Home > Enzo Baldoni: con la Colombia negli occhi

Enzo Baldoni: con la Colombia negli occhi

Publie le mercoledì 1 settembre 2004 par Open-Publishing

di Simone Bruno, Colombia

Bogotà - 01 Settembre 2004 — Non ho mai conosciuto Enzo Baldoni, ma vivendo in Colombia ho conosciuto il suo lavoro e gli ho scritto. Ne è nata una simpatica e spumeggiante corrispondenza e l’idea di incontrarci a Milano al mio ritorno. Questo non sarà possibile, ma ho voluto comunque conoscere Federico, il suo grande amico di Bogotà. Federico è un uomo di mezza età piuttosto grande, appena mi vede mi abbraccia come se ci conoscessimo da tempo. In effetti non è proprio così, ma qualche cosa comunque ci unisce. Sono qui per farmi raccontare di un viaggio, il viaggio di Enzo Baldoni fino alla regione del Cauca, alla ricerca dei capi guerriglieri e di riserve Indigene. La casa che cerco è nel quartiere della “Perseverancia” chiunque conosce un po’ Bogotà mi sconsiglierebbe di addentrarmi per queste stradine. Ma il sole è ancora alto e i bambini sono ovunque in strada a giocare, il che fa sembrare il quartiere molto tranquillo. (All’interno un’inedita fotogallery del viaggio di Enzo Baldoni in Colombia).

Lo studio di Federico è all’ultimo piano di un edificio costruito a varie riprese negli anni, come tutti quelli che lo circondano. Man mano che nascono i figli, serve spazio e si aggiungono nuovi piani. Due strada più in là i ragazzi del quartiere sono soliti assaltare le macchine degli sprovveduti che cercano di raggiungere la “Circunvalar” una strada a scorrimento veloce che corre giusto ai piedi delle montagne.

La vista dalla terrazza dove è stato ricavato lo studio di Federico è bellissima da un lato c’è Bogotà placidamente distesa nella sua grande valle con le sue vette di cemento e vetro, alle spalle ci sono le Ande con le loro punte verdi.

Ci sediamo nello studio e lui comincia a raccontarmi di quando conobbe Enzo, lo definisce un uomo ingombrante, che non passa inosservato e questa volta ride forte al ricordo.

Enzo Baldoni, mi racconta Federico, era alla ricerca di contatti durante il suo primo viaggio in Colombia nel 2001 e finì nella organizzazione fondata da Federico “Chachivache” (in Italiano suona come cianfrusaglie). “Mi invitarono anche a Parigi per ricevere una “medaglietta” dell’UNESCO” racconta Federico sorridendo. Da questo loro primo incontro nacque l’idea di fare un giro nel Cartucho, che è il peggior quartiere di Bogotà, o per lo meno il più malfamato.

“Enzo riusciva a trovare un modo per comunicare con tutti. Ad esempio eravamo fuori di una delle case dove per mille pesos gli indigenti trovavano un materasso per dormire e consumare le loro droghe. Ovviamente avevamo la loro autorizzazione per stare li. Enzo fotografò un jibaro (spacciatore) e poi mostrandogli lo schermino della digitale gli disse “mira como saliste feo!!” (guarda come sei venuto male!!) e li scoppiarono a ridere. E ti assicuro che scherzare con un jibaro non è una cosa raccomandabile. Ma lui lo faceva con naturalezza e risultava molto simpatico.”

Mi racconta di altre occasioni in cui Enzo Baldoni riuscì a “rompere il ghiaccio” ad esempio aveva una buona conoscenza delle armi, cosa che in questo paese ti permette di avere un argomento di conversazione con persone potenzialmente pericolose. Poter parlare di un kalashnikov con il giovane guerrigliero che lo impugna, di dove è prodotto e delle sue prestazioni, sicuramente ti può far apparire sotto una luce diversa.

