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CPT: Magistratura Democratica e MD sulla detenzione amministrativa dei migranti
Publie le venerdì 30 gennaio 2004 par Open-PublishingÈ dalla detenzione amministrativa che occorre ripartire per un’analisi
complessiva delle politiche in tema di immigrazione adottate nel nostro
Paese (e non solo in esso), politiche che, alla resa dei conti e pur nelle
diversità delle normative succedutesi negli anni, hanno prodotto
clandestinità: non hanno saputo governare i flussi di ingresso, come è
dimostrato dal fatto che la grande maggioranza dei cittadini stranieri oggi
regolarmente soggiornanti in Italia ha acquisito questa condizione di
legalità solo grazie alle varie sanatorie; non hanno saputo riassorbire
quote di irregolarità, prevedendo meccanismi di regolarizzazione permanente
degli ingressi o dei soggiorni irregolari fondati, ad esempio, sul decorso
del tempo e sulla valorizzazione di comportamenti virtuosi; infine, non
hanno saputo gestire l’irregolarità con strumenti flessibili, ma hanno
attribuito un ruolo di assoluta centralità all’espulsione, ossia alla misura
di gran lunga più costosa, sia per quanto riguarda le ricadute sui diritti
fondamentali dello straniero, sia con riferimento all’impegno degli apparati
pubblici.
E nella ricerca della impossibile effettività dei provvedimenti di
allontanamento, gli strumenti esecutivi si sono moltiplicati con ricadute
sempre più pesanti sulla libertà personale dei migranti: così, la legge
Napolitano - Turco ha introdotto i centri di permanenza per gli stranieri
destinatari di provvedimenti di espulsione, mentre la legge Bossi - Fini
ha
raddoppiato la durata della detenzione amministrativa, stabilendo forme
di
trattenimento anche per i richiedenti asilo.
Proiettata sull’analisi delle politiche migratorie, di segno sostanzialmente
proibizionisticico, la detenzione amministrativa rivela il suo volto più
autentico: una forma di segregazione legata ad una condizione individuale,
la condizione di migrante. E rivela il suo rappresentare un modello di
politica del diritto, un modello destinato ad essere applicato anche agli
autoctoni: il diritto speciale dei migranti segnala allora le tensioni
profonde che attraversano quel legame tra sacralità dei diritti della
persona e democrazia che rappresenta l’eredità più alta del
costituzionalismo del secondo dopoguerra.
Guardiamo alla detenzione amministrativa come ad una minaccia per i diritti
fondamentali di tutte le persone, perché, parafrasando lo slogan delle
manifestazioni per i diritti dei migranti, siamo tutti a rischio
clandestinizzazione. Guardiamo all’immigrazione come alla vera questione
delle democrazie contemporanee.
Roma, 30 gennaio 2004
Livio Pepino (presidente di Magistratura democratica)
Angelo Caputo (responsabile settore immigrazione di Md