Home > DOPO L’11 MARZO E LA VITTORIA ELETTORALE DEL PSOE

DOPO L’11 MARZO E LA VITTORIA ELETTORALE DEL PSOE

Publie le giovedì 18 marzo 2004 par Open-Publishing

SONO NECESSARIE UN’ALTRA POLITICA E UN’ALTRA SINISTRA

Jaime Pastor (membro di Espacio Alternativo e della Presidenza federale di Izquierda Unida)

Le giornate intercorse tra il massacro che ha colpito la popolazione di Madrid l’11 marzo e le
ele-zioni del 14 marzo sono state particolarmente emotive e tese, ma hanno messo in evidenza che c’è
una popolazione critica e in grado di contrastare la propaganda governativa della disinformazione
e della paura. Alla fine, alla sciagura delle uccisioni perpetrate è seguita la sconfitta del
Partido Popu-lar (Pp), riconosciuta al livello internazionale come vittoria del No alla guerra e alle
menzogne di Aznar e della volontà di cambiamento politico che si è venuta esprimendo da oltre un
anno in varie mobilitazioni.

Certo, la possibilità che si produca una svolta della politica
perseguita almeno nell’ul-timo quadriennio presenta il grosso inconveniente che il nuovo ciclo si
svolgerà sotto l’egemonia di un Partido Socialista Ovvero Español (Psoe) tendente politicamente al centro
e con una Izquierda Unida (Iu) indebolita elettoralmente e socialmente. Occorrerà darsi molto da
fare si facciano strada un’altra politica e un’altra sinistra.
La commozione provata per il massacro di oltre duecento persone, in maggioranza lavoratori e
gio-vani, tra cui molti immigrati “irregolari”, ha suscitato un nuovo scenario, nel quale
all’indignazione e alla solidarietà di fronte a quanto accaduto si sono accompagnati i dubbi
sull’organizzazione re-sponsabile del tremendo attentato, dubbi che sono andati crescendo vista la consapevole
manipola-zione dell’informazione da parte del governo, volta ad attribuire la responsabilità all’Eta,
dal mo-mento che era questa l’ipotesi più vantaggiosa per i suoi interessi elettorali.

Non contento
di questo, Aznar ha chiamato i cittadini a manifestare “in difesa della Costituzione e per
sconfiggere il terrori-smo”, cercando in tal modo di appropriarsi della solidarietà con le vittime in
funzione dei suoi pro-pri obiettivi. In molte manifestazioni del venerdi 12 marzo, però, gli slogan
“Chi è stato?" e “No al-la guerra” sono stati gridati da molti/e cittadini/e, ripresi anche il
sabato 13 marzo, di fronte allo stupore degli apparati di partito (quello di Iu incluso) per le
proteste autorganizzate in piazza di fronte alla sede del Pp, via via che si consolidava l’ipotesi che
responsabile di quell’orrendo massa-cro fosse stata al-Qaeda; lo slogan “I morti sono nostri, le
guerre sono vostre” è forse stato quello che ha espresso meglio l’indignazione popolare.

Così, l’“antiterrorismo” del Pp ha finito per ritorcesi contro questo partito perché ha riacceso
nella gente il ricordo del rifiuto della guerra in Irak e delle menzogne sulle armi di distruzione
di massa di Aznar e dei suoi amici Bush e Blair. Il risultato è stato un notevole aumento della
partecipazione e-lettorale, soprattutto fra i giovani, e il voto concentrato su Zapatero, che aveva
preannunciato che avrebbe costituito il governo solo se avesse ottenuto più voti di Rajoy, il
candidato del Pp. La forza politica penalizzata dalla pressione del “voto utile” è stata Izquierda
Unida (che passa da 9 deputati a 5 – 4,96% – , compresi 2 del suo alleato catalano), particolarmente
colpita anche da un sistema e-lettorale che, pur essendo la terza delle forze politiche più
votate, le attribuisce una rappresentanza inferiore a quella delle forze nazionaliste catalane di destra
(Convergéncia i Unió) e di sinistra (E-squerra Repubblicana, che passa da 1 a 8 deputati) e al
Partido Nacionalista Vasco (Partito naziona-lista basco).

