchi della difesa del secondo elemento del centro-sinistra.
«Potrei dire scherzando a Bertinotti - risponde Vannino Chiti - che pensavo da lui venisse un riferimento forte a non smarrire nell’alleanza che ci sarà un riferimento alla sinistra». Benché da angoli differenti, Prodi e Bertinotti viaggiano dunque verso un’inedita convergenza. Il leader del Prc, infatti, ha deciso di rilanciare i proprio contenuti seguendo attentamente il sentiero preferito dal professore. E chiamando così allo scoperto il resto della sinistra: i Ds in primo luogo, impegnati come sono a cercare di affermare il primato della lista unitaria e della federazione dei partiti riformisti come giuda del centrosinistra rispetto alla quale gli alleati si devono porre in una posizione negoziale ma rinunciando a ogni velleità egemonica. Un concetto che Piero Fassino ieri ha ribadito anche nel suo messaggio alla festa nazionale dell’Unità apertasi a Genova.
Ovvio che di primarie sul leader non ci sarebbe bisogno, data l’unanime convergenza intorno alla riproposizione di Prodi. Ma proprio perché lo stesso Prodi insiste su questo tasto per mettersi al riparto dai tranelli dei partiti, Bertinotti sta gioco. «Io ho detto che mi paiono sovrabbondanti queste primarie sul leader mentre mi sembrano importantissime quelle sul programma - dice al Tg3 - Appunto perché mi pare ormai senso comune che Prodi sia il leader. Tuttavia se le primarie si fanno, siccome sono un esercizio di democrazia eccomi qua, io mi candido». E candidandosi il leader del Prc si prone di fatto come referente di un’opzione programmatica differente rispetto a quella del listone unitario. Una per tutte, quella sulla pace e la guerra, un tema di fatto subìto da una parte dei partiti di opposizione, che di fronte alla pressione dell’opinione pubblica hanno sovente rinnegato nei voti parlamentari la loro intima propensione alla «responsabilità» di governo che li spingeva a un maggiore possibilismo bellico.
«La guerra intanto è rifiutata dall’art. 11 della Costituzione - osserva il leader del Prc - E poi tutte le opposizioni hanno fatto una mozione per il ritiro delle truppe che oggi bisognerebbe radicalizzare per dire: veniamo via immediatamente da questa tragedia». E se alle primarie si deve andare, come Bertinotti si sottopone al verdetto dell’elettorato lo stesso implicitamente chiede agli alleati: «Ho detto semplicemente che, fermo restando questi principi, se votano tutti gli elettori, tutti gli elettori che decidono di farlo e che appartengono alla coalizione di opposizione, quello è un vincolo».
Vincolo che sta molto stretto alle minoranze interne a Rifondazione: tanto la sinistra trotzkista quanto all’area - attualmente in maggioranza - dell’Ernesto, che chiede al segretario di fissare con più precisione i punti da sottoporre al negoziato con l’Ulivo. Ma proprio il concetto negoziale è quello che Bertinotti vuole disarticolare, ponendosi in un’ottica di «coalizione democratica» (oppure «riformatrice») dentro la quale far vivere la «prevalenza» (l’indulgere sulle parole nuove resta un viziaccio delle sinistre, ndr) di alcune direttive programmatiche: quella della pace, appunto, come quella del potere di acquisto delle famiglie da ricostruire con un’offensiva nei confronti della rendita; prospettiva che fa venire l’orticaria al marghieritato Roberto Pinza, ma anche a parte della Quercia. La cui minoranza, così come parte consistente e differente della Marghertia (da Fioroni a Franceschini), adesso aspetta al varco le vestali del partito riformista minoritario ideato da Fassino e D’Alema.