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Duemila in marcia, con "distinguo"

Publie le mercoledì 3 marzo 2004 par Open-Publishing

IL CORTEO Tra i partecipanti, molti gli studenti. Diaz-Alimonda-Tribunale le tappe della
contestazione

La Cgil resta ferma per non pressare i giudici, ma la Fiom gonfia il serpentone

Genova «O nessuno o trecentomila». Lo striscione liberato tra i fumogeni dal ponte che sovrasta
via XX Settembre scandisce il messaggio: processi per il G8? O non coinvolgono nessun no global o
accusano tutto il "popolo di Genova". Per questo i 18 ex portavoce del movimento si sono
autodenunciati. E sotto il ponte marciano in duemila, diretti a Palazzo di Giustizia, pugni al cielo e
sgambetti al ritmo di Sono fuori dal tunnel, il loop demenzial-antagonista del fenomeno del momento,
CapaRezza.

Sono quasi le 11, il grecale ha appena smesso di infierire e il Tribunale ha appena sospeso per
un’ora i suoi lavori. Il corteo si ferma ed è esattamente davanti alla sede del Fronte nazionale,
per una volta non presidiato dalle forze dell’ordine; i no global si limitano a strappare tutti i
manifesti con la Fiamma cantando il rigurgito antifascista dei 99 Posse. «La storia non si fa nelle
aule dei tribunali», romba il disobbediente Matteo Jade al megafono. Gli studenti che hanno
"marinato" ballano Manu Chao, si fermano quando dj Psyco elargisce la nuova Piazza Alimonda di Guccini.

Erano partiti tre ore prima dalla scuola Diaz, quella del violento blitz notturno di polizia, 500
studenti in mezzo a poche bandiere dei Verdi e di Rifondazione. "Ribellarsi è un atto dovuto",
"Siamo tutti devastatori", dichiarano gli striscioni. Serve tutta l’energia dell’Altra faccia
dell’impero (Banda Bassotti), per accompagnare nel gelo gli studenti in piazza Alimonda.
Ma in questo film già visto, con le stesse persone e gli stessi slogan, l’altare laico per
"Carletto" stavolta è spoglio, stanco. Se ne accorgono anche i dirigenti della Cgil (in questa piazza per
ricordare Giuliani, ma non in marcia per non pressare i magistrati). Attenti invece i carabinieri,
tornati su questo pezzo d’asfalto: l’ultima volta era il 20 luglio 2001. «Insistiamo per la
commissione parlamentare d’inchiesta», sottolinea Massimiliano Morettini, consigliere comunale Ds e
presidente Arci Liguria sotto lo striscione "Non lasciamoli soli".

Comincia la marcia, la Fiom non ascolta la "madre" Cgil e sfila via. Altrettanto fanno i "duri"
Bruno Rossi (che ostenta la bandiera di "Un altro porto è possibile") e Bruno Manganaro (firmatario
del documento Gsf), non senza parole di biasimo verso il "federale". Aprono gli studenti, quelli
del "Colombo ribelle". Soprattutto quelli della Diaz ("non si dimentica"). «Ogni volta che andiamo
in quella palestra - racconta Iole Murgia - torna tutto il dolore di quei giorni». Corso Buenos
Aires, il serpentone si gonfia, la polizia indossa i caschi, i carabinieri stanno dietro
Legambiente, Rdb, forum sociali e "lillipuziani". Arrivano i "big" del movimento, tra loro anche l’ormai ex
assessore genovese Prc Taccani, collegati ogni mezzora al telefonino con i «compagni che sono in
Aula».

Giacomo Mondovì, il Cobas a lungo ricercato perché fotografato davanti a una banca durante un
saccheggio, tira uno striscione nuovo: «Genova, capitale europea della repressione». Via XX è
finalmente conquistata, invasa da Inside the loop dei Meganoidi. Sbuca il "Pirata nero", cinquantenne
milanese zeppo di piercing al viso che combatte su una bicicletta-vascello contro l’aggressione delle
auto, per una volta no global. Ostenta la sua bandiera col teschio che gli sarà rubata a fine
giornata.

Incrocio con via V Novembre, vista sulla «nuova zona rossa» che protegge il Tribunale. De Ferrari
non è più sul percorso, che finisce qui insieme alle centinaia che erano dall’alba sotto Palazzo.
Radio Global Project fa la diretta sull’udienza, chiama per nome i 26 imputati strappando
applausi. Molti imputati sono qui, tra loro Massimiliano Monai che spinge la carrozzina: suo figlio Mattia
(11 giorni) dorme.

La cittadella, è l’una, diventa bivacco libero, dove i cani scorrazzano e lo spinello è consentito
a due passi dagli agenti. Le canzoni di Fabrizio De Andrè allontanano la fame e riportano
l’attenzione sul processo. Poi la "sentenza", udienza aggiornata. «Il treno per Milano è alle 15,19; i
pullman per Bologna stanno arrivando; martedì prossimo chi entra in tribunale?».