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Cheney, l’affondo più duro contro Kerry

Publie le giovedì 2 settembre 2004 par Open-Publishing

Il candidato democratico accusato dal vice di Bush di "confusione ideologica"

di Elysa Fazzino

WASHINGTON - Un repubblicano “doc” e un democratico pro-Bush. Il vicepresidente Dick Cheney, controverso personaggio della destra conservatrice e delle lobby del petrolio, ha accettato la nomination del suo partito come vicepresidente nella corsa alla Casa Bianca denunciando «la confusione ideologica» del candidato democratico, John Kerry. I repubblicani non hanno però esitato a sfruttare i ripensamenti di un altro democratico, il senatore della Georgia Zell Miller, soprannominato “Zig-Zag Zell”, che quest’anno voterà per George W. Bush «perché in questo momento non possiamo permetterci un’America indecisa».

Nella terza serata, la convention repubblicana di New York ha dato l’investitura unanime a Bush e Cheney. Il presidente Bush chiuderà giovedì notte la quattro giorni al Madison Square Garden con un discorso di accettazione della nomina a gareggiare nelle presidenziali del 2 novembre.

«Posta altissima», Cheney attacca Kerry

A suo agio nel ruolo d’attaccante, il numero due del ticket repubblicano ha sferrato contro Kerry l’affondo più veemente della convention.

L’America «è al guado» e ha bisogno della «dimostrata leadership e risolutezza» di Bush e non della «confusione ideologica» di cui Kerry ha dato prova - sia in politica estera che interna - durante i vent’anni trascorsi al Senato».

Nelle elezioni del 2 novembre, ha detto Cheney, l’America è di fronte «a una scelta storica», si trova in condizioni analoghe a quelle in cui era dopo la Seconda Guerra Mondiale, all’inizio della Guerra Fredda. «Arrivano momenti nella storia in cui i leader devono prendere decisioni fondamentali su come affrontare una sfida a lungo termine all’estero e su come mantenere la sicurezza del Paese. L’America ha raggiunto un altro di questi momenti».

Sulla guerra al terrorismo, il disaccordo con Kerry è totale. Sul ruolo dell’America nel mondo «le differenze tra il senatore John Kerry e il presidente Bush sono le più vaste e la posta in gioco per il Paese non potrebbe essere più alta». Il vicepresidente ha ridicolizzato Kerry, descrivendolo come un uomo «abituato all’indecisione» che ha votato prima a favore e poi contro una lunga serie di provvedimenti e «ha sempre preso la decisione sbagliata in materia di sicurezza nazionale». «Un senatore può sbagliare per 20 anni senza conseguenze per la nazione, ma un presidente pronuncia sempre il voti decisivo». E «in questo momento di sfida l’America ha bisogno e ha un presidente di cui ci si può fidare e che decide per il giusto».

«Il più vivace disaccordo Kerry lo ha con se stesso», ha ironizzato Cheney. Mentre parlava, il pubblico faceva oscillare le braccia a destra e sinistra e sventolava le ciabattine di gomma infradito chiamate “flip-flop”, espressione usata per chi cambia sempre posizione.

Il tema della giornata è l’America “terra delle opportunità”. Il vicepresidente ha parlato di quanto ha fatto Bush per le scuole pubbliche, un’economia in crescita e un migliore sistema sanitario. Tutte cose sono possibili solo se la nazione è sicura.

Dopo una sfilata di repubblicani moderati, con Cheney parla l’anima di destra del partito. Presentato dalla moglie Lynne (40 anni di matrimonio), Cheney è figura discussa e impopolare: non piace al 37% degli americani, ma ha un buon seguito tra gli elettori repubblicani, tra i quali il suo tasso di impopolarità è appena del 7%. Cheney è visto come una zavorra da alcuni del suo partito e negli ultimi mesi sono circolate con insistenza voci sulla possibilità delle sue dimissioni per motivi di salute. Ma Cheney ha l’ammirazione dei conservatori ed è capace - secondo gli strateghi della campagna repubblicana - di incoraggiarne l’affluenza alle urne.

