Home > Come imbrigliare il gigante americano
di Giulietto Chiesa
La definizione di un programma della sinistra
italiana non può prescindere dalla comprensione
del quadro mondiale. Che ci parla di un vero e proprio
disastro internazionale. Dalla guerra globale
alla dilapidazione delle risorse naturali che spingono
gli Usa a pratiche imperiali. Al fondo c’è un modello
di sviluppo che non regge più. La stessa Cina riflette
sulla necessità di frenare la crescita. L’Europa
dovrebbe proporre politiche coerenti con l’obiettivo
di salvare il pianeta dal saccheggio americano.
C’è chi parla di schieramenti, chi di programma (per la sinistra, s’intende).
Ma, se la confusione è al massimo sui primi, sul secondo è quasi silenzio.
Perché è più difficile. Perché porre l’accento sul programma significa definire
il blocco sociale di cui si vuole assumere la rappresentanza. Si è detto che
occorrono quattro o cinque punti, idee molto concrete da indicare al paese. Ma
per farlo non si può restare intrappolati nella dimensione (misera) e nella
logica (illogica) della crisi italiana. In primo luogo noi ci troviamo infatti
di fronte a un disastro internazionale incombente e per molti aspetti già in
atto, senza tenere conto del quale le stesse proposte «italiane» rischiano di
essere irrilevanti o non applicabili. In secondo luogo bisogna capire che
l’attuale geografia delle forze politiche (e sociali) italiane non solo è
altamente instabile e incerta, ma è anche un prodotto innaturale, figlio di
illusioni di destra e di sinistra, delle quali sarà opportuno cominciare a
liberarsi. Infatti la costruzione di un progetto per un determinato insieme di
gruppi sociali che si vuole portare alla vittoria in Italia deve tenere conto
del fatto che, in un giro di tempo abbastanza ridotto, tutti i gruppi sociali
dovranno fronteggiare problemi inediti, ai quali non sono preparati, nemmeno
psicologicamente. A causa delle illusioni di cui sono stati nutriti a forza
negli ultimi due decenni. Ciò significa che la posizione di molti gruppi sociali
è altamente mutevole e non può essere definita né in termini tradizionali, né in
termini statici. Più precisamente: molti aspetti della futura e dinamica
composizione sociale dell’Italia del prossimo decennio dipenderanno dalle
leadership questo paese, dalle loro capacità di prevedere, e di sostituire
«qualche cosa d’altro» alle illusioni passate. Esse potranno essere sostituite
da altre illusioni (e il disastro continuerà e si aggraverà, in primo luogo per
gli strati più deboli, mentre la democrazia sarà sottoposta a tensioni
acutissime), oppure da programmi di gestione della cosa pubblica, del «bene
comune» che siano in grado di tutelare il tenore di vita di larghe masse
popolari e di conservare e sviluppare la democrazia. In sostanza: chi sarà in
grado di prevedere, sarà anche in grado di proporre. Chi sarà in grado di
prevedere sarà anche in grado di esercitare una egemonia su larghi strati
popolari e intellettuali, oggi indistinti e confusi, senza guida, che aspettano
indicazioni. Chi non sarà in grado di prevedere sarà travolto nel generale
disordine e sarà costretto a fronteggiare la tempesta senza bussola. Nella
logica di destra questa è l’anticamera di un regime autoritario. In quella di
sinistra è la resa.
Per prevedere occorre guardare al quadro mondiale. Altro modo non c’è. Il prezzo
del petrolio è salito del 40% in un anno. E’ solo una faccenda congiunturale?
No, perché se è vero che ci sono spinte speculative che producono irrazionali
aumenti dei prezzi, è altrettanto vero che queste spinte sono l’effetto di
mutamenti strutturali. C’è una immensa liquidità (creata da due decenni di
globalizzazione americana) che gioca sui tutti i tavoli di tutte le roulette del
mondo. O la va o la spacca. Questa è la logica suicida dei nuovi ricchi. Altro
mutamento strutturale: ci stiamo accorgendo che Enron, WorldCom, Parmalat, ecc.