L’ascesa di Erc è senz’altro significativa
e parrebbe indicare piuttosto un voto come re-azione di solidarietà di fronte alla
criminalizzazione del dialogo e del nazionalismo catalano anziché un’adesione in positivo a un progetto ancora
indefinito. Significativo è anche il seggio ottenuto dalla candidatura “Nafarroa Bai”, mentre
Aralar-Zutik, pur non avendo raggiunto una rappresentanza parlamentare, ha ottenuto alcuni risultati
dignitosi che dovrebbero far riflettere Batasuna (che ha ot-tenuto un numero di schede nulle
inferiore a quello delle ultime comunali) su quale futuro potrà a-vere se l’Eta non si decide a dichiarare
una tregua illimitata in tutto lo Stato.
Su apre dunque una nuova fase, in cui il Psoe esce vincente ma senza avere la maggioranza assoluta
(gli mancano 12 deputati per raggiungerla) e si vede quindi costretto a contare sull’appoggio di
altre forze parlamentari di sinistra e nazionaliste per portare avanti una politica nuova.

E’
infatti evidente che la maggioranza dei cittadini che lo hanno votato ha preteso e pretenderà una
svolta radicale ri-spetto alle politiche seguite dal PP, perlomeno negli ultimi quattro anni: sulla
necessità di farla fini-ta con l’autoritarismo e con la manipolazione dell’informazione ad opera dei
mezzi di comunicazio-ne di massa pubblici; sull’urgenza di rompere l’alleanza con la strategia
della “guerra globale e permanente” di Bush, chiedendo l’immediato rientro delle truppe spagnole
occupanti in Irak; sulla rottura con l’offensiva neoliberista contro i servizi pubblici e i diritti
sociali fondamentali; sull’im-pegno di riconoscer la realtà plurinazionale dello Stato spagnolo e di
offrire ponti di dialogo che portino al rispetto del diritto di decidere il proprio futuro in
Euskadi e in Catalogna; infine, sul fatto di sostenere una concezione socioecologica e “paritetica”
della “sicurezza”, di fronte alla visione liberticida e xenofoba predominante non solo nello Stato
spagnolo ma anche nell’Europa unita e in “Occidente”.

Né il programma, né la prevedibile
composizione del nuovo governo del Psoe, né – soprattutto – le pressioni provenienti dai “poteri materiali”
spagnoli, europei e statunitensi lasciano ritenere che Zapatero possa essere all’altezza di queste
rivendicazioni, per cui occorrerà proseguire con la mobilitazione sociale e con lo sforzo per
ricostruire una “sinistra delle sinistre”. Quest’ultimo aspetto dovrebbe passare sia per il
riorientamento e la riforma di Iu – compito arduo ma non impos-sibile – sia, soprattutto attraverso il balzo
verso l’iniziativa politica di una nuova generazione libera dalla zavorra del passato e disposta a
“camminare domandando”, costruendo risposte aperte e sem-pre incompiute; le mobilitazioni recenti
stanno a dimostrare che esiste “capitale sociale alternativo” sufficiente per muoversi in questa
direzione.

Iu, di nuovo a un bivio

Non vi è dubbio che sugli esiti elettorali di Iu abbia pesato fondamentalmente, come si è detto,
la pressione del “voto utile”, rafforzata negli ultimi giorni dalla volontà di cacciare Aznar da
parte di molti elettori, che non avevano ancora deciso se andare a votare e quale partito votare.
Oltre a que-sto, ha potuto anche pesare la concorrenza in determinate Comunità autonome, di altre
forze di sini-stra nazionalista, pur dovendosi constatare che Ezker Batua è riuscita a reggere bene
ed ha quasi raggiunto un seggio. Ma siamo anche convinti che prima, durante e dopo la campagna,
soprattutto negli ultimi giorni, il tipo di discorso portato avanti dal gruppo dirigente di IU non
sia servito a con-trastare la tattica adottata dalla direzione del Psoe.