Le prospettive di Enzo qui in Colombia nei suoi due viaggi (2001 e 2003) cambiarono molto, in un primo momento le sue aspirazioni erano quelle di poter capire meglio la guerriglia Colombiana, il che muoveva i suoi intenti di poter arrivare ad intervistare Tirofijo che è il capo storico delle FARC (Forza armata rivoluzionaria Colombiana), scesa in armi da quasi 40 anni e che ad oggi è l’esercito guerrigliero più grande del mondo.

Non arrivò mai a Tirofijo, ma nel 2001 erano in corso i dialoghi di pace nel Cauguan tra il Governo del presidente Pastrana e le FARC, lui si recò sul posto e conobbe vari leader guerriglieri tra cui Simon Trinidad (da poco arrestato). Probabilmente però il contatto con Federico e altre persone impegnate per la pace come lui, lo sensibilizzarono di più verso i movimenti pacifisti e le varie associazione dei diritti umani, che sono quelli che realmente si battono per qualche cosa per cui valga la pena in questo paese e che più di tutto sono vittime inermi di sparizioni forzate e assassini.

Lo portò anche a solidarizzare con le famiglie delle vittime dei sequestri e cercare di farsi tramite tra loro e i gruppi guerriglieri. Questo soprattutto nel 2003, quando (come ora) il sequestro più in vista era quello della ex candidata presidenziale Ingrid Betancourt.

Enzo stesso fu vittima di un mini sequestro da parte di “una scheggia impazzita della rivoluzione. Quattro gatti male armati ma pericolosi perché, di base, vivono di taglieggi sulla coca e di rapimenti” come li definì lui stesso.

L’ironia della sorte fu che a liberarlo intervenne un leader Indigeno locale Arquímedes Vitonas Noscue, che aveva conosciuto poco prima e che per, risulta sequestrato dal giorno esatto della morte di Enzo in Iraq.

Le foto scorrono e così anche le parole di Federico, i suoi occhi si arrossano quando mi racconta che l’incontro con Enzo lo ha cambiato molto, aprendogli nuovi orizzonti, ampliando il suo modo di vedere il suo stesso paese. Si calma, beve un po’ del suo “tinto” e poi mi legge quello che ha scritto per lui: “EVVAI Baldoniii!!!” gridava la camera digitale di Enzo Baldoni ogni volta che l’accendeva. Noi ci ridevamo su per il tono burlone e divertito della sua voce grave registrata nell’apparato digitale, quella stessa voce con cui cantò un’ aria di opera per un Peruviano nel quartiere della “Perseverancia” con cui ha fatto un coro di chirimía con un indigeno Páez su una Chiva (caratteristico bus Colombiano) nel Cauca".

"Camera che Enzo non lasciava mai; la stessa, mi disse, che in realtà gli serviva per intavolare amichevoli conversazioni con la gente “guarda come sei venuto” -diceva- sei molto bello, molto grasso, molto brutto” generalmente seguivano sempre risate fragorose della gente che si guardava nel piccolo schermo e conversazioni che potevano andare dall’ umano al divino e durare tanto tempo o poco a seconda delle necessita".

“Come ti chiami?” Era la domanda seguente; da quel momento in poi sempre li chiamava con nome proprio, dando un’importanza accentuata all’individuale, al valore della storia personale e inserendola nella realtà culturale, nell’impalcatura complessa delle relazioni sociali, in modo che ogni persona acquisisca sfumature personali. Ogni vita è unica e irripetibile.

Enzo Baldoni assassinato in Iraq dalle mani di fondamentalisti è stato in Colombia in varie occasioni. Ha parlato con travestiti, con abitanti della strada, con desplazados dalla violenza, con gli attori del conflitto armato, è stato nel Caguan nel periodo della “zona di distenzione” e nel Cartucho prima e durante la sua demolizione, ha conosciuto i guerriglieri di tutte le stirpi, da Simon Trinidad, fino alla sensuale intimità di una guerrigliera che faceva la doccia con la sua arma al lato.