non sono episodi anomali in una situazione normale. Le più gigantesche truffe
finanziarie sono la norma. Non le conosciamo solo perché il sistema informativo
mondiale ce le nasconde sistematicamente e solo la punta dell’iceberg riesce a
emergere a fatica. Scopriamo ora, nel 2004, che uno dei protagonisti mondiali
del mercato petrolifero, la Shell, ha ingannato mercati, clienti, azionisti,
mentendo sull’entità dei propri giacimenti. Domanda: siamo sicuri che i
dirigenti della Shell fossero gli unici a truccare le carte? E’ molto più
probabile il contrario. Dunque è altamente probabile che i dati circa le riserve
energetiche disponibili di idrocarburi siano falsi. Chi ha le informazioni
(sicuramente l’Amministrazione di Washington) sta facendo incetta a ritmi
forsennati. Può essere una delle cause del balzo in alto del prezzo del
petrolio, ma non cambia il problema: a Washington stanno giocando anche loro
alla roulette e cercano di guadagnarsi qualche mese in più di respiro. Un po’
poco per governare il pianeta. La verità cruda è che il petrolio è una risorsa
assai più scarsa di quanto vogliono farci credere e il suo esaurimento seguirà
dunque una curva molto più brusca e ravvicinata di quanto quasi tutti pensano.
Il che, a sua volta, significa che le possibilità di una risposta non traumatica
al problema si ridurranno ulteriormente. Catastrofismo? Ciascuno lo chiami come
gli pare. I dati parlano da soli. Si aggiunga che il resto del mondo (non
l’Europa) è in pieno boom. Cina e India crescono a tassi vertiginosi,
trascinandosi dietro tutto il sud-est asiatico e perfino il Giappone. I cinesi
si stanno rendendo conto che la caldaia è ormai a livelli di pressione
insostenibili e si sono riproposti di ridurre il tasso di crescita del loro Pil
dal 9,3% del 2004 al 7% del 2005. Non ci riusciranno, ma pare vogliano provarci.
Unici sul pianeta si pongono il problema di rallentare. Hanno capito cosa sta
per succedere? Probabilmente. Il fatto grave è che l’Occidente non l’ha capito.
Neanche la sinistra italiana (centro-sinistra) l’ha capito. Questo trend è
altamente energivoro. Significa che l’Asia sta succhiando enormi quantità di
petrolio e di gas. Le carenze energetiche sono laggiù la norma. Non si è ancora
percepito una conseguenza elementare: esse si ripercuoteranno qui da noi, a
ritmo sempre più intenso.
Infine il dollaro. Il debito estero degli Usa, quello pubblico e quello privato,
è arrivato al 30% del Pil degli Stati Uniti. E’ un record di tutti i tempi. I
contribuenti americani vorrebbero l’impero, purchè a pagarlo siamo noi, l’Europa
e il resto del mondo. E poiché il loro tenore di vita è, per definizione, «non
negoziabile», se ne deduce che svalutano e svaluteranno il dollaro, cancellando
così una parte dei loro debiti, che intanto continueranno a crescere. Questo è
un vulcano che sta per esplodere. Gli Stati Uniti, come è stato scritto, sono
divenuti i perturbatori della quiete mondiale e devono essere ricondotti a più
miti consigli. Quindici anni fa il pianeta era fondato su tre blocchi economici
principali: Stati Uniti, Europa, e Giappone. Dei tre la potenza militare era una
sola e sappiamo quale. Adesso il pianeta è fondato su tre blocchi economici
principali: Stati Uniti, Europa, Cina. Ma gli Stati Uniti sono in crisi
evidente, l’Europa è più forte di prima (anche se cresce meno), la Cina è ormai
un protagonista, ed è armata. Ed è l’unico paese che prende decisioni senza
consultare nessuno, nemmeno gli Stati Uniti. Occorre che l’Europa colga
l’occasione offertale dalla Cina e apra una forte discussione sui limiti dello
sviluppo (di questo sviluppo insensato). E proponga politiche strategiche
coerenti con i propri interessi e con quelli della salvezza del pianeta dalle
catastrofi che incombono e sulle quali solo gli stupidi e i suicidi possono
ironizzare.
Non si possono mettere in piedi i quattro o cinque punti di un programma per il
governo di sinistra dell’Italia senza tenere conto di questi dati. E’ senza
senso progettare un blocco sociale che lo sostenga senza dirgli la verità sullo
stato delle cose.