Ma Cheney il duro ha un tallone d’Achille anche tra i conservatori: la figlia lesbica. Un repubblicano nero, Alan Keynes, candidato al seggio di senatore dell’Illinois, l’ha attaccata in un’invettiva alla radio: «È un’edonista e un’egoista. L’essenza della vita di famiglia è nella procreazione». La figlia Mary Cheney era fin qui rimasta dietro le quinte per evitare polemiche, ma ieri sera era seduta sul palco d’onore della famiglia insieme alla sua partner Heather Poe.

Miller, “elefante nella pelle d’asino”

Dodici anni fa, nel 1992, aveva elettrizzato la convention dei democratici pronunciando un appassionato discorso per Bill Clinton. Ora torna alla ribalta come “keynote speaker” per Bush. Si considera ancora un democratico - «Sono nato democratico e morirò democratico» - e in numerose interviste sostiene che è stato il partito ad allontanarsi da lui. «Credevo fermamente in Clinton e nel suo tentativo di portare il partito al centro dell’arco politico. Adesso con John Kerry e John Edwards il partito è finito così a sinistra della sua base da esser finito fuori pista». Musica per le orecchie dei repubblicani, che sperano grazie a Miller di conquistare voti di democratici moderati.

Davanti alla platea della convention Miller ha spiegato perché questa volta voterà per Bush. «Mi chiedo quale leader ha la visione, la volontà e si, la spina dorsale per proteggere la mia famiglia. La risposta che mi sono dato mi mette con voi in questa sala. Perché la mia famiglia è piu’ importante del mio partito», ha detto il senatore. «In questo momento di pericolo il nostro presidente ha avuto il coraggio di mostrarsi fermo. E questo democratico è orgoglioso di mostrarsi fermo al suo fianco».

Miller ha definito Kerry un debole. La sua indecisione - ha detto - incoraggia i terroristi e indebolisce la difesa del Paese. «Farebbe una guerra solo se approvata dalle Nazioni Unite» (fischi in sala per l’Onu). «Se sarà eletto lascerà che sia Parigi a decidere quando l’America deve difendersi». Ha accusato Kerry di «voler ricombattere le guerre di ieri: George Bush vuole combattere la guerra del presente ed essere pronto alle sfide del futuro». E ha puntato il dito sui leader democratici perché vedono «l’America in Iraq come un occupante e non come un liberatore».

Miller, 72 anni, è stato uno dei governatori più popolari della Georgia, con tassi di popolarità dell’85%. La sua trasformazione è per i democratici un mistero psichiatrico. Ognuno ha una teoria: c’è chi dice che l’ex governatore non ama essere un senatore tra tanti, che ha un’avversione populista per Washington, che invecchiando desidera essere al centro dell’attenzione. È diventato conservatore su temi sociali come aborto e gay e sostiene i tagli fiscali di Bush. Lo chiamano «un elefante nella pelle di un’asino»: l’elefante è il simbolo dei repubblicani, l’asino quello dei democratici.

Proteste e arresti

Durante l’intervento di Cheney, una donna è stata arrestata dentro il Madison Square Garden mentre gridava slogan contro il vicepresidente. E’ stata inseguita sugli spalti e fermata dal servizio d’ordine.

Ieri, migliaia di dimostranti hanno formato una simbolica “coda all’ufficio di collocamento” lunga cinque chilometri da Wall Street alla sede della convention esibendo fogli rosa - “pink slip” è negli Usa la lettera di licenziamento - con la scritta: “Il prossimo ‘pink slip’ potrebbe essere il tuo”. La protesta è stata pacifica. Martedì la polizia aveva fatto un migliaio di arresti. Lunedì sera c’erano stati scontri con il ferimento grave di un detective della polizia. Complessivamente gli arresti eseguiti in occasione della convention repubblicana di New York sono più di 1700, un numero superiore a quelli della convention democratica di Chicago del 1968, segnata da violenze per la guerra in Vietnam.

Bush è arrivato ieri sera a New York, dopo un comizio nell’Ohio - uno degli Stati in bilico - dove ha promesso di fare dell’America «un posto più sicuro, più forte, migliore». Ultime prove generali dello show di stasera.

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