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Colpito il mausoleo A Najaf i caccia Usa preparano l’assalto

Publie le martedì 24 agosto 2004 par Open-Publishing

Nella città santa sciita s’interrompono le trattative e tornano a parlare le armi. Gli Ac-130 e gli elicotteri Apache martellano per ore il centro storico e colpiscono il santuario. Decine i morti. I carrarmati in pieno centro e i tiratori scelti sui tetti delle case annunciano un attacco imminente dei marine ai combattenti diSadr

di MICHELANGELO COCCO

Un razzo che ha centrato il muro di cinta del mausoleo dell’imam Ali ha dato il via ieri a una giornata di combattimenti furiosi a Najaf, con i carrarmati americani che si sono spinti fino a duecento metri dal luogo più sacro per gli sciiti iracheni. Dopo 48 ore dominate da trattative e colpi di scena tra gli sciiti dell’imam al Sadr e quelli dell’ayatollah al Sistani, sono tornati a parlare solo i fucili della guerriglia e le bombe statunitensi. Gli uomini fedeli a Moqtada al Sadr accusano gli americani di aver colpito l’esterno del santuario nel corso di uno dei raid condotti dall’aviazione. «Un elicottero Apache ha sparato due missili. Uno ha colpito il muro occidentale del santuario, l’altro un hotel vicino», ha tuonato Ali Hussein Ali, uno dei portavoce di al Sadr. Il comando militare statunitense sostiene di aver mirato a dei miliziani e che la moschea non è stata colpita. Ma i circuiti televisivi internazionali hanno mandato in onda le immagini dei danni al mausoleo e la France presse ha riferito di un buco largo circa due metri nella parte occidentale della cinta muraria. I fedeli di Sadr da parte loro sono scesi in strada protestando contro quella che considerano una grave profanazione.

L’episodio, che non può che acuire il rinsentimento degli sciiti (una parte dei quali, subito dopo l’invasione Usa del marzo 2003 non era ostile agli americani) contro quelli che ormai considerano occupanti, è stato solo un frammento di una giornata di guerra, una delle più intense da quando, il 5 agosto scorso, è scoppiata la seconda «insurrezione» sciita. Preceduti da una serie di bombardamenti dell’aviazione che hanno martellato la necropoli sciita e il centro storico della città, i blindati statunitensi si sono spinti fino a 200 metri dal santuario, mentre i tiratori scelti prendevano posizione sui tetti di alcuni edifici vicini, circondando il luogo di culto e facendo pensare al tentativo di un assalto finale. Lunghe colonne di fumo nero si sono levate dall’abitato, mentre fino a sera la città è stata bombardata dagli aeroplani Ac-130. Il ministero della sanità iracheno ha fatto sapere che solo tra sabato e domenica a Najaf sono morte 114 persone, sia combattenti che civili.

Ed è sempre giallo sulla sorte di al Sadr, che da giorni non appare in pubblico. Ieri i poliziotti iracheni giravano per le strade di Najaf gridando nei megafoni che è fuggito a Sulaymaniyah, in Kurdistan. I suoi combattenti però negano: «è ancora a Najaf e presiede le operazioni», ha dichiarato alla televisione al Jazeera Aws al-Khafaji, capo dell’ufficio di al Sadr a Nasiriyah.

Ancora in una stallo le trattative tra gli uomini di al Sadr e i fedeli del moderato al Sistani per la consegna a questi ultimi del santuario assediato dai marine. «Non ci sono sviluppi, continuano i contatti tra noi e loro», ha spiegato Ahmed Shaibani, un portavoce di al Sadr. I combattenti del giovane imam radicale vogliono che le autorità religiose mandino una delegazione nella moschea per verificare che il tesoro in essa contenuto sia perfettamente intatto. Quelli di Sistani sostengono che i combattimenti impediscano l’invio del gruppo e pretendono che gli uomini di Sadr abbandonino subito il luogo di culto. Intanto nel resto del paese si continua a combattere. L’esercito americano ha reso nota la morte di tre marine caduti nel fine settimana: siamo a 949 dall’inizio dell’invasione che, nelle intenzioni dell’amministrazione Bush, servirà per «esportare la democrazia» in Iraq. Aspettando la libertà importata si continua a morire: a Tikrit, un centinaio di chilometri a nord di Baghdad, nel corso di un attaco sono stati uccisi un cittadino turco e due iracheni. Altri quattro iracheni uccisi in un’esplosione dalle cause ancora da accertare a Sadr city, il megasobborgo di Baghdad a maggioranza sciita. Secondo un’inchiesta pubblicata ieri dal quotidiano USA Today, la situazione nel paese non è mutata dal «trasferimento di poteri» del 28 giugno. Gli attacchi sono sempre una cinquantina al giorno e - dice Randolph Gangle di un centro studi militare citato dal giornale, ci vorranno dieci anni prima di sconfiggere la guerriglia.

Micah Garen, il giornalista rilasciato domenica dopo essere rimasto prigioniero per nove giorni ha dichiarato: «Questa esperienza non mi ha ancora convinto a lasciare il paese». Il reporter 36enne del New Yorker era stato rapito il 13 agosto a Nasiriyah assieme al suo interprete. I due sono stati liberati in seguito all’intervento di al Sadr. Ancora nessuna notizia invece di Enzo Baldoni, il giornalista italiano scomparso pochi giorni fa in Iraq. Non un video di rivendicazione né un indizio su quello che molti credono possa essere stato un rapimento da parte di un gruppo di «cani sciolti».

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