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"Costruire ed affermare le nostre domande"

Publie le sabato 13 marzo 2004 par Open-Publishing

Nella serata di ieri, mentre proseguiva la conta dei morti e dei feriti, la affermazione categorica (non già "ipotesi" o "linea investigativa") che gli autori dei barbari attentati corrispondevano ad Eta si è andata sgretolando. Molti indizi indicavano piuttosto la rete Al Qaeda, che per parte sua si attribuiva l’attentato come vendetta per la collaborazione del governo di Aznar con l’amministrazione Bush in una lettera indirizzata ad un quotidiano britannico (Al-Quds Al-Arabi in lingua inglese stampato a Londra, ndt).

In questo caso, gli stessi che ci hanno raccontato la favola delle armi di distruzione di passa, i misteri del Prestige (il disastro della Galizia, ndt) e lo sciopero che non ci fu mai ci avrebbero di nuovo mentito terribilmente per produrre un consenso fatto di paura e tremito di gambe, additanto nel frattepo quanti rendevano pubblici i loro dubbi come "intossicatori". In questo caso, avremmo colto in fragrante i politici di sinistra con le loro cose troppo chiare troppo istantanee e nel seguire come soldatini non solo le intrepretazioni, ma persino le consegno (politiche) che il Partido Popular deduceva da esse. In questo caso, a nessuno sfuggira il contesto dell’evento, la guerra globale permanente, una guerra che prosegue fuori da uno spazio territoriale definito, il cui teatro è tutto il mondo, una guerra nella quale il nemico ha sempre un profilo disaggregato.

Nessuno mancherà nemmeno di cogliere immediatamente il ruolo che da subito ha (avuto) la Spagna in questo paesaggio e le (sue) ragioni.
Ieri c’è stata molta gente che non ha sopportato di restare in casa guardando passiva la televisione ed è invece uscita in strada per incontrarsi con altri, parlare dei suoi dubbi e delle sue paure, immaginare che cosa si sarebbe potuto fare a partire da ora perché non fossero immediatamente neutralizzate tutte le voci critiche e le pratiche alternative. Così come molta gente l’11 Settembre disse immediatamente con voce forte e chiara che la tragedia non poteva essere in nessun modo una "cambiale in bianco" per il governo degli Stati Uniti e che non volevano in alcuna maniera che solo Bush (ne) traesse legittimità per interpretare in esclusiva le sue paure. Che la democrazia non si difende annichilendola, revocando libertà con leggi eccezionali e misure d’emergenza, intensificando il controllo su tutte le sfere della vita, iniettando panico nella psiche globale, promuovendo direttamente o indirettamente progrom contro il "nemico": gli "altri" (arabi, migranti senza permesso).

Che accadrà oggi nella manifestazione convocata per condannare l’attentato (e a favore della Costituzione!)? Moltissima gente che uscirà in strada sarà in tutta certezza la stessa che ha protestato contro la guerra in Iraq, porteranno con loro lo stesso spirito. Potranno i politici formattare tutto questo, convertire la società civile in un riflesso muto dello Stato, la molteplicità sociale in un popolo ("spagnolo", per di più, malgrado siano morti decine di migranti, con o senza permesso) dall’unica voce, e renderlo redditizio? Che cosa si potrà ascoltare? Si potranno porre altre domande? Vedremo. In ogni caso, il giorno 20 c’è una manifestazione convocata dal Foro Sociale di Parigi contro la guerra globale. Una manifestazione, stavolta, convocata ed organizzata dai movimenti sociali, che hanno adesso l’enorme responsabilità di convertirla in una manifestazione aperta, plurale e moltitudinaria contro la logica di guerra globale che si è brutalmente materializzata ieri a Madrid.
Madrid si è svegliata oggi ferita, il cielo ha cambiato coloro e una pioggia lenta riempie gli animi di tristezza e silenzio. Saremo capaci di guardare avanti e meditare su quanto è accaduto, di recuperare dal basso la parola, l’espressione, l’iniziativa, la speranza?