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Diritti umani. Convegno planetario contro una barbarie legale

Publie le giovedì 7 ottobre 2004 par Open-Publishing

Dazibao


Dal 6 al 9 ottobre, a Montréal, centinaia di personalità, di rappresentanti
della società civile e di ONG, di parlamentari e di giuristi uniranno il loro
impegno per l’abolizione
universale della pena capitale.


di Cathy Ceibe

“Ho la convinzione che un giorno saro’ libero e mi battero’ contro la pena di
morte fino a che venga totalmente sradicata dalla superficie della terra. » E’ in
questi termini che Farley Matchett, condannato a morte nel 1991 per un delitto
commesso, secondo lui, in stato di legittima difesa, si esprimeva sulle nostre
colonne nel 2001, a qualche giorno dallo svolgimento del primo Congresso mondiale
contro la pena di morte, a Strasburgo. Dopo di allora, l’appello di Farley Matchett
presso la corte del Texas é stato respinto. Ma l’ombra della morte non gli impedisce
di continuare a denunciare un sistema giudiziario iniquo. « E’ questo colore
di pelle che spiega perché dovro’ andare a stendermi sul tavolo dell’esecuzione »,
accusa.

Il suo auspicio di vedere un giorno la barbarie dell’esecuzione capitale abolita universalmente incontra un’eco planetaria. E’ il senso stesso del 2° Congresso mondiale contro la pena di morte, che si apre oggi a Montréal, nel Quebec. Per gli organizzatori dell’incontro -Ensemble contre la peine de mort (ECPM), Penal Reform International (PRI) - et i numerosi partners associati all’iniziativa, l’ambizione é di fare della città « la capitale mondiale dei diritti dell’uomo ed il punto di convergenza di tutti i cittadini impegnati nell’abolizione ». Una scelta doppiamente simbolica, anzitutto perché la città del Quebec é situata non lontano dagli Stati Uniti, prima potenza mondiale, presentata spesso come un modello di democrazia ma dedita, del tutto legalmente, a questa reliquia di pena barbara. Ed anche perché, come una ventina di altre città, Montréal ha elevato al rango di cittadino onorario Mumia Abu-Jamal, condannato a morte dal 1982.

Per tre giorni più di 1 000 esperti, giuristi, professori, amministratori locali e parlamentari, rappresentanti di governi e militanti di ONG impegnate per il rispetto dei diritti umani si sono dati appuntamento per dibattere delle strategie da adottare per « incoraggiare altri paesi ad abolire la pena di morte nel loro codice penale », secondo l’auspicio degli organizzatori. Il loro leitmotiv : sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale e convincere che questa pena nega il diritto più fondamentale dell’essere umano, il diritto alla vita. Questo é il senso della creazione della Coalizione mondiale contro la pena di morte e dell’instaurazione di una giornata eponima, il 10 ottobre, decise in occasione del 1° Congresso mondiale contro la pena capitale, svoltosi a Strasburgo nel giugno 2001.

Più di 2 756 condanne a morte in 63 paesi.

A partire da quella data, si possono mettere all’attivo dei promotori dell’iniziativa delle campagne di sensibilizzazione che hanno spinto numerosi altri Stati all’abolizione. Se progressi sensibili sono stati registrati in questi ultimi anni, dei passi indietro hanno ugualmente segnato questo periodo. Solo nel 2003, almeno 1 146 persone sono state giustiziate in 28 paesi e più di 2 756 condanne sono state pronunciate in 63 paesi, precisa Amnesty International nel suo rapporto del 2004. Sempre secondo questa organizzazione, nel 1948 solo 9 nazioni avevano abolito questa pena per tutti i delitti. Nel 2004, quasi 80 paesi l’hanno fatto. Questo recente processo di abolizione spiega parzialmente la fragilità della sua perennizzazione. Questo progresso di civiltà ha subito d’altronde il contraccolpo delle politiche liberticide e sicuritarie entrate in vigore all’indomani degli attentati dell’11 settembre 2001. In effetti, la lotta contro il terrorismo é servita di pretesto ad alcuni Stati per reintrodurre e/o accelerare le esecuzioni.

La loro logica é quella della vendetta e si basa sulla legge del taglione, lasciando libero corso agli istinti ed ai sentimenti più primitivi. Eppure, dalla più piccola cellula all’insieme più grande - cioé dalla famiglia di una vittima all’intera società - la pena di morte non puo’ costituire un atto di riparazione. In occasione di un’intervista concessa ad Agnès Brulet, di ECPM, Françoise Rudetzki, fondatrice di SOS attentati, vittima lei stessa di un attentato terroristico, ricorda che « qualunque sia il delitto commesso (...), la pena di morte non costituisce una risposta giudiziaria appropriata. ». Per la delegata generale dell’associazione, « se una democrazia usa la pena di morte contro dei terroristi, essa fa suoi i metodi dei terroristi ». E precisa : « I valori di una società non possono essere paragonati ai mezzi usati dagli stessi terroristi (...). All’orrore non si deve rispondere con l’orrore. »

Dappertutto per interrompere la spirale delle esecuzioni

E’ il senso di uno dei punti essenziali del 2° congresso, che riunirà attorno a una tavola rotonda di ex condannati a morte e famiglie di vittime.

Se l’ambizione primaria del congresso é l’abolizione universale, i suoi promotori non lasciano nello stesso tempo nulla di intentato per bloccare la spirale delle esecuzioni. Cosi’ l’assemblea di Montréal si pone come obbiettivi, fra gli altri, di creare cooperative di avvocati per aiutare a difendere dei condannati. Poiche’, come ricorda l’avvocato Jean-Marie Burguburu, presidente dell’ordine degli avvocati di Parigi, e la cui procura é associata all’organizzazione del 2° congresso, « la pena di morte é inoltre spesso pronunciata al termine di un procedimento che non rispetta i diritti della difesa e non soddisfa le esigenze di un equo processo ».

Le minoranze sono iperrappresentate fra i condannati

Gli esempi in questo senso abbondano. Negli Stati Uniti, il 68% delle 5 760 condanne pronunciate fra il 1973 e il 1995 hanno dovuto essere riviste in appello per errori giudiziari, ha concluso un rapporto pubblicato dall’università newyorkese Columbia nel 2000. « I poveri e le minoranze afroamericana e ispanica sono iperrappresentati fra i condannati, vittime di un sistema giudiziario profondamente iniquo », accusano Michel Taube e Céline Bretel di ECPM, in un articolo pubblicato quest’anno dall’Encyclopédia Universalis. I congressisti e gli abitanti di Montréal intendono ricordarlo a George W.Bush, convinto adepto della pena di morte, e a tutti gli altri capi di stato che praticano la pena capitale, nelle strade della città, sabato. Una marcia per l’abolizione universale della pena capitale e per dire : « Processi politici, « errori » giudiziari, tortura fisica e mentale, legge del taglione, discriminazione razziale e sociale, diritti della difesa calpestati : STOP ! »

Tradotto dal francese da Karl e Rosa - Bellaciao

http://bellaciao.org/fr/article.php3?id_article=9930