Difensore acerrimo, dalle pagine del suo Blog in Internet, della liberazione di Ingrid Betancourt e di tutti gli altri sequestrati. Lui ha voluto capire il significato e la complessità del nostro conflitto armato, per questo ha parlato con esperti, con vittime e con attori armati e si è avvicinato a tutte le formazioni colombiane democratiche che si battono per la pace e contro la guerra ed ai settori che lottano contro l’esclusione sociale. Si è stupito della bellezza della nostra cultura capace di sopportare la brutalità del conflitto e non di non lasciar sgretolare il paese ed ha incontrato alcuni che sono diventati suoi amici che lo hanno accompagnato nei suoi viaggi e gli hanno mostrato la nostra diversità culturale, etnica e geografica della quale si innamorò.

Dicono che il delicato movimento delle ali di una farfalla può produrre un uragano in altre parti del mondo, è cosi che per caso un anno fa Enzo è stato salvato da un sequestro qui in Colombia dall’ attuale sindaco di Toribio: Arquímedes Vitonás, precisamente sequestrato lo stesso giorno in cui Enzo è stato assassinato, in quelle stesse montagne del Cauca che un fa anno percorreva cercando di trovare le risposte alle stesse domande sull’irrazionalità della guerra che oggi gli tolse la vita in un’altra parte del mondo. Montagne nelle quali è seduto una notte con alcuni sciamani Páez per rinfrescare l’anima e trovare il segreto dello spirito del tuono.

Chiediamo il rispetto per la vita di Arquímedes nello stesso modo che la chiediamo nel momento della sua morte per Enzo.

Si tratta di un altro assassinio alla libertà di espressione, alla libertà di stampa che non può passare sotto silenzio qui, perchè Enzo è di quei cittadini che hanno trasceso le frontiere di una determinata nazione e ha potuto essere tanto italiano come colombiano, sappiamo che ha amato la Colombia, che gli è piaciuto l’ Ajiaco (tipico piatto Colombiano), la Fritanga(altro piatto), la pannocchia arrosto e la gete di pace; perchè ce lo ha confessato bevendo un buono Chirrinchi (bevanda alcolica) nel colle di Guadalupe, guardando un’immenso tramonto Bogotano accanto ad uno stanco drappello di soldati che custodivano una città timorosa, addormentata e bella.

Alcune volte ci ha raccontato che è stato affascinato dalle armi e che gli attori armati erano erano come un’evocazione dell’infanzia quando si gioca con soldatini giocattolo, a sua volta i soldati veri lo terrorizzavano.

Così era Enzo Baldoni, vedeva le cose con l’anima di un bambino che si stupisce ad ogni cosa che scopre, imprigionato in un corpo enorme con la voce di un cantante d’ opera. Si deve avere la qualità di Enzo per godere del suo senso dell’ umore inesauribile, da buon italiano sapeva che la vita è bella: "bellissima come una ragazza", nelle immagini della televisione lo abbiamo visto dietro le lettere arabe dell’ ultimatum con un atteggiamento altero, sorridente e rilassato, molto lontano dell’atteggiamento sconfitto e triste dei condannati a morte. In molte parti della Colombia: in cartoni di indigenti, in accampamenti di desplazados, in paesini delle montagne, in riserve indigene e nelle case della città c’è qualcuno che con dolore indescrivibile ha saputo che si è spenta la camera di Enzo. Evvai Baldoniii !!!!...

Prima di andarmene Federico mi invia ad una commemorazione che faranno gli amici stretti di Enzo qui a Bogotà, persone che ora lavorano insieme e che non si sarebbero mai conosciute se Enzo non fosse passato di qui. Usciamo e il tramonto colora come al solito di rosso il cielo di Bogotà.

Ci salutiamo con abbraccio e mi incammino verso casa, con la sensazione di aver sfiorato solamente una persona che avrei voluto conoscere meglio.

Simone Bruno

redazione@reporterassociati.org

http://www.reporterassociati.org/index.php?option=news&task=viewarticle&sid=3393