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Concluso a Quito il primo forum continentale, le Americhe in movimento sfidano Bush

Publie le martedì 3 agosto 2004 par Open-Publishing

di Alessandro Fioroni

«Siamo i popoli originari di Abya Yala. I nostri antenati e i nostri nonni ci hanno insegnato ad amare e a venerare la nostra feconda Pacha Mama, a convivere in armonia e libertà con gli esseri naturali e spirituali che in lei vivono». Probabilmente non esiste dichiarazione migliore per sintetizzare lo spirito che ha animato il I° Forum Sociale delle Americhe iniziato il 25 luglio a Quito, in Ecuador, e terminato il 30.

L’organizzazione del Forum (la Confederazione dei popoli indigeni dell’Ecuador Ecuador Conaie, l’equadoregna Acción ecologica, il Consiglio latinoamericano delle chiese, le reti di studenti e di donne) ha stimato una partecipazione di 10mila persone in rappresentanza di 44 paesi, 814 le organizzazioni della società civile intervenute nel corso dei 429 eventi programmati e nei 5 tavoli tematici. I punti focali che hanno maggiormente alimentato il dibattito sono stati significativamente quelli che riguardavano la Campagna continentale contro l’Alca ed il Trattato di Libero Commercio (Tlc). Quest’ultimo è entrato in vigore il 18 maggio e i paesi coinvolti sono Perù, Ecuador, Perù, Colombia e Bolivia, in sostanza tutta l’area andina è interessata alla creazione di quest’area di libero scambio egemonizzato dagli Stati Uniti. Per impedire la ratifica dell’accordo sono stati indetti numerosi giorni di protesta; il 13 e il 17 settembre, il 12 ottobre quando si avrà una mobilitazione di tutto il continente latinoamericano, e le giornate tra il 23 e il 26 ottobre in occasione di un’altra tornata di incontri di negoziazione che si svolgeranno a Guayaquil.

«Il trattato - ha detto il sindaco di Margaritas (Chiapas) Jorge Luis Escandon - colpisce la nostra cultura e i nostri modi di vivere. Ogni giorno sono sempre di più i prodotti statunitensi che invadono le nostre comunità. Rispetto agli Stati Uniti, stiamo diventando importatori di qualsiasi prodotto ed esportatori di una sola cosa: mano d’opera, migranti». La questione riveste un rilevante aspetto economico, come il nodo delle rimesse. In particolar modo quelle costituite dal denaro inviato dai familiari che lavorano negli Usa.

Complessivamente, in tutta l’America Latina, le rimesse ammontano a 38 miliardi di dollari e in alcuni casi sono il maggior ingresso di valuta pregiata nel Paese. In Ecuador, ad esempio, valgono quanto l’esportazione di petrolio. «Grazie alle rimesse degli emigrati, lo Stato può applicare con più libertà i suoi programmi economici, a detrimento degli investimenti nel settore sociale», ha commentato l’economista ecuadoregno Alberto Acosta, spiegando in questo modo perchè i governi di molti paesi sud e centroamericani incoraggiano l’emigrazione.

Nel corso del Forum hanno convissuto proposte di tipo socialista con un forte accento antimperialista classico e i richiami ad esperienze di partecipazione democratica propri dei paesi scandinavi, con il modello finlandese richiamato più volte. «Non si tratta di uscire dal mercato, ma di far sì che il mercato assuma i costi umani ed ambientali delle proprie operazioni», nelle parole del sociologo brasiliano Boaventura de Sousa Santos, si è avvertita l’onda lunga del l’esperienza di Lula ancora forte del sostegno popolare.

Non sono tuttavia mancate voci critiche; alcuni come Marlene Romàn dell’Asociacion Pro Derechos Humanos del Perù o il sociologo Alejandro Moreano, a sottolineare una debolezza nel protagonismo dei movimenti sociali. Le Ong sembrano aver avuto maggior peso all’interno del Forum rispetto a sindacati di base o strutture più movimentiste.

Al di là delle tematiche specifiche tutto il Forum è stato attraversato dalla voglia di costruire ed individuare spazi pubblici aperti. Per questo ha assunto una notevole rilevanza il tavolo dedicato al ruolo dell’informazione. Si è parlato di diritto alla comunicazione in un ambito tematico organizzato dalle reti e dai media indipendenti latinoamericani, che negli ultimi anni, al di là del ruolo tradizionale, sono diventati un valido strumento per organizzare la resistenza (durante le campagne di privatizzazione in Bolivia) e per promuovere le culture indigene.

Anche le problematiche ambientali hanno occupato i primi posti dell’agenda e nel corso dei lavori è stato messo in scena un processo etico-politico alla Banca mondiale e al Banco Interamericano di Sviluppo (Bid). Le due istituzioni sono state giudicate responsabili di «crimini sociali» a causa delle loro politiche agricole basate sui prodotti transgenici ed stata chiesta l’immediata restaurazione dell’ecosistema danneggiato. Un risarcimento che per i militanti del Forum dovrbbe avvenire attraverso progetti di riforma agraria e di trasformazione dell’agricoltura.

http://www.liberazione.it/giornale/040803/LB12D6A1.asp