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Le parole di Berlusconi sono chiare: i parlamentari italiani sono dei ladri (Berlusconi è
onorevole da 10 anni: prima si guadagnava il pane col sudore della fronte). I presidenti di questa
accolita di ladri, cioè il presidente della Camera e il presidente del Senato, per il ruolo che ricoprono
nel clan (stavo per dire nelle istituzioni) sono dunque i ladri più eccellenti. Infatti non hanno
obiettato nulla a Berlusconi, e questo è un segno chiaro. Con ciò non si vuol dire che rubino
davvero. Non si è ladri solo rubando.
Si è ladri soprattutto quando si acconsente che qualcuno ci rubi
l’onore e la dignità e la butti nella spazzatura. Chi nella spazzatura ce l’ha già buttata da
solo, non può temere di esserne derubato. Giuliano Ferrara, visibilmente soddisfatto che Berlusconi
abbia imparato la parte, lo ha rimproverato con tenerezza. Lui può permetterselo: è stato troppo
poco tempo ministro per farsi la barca. I soldi, come ebbe a dire orgogliosamente nella sua
trasmissione televisiva a un ospite di passaggio, se li guadagnava onestamente facendo il delatore della
Cia. Che certo non lavorava in Italia a beneficio dell’Italia.
In Italia tira un’aria lugubre. C’è al comando uno disposto a tutto che ha per consigliere un
traditore del suo paese. Ci si può aspettare qualcosa di molto brutto. Ma sarà un già visto, perché
poi le scelte non possono essere che quelle.
Il mio cordoglio ai democratici di sinistra per la perdita simultanea di Nicola Tranfaglia,
Alberto Asor Rosa e Gianni Vattimo. Felicitazioni ai fuoriusciti: sono rinati a nuova vita, anche se
capisco il loro rammarico o la loro nostalgia. Succede i primi giorni che si smette di fumare. I Ds
hanno perso tre cervelli che in cinque minuti pensavano quello che tutta la segreteria messa
insieme riesce a «elaborare» in una legislatura; tre intellettuali che l’Europa ci invidia, tre studiosi
senza i quali la cultura italiana non sarebbe quello che è.
Ma «a quelli là» non importa. Ciò che
gli importa è stare fra di loro, un migliaio nel grande acquario azzurrino, ad applaudirsi, a
lodarsi, a cantarsi. Un giorno resteranno solo loro, finalmente, e le famiglie la domenica porteranno
i bambini a guardarli, attraverso le pareti di vetro, come si guardano le specie rare in via di
estinzione. E loro saranno tutti felici, soprattutto perché finalmente potranno votarsi fra di loro,
eleggersi fra di loro, governare fra di loro. Finalmente soli.
E poi il professor Romano Luperini ci viene a fare la lezione sul declino dell’intellettuale. Ma
ci facci il piacere.
Il presidente della Repubblica nel suo discorso di fine anno ha detto che i soldati italiani
massacrati a Nassyria sono dei patrioti. Che hanno dato la vita per la patria. Nessuno ha protestato.
Il presidente della Repubblica non ha letto la Costituzione. O se l’ha letta con le sue parole l’ha
tradita. I nostri soldati sono stati inviati a morire da un governo cinico e irresponsabile che ha
agito senza mandato internazionale, al servizio dell’amministrazione Bush, di un paese in cui
perfino il segretario di stato Powell riconosce che gli Stati uniti hanno fatto una guerra senza
giustificazioni e dice: «non so perché».
I nostri soldati in Iraq non dipendono dal ministro Martino,
che nei paesi dell’Alleanza che ha invaso l’Iraq conta quanto il due di briscola. Dipendono dal
ministero della difesa inglese. Prendono ordini dagli inglesi. Che li trattano come si sa gli inglesi
trattano la gente del sud. Col disprezzo con cui David Niven trattava Alberto Sordi in un celebre
film sulla seconda guerra mondiale. O peggio. Come Bossi tratta gli extracomunitari. Poveri
patrioti. Perché il presidente della Repubblica invece di fare tanti discorsi non li va a trovare a
Nassyria, visto che Berlusconi non ci è potuto andare a causa del suo lifting? E’ troppo vecchio? Se
ha fatto un viaggio recentemente per andare a trovare il presidente Bush può arrivare fino in Iraq,
è più vicino.
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