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Compagna Speranza

par Antonio Recanatini

Publie le venerdì 13 settembre 2013 par Antonio Recanatini - Open-Publishing

Compagna Speranza

Compagni e ostinati cultori dell’anticapitalismo, che digerite a malapena i giorni, che vivete in connubio tra i ruoli imposti dalla vita e i sogni riversi nell’apatia stinta e cupa di un tempo infame, che, affannosamente, vi apprestate a correre verso il giorno, tralasciando obiettivi e fronte comune, proprio a voi, io mi rivolgo e, sia chiaro, non prima di aver puntato l’indice verso me.

Vi parlerei proprio la speranza, quella che calcolate come sentimento monopolizzato dai cattolici.
Posso garantire l’esatto contrario, perché, i poeti di un tempo andato, la definirono come sorella del sonno, rappresentata dalla figura di una donna sensuale e dolce, già, perché la speranza, come la rivoluzione, è donna.
Sono stanco del perbenismo, così come sono stanco di sentire comunisti battersi da soli in casa, ognuno con il proprio eroe da rimostrare, una disfida tra tifoserie opposte, una pesante concezione dell’autodistruzione; in questo, sicuramente, possiamo dar lezioni, di come si brucia il confronto e si accelera la disgregazione o l’infausto torpore della competizione tra falsi intelletti.
Permettetemi di dirlo: rappresentiamo il prototipo moderno della divisione, l’opposto esatto del socialismo, il miglior supporto del capitalismo che vorremmo combattere e se vi serve una metafora: un calciatore che dribbla i suoi compagni e si fa l’autogol.

La speranza adorna i sogni, adorna l’azione, l’uomo senza speranze è un uomo passivo e se siete questo, almeno non lamentatevi di vivere al buio e se le luci si spegneranno per imbrunire anche la bandiera, ch’era rossa!
Se la strada che avete intrapreso è quella del dissidio, allora noi non esistiamo, siamo stati già sepolti; già, sotterrati prima di sperare e inventare; si, già prima!
Le lotte poggiano sempre su principi e se la nostra lotta ha perso smalto, togliamoci di torno e lasciamo che i giovani ricostruiscano il partito, lasciamo ad essi il compito di difendere il carattere anti-capitalista, anti-imperialista o che sia dittatura del proletariato.
La speranza è sinonimo di sogno e mi spiace dirlo, ma molti di noi hanno smesso di sognare, non da oggi, neanche da ieri, ma da decenni e, nonostante tutto, qualcuno osa mostrarsi come garante o maestro, proprio perché contrario e per partito preso.
Chi vive di riflesso, non ostacoli il passaggio dei nascenti, dei sognatori ventenni, il comunismo ha bisogno di rinverdire, non le idee, ma le facce.
Lasciate libero il passaggio, perché inoculare pessimismo e dispregio non ha nulla di onorevole e, per quanto mi riguarda, queste sterili discussioni che si diffondono valgono quanto una cartina del tempo.
Già, dimenticavo! siamo un po’ diversi anche per principio, infatti c’è più maretta all’interno, che contro il veleno somministrato per placare ogni striminzito valore conquistato e non diritto, per cui non vale nemmeno più il vanto. Essere comunisti significa gridare per chi non ha più voce, significa battersi per un governo indipendente dagli states, battersi per il ripristino di uno stato sociale dignitoso, equità sociale, nazionalizzazione delle banche, esproprio delle fabbriche agli imprenditori faccendieri, scuola solo pubblica. A qualcuno verrà da ridere, ma se siamo arrivati a credere che il pensiero base permane utopia, allora non siamo più comunisti, forse non lo eravamo neanche prima.
La realtà è offuscata un po’ per tutti, però giustificando la speranza persa, giustificheremo la nostra morte e parrà necessario naufragare con l’incoscienza dell’egoismo, non ci sono comunisti migliori, esistono solo comunisti e se qualcuno crede che l’ideale sia un fardello pesante, si tolga gli abiti da Compagno.
Pochi principi basilari e più azione questa è l’unica ricetta per sperare.