Come già ricordavamo, nel documento congiunto che abbiamo presentato alla VII Assemblea fede-rale
di Iu lo scorso dicembre, noi settori riuiti nella stessa lista critica (“Per la riunificazione di
una Iu democratica, plurale, federalista, anticapitalista e alternativa”, uscito su “Viento Sur”,
n. 72, di-cembre 2003), da molto tempo Iu è andata scegliendo di apparire come una forza disposta
a gover-nare insieme al Psoe non solo al livello municipale e delle Comunità autonome ma anche su
scala statale. Questa inclinazione crescente in seno alla direzione si è ripercossa sugli slogan
adottati (“Chiediamo la parola”, ad esempio, nella campagna preliminare) particolarmente cauti e
spoliticiz-zati, nella presentazione volutamente ambigua di importanti aspetti del programma, quale
quello re-lativo alla plurinazionalità e soprattutto nel comportamento dopo il massacro dell’11
marzo, di fron-te al quale Llamazares non ha manifestato alcun dubbio di fronte alla versione del
governo sulla responsabilità attribuita all’Eta ed ha accolto la convocazione da parte del governo
della manifesta-zione, per dimostrare, anche il giorno dopo (quando già si ammetteva l’ipotesi
al-Qaeda) il suo “completo appoggio al governo” ed invocando poi l’“unità dei democratici”, mentre
molti dirigenti vietavano le proteste di fronte alle sedi del Pp considerandole una “provocazione”.

Giungeva così al culmine una campagna che ha permesso di raggiungere vasti settori che hanno
partecipato alle mo-bilitazioni e che ricercano un’alternativa a sinistra del Psoe, ma che non ha
chiarito ai loro occhi se Iu fosse favorevole a un lavoro in questo senso o se invece si accontentasse
di essere una forza me-ramente complementare rispetto a questo partito. Secondo me, questo è stato
l’aspetto predominante e perlomeno questo spiegherebbe come mai una parte dei potenziali votanti
abbia preferito votare direttamente il Psoe e non una Iu scarsamente differenziatasi da esso.
A questo si aggiungono altri fattori di carattere interno, secondari ma importanti: lo scarso
rinno-vamento delle liste, specie in Andalusia, e soprattutto la progressiva trasformazione di Iu in
un par-tito con una vita politica interna sempre più asfittica, subordinata alla politica
elettorale e istituzio-nale, e all’autonomizzarsi di un gruppo dirigente che si è mosso e ha preso
decisioni in parecchie occasioni al di fuori delle sedi formali, il che non ha facilitato l’impegno
collettivo nell’attività poli-tica e nella campagna tra l’insieme dei militanti.

Urge pertanto la riunificazione di Iu per riposizionarsi nel nuovo ciclo politico ponendo al
centro dell’attività la propria ricostruzione come un’organizzazione attiva e ripoliticizzata al
servizio della mobilitazione dei cittadini e, in particolare, della trasformazione del “movimento dei
movimenti” in un soggetto protagonista della pressione per una svolta a sinistra su scala spagnola,
europea e globa-le. Questo lavoro dovrebbe avvenire attraverso la ricerca della confluenza e del
meticciato effettivo con quei settori delle sinistra nazionaliste, dei giovani e dei movimenti
sociali convinti che, come dicevamo nel documento suddetto, “senza il rafforzamento della
mobilitazione sociale e di una sini-stra alternativa intransigente nella lotta conto il neoliberismo e la
guerra globale, corriamo il rischio di ripetere, questa volta come farsa, le tappe del governo Psoe
che alla fine agevolerebbero il ritorno della destra”.

In questo percorso, la prima sfida che ci sta
di fronte è, a parte sapere affrontare la nuova fase evitando gli scogli dell’accodamento e del
settarismo rispetto al nuovo governo, riuscire ad affrontare le prossime elezioni del parlamento
europeo senza nascondere la verità sul reale con-tenuto neoliberista e militarista del progetto di
Costituzione europea.