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G8, Pericu a don Gallo È sul reciproco rispetto che poggia la democrazia
Publie le venerdì 20 febbraio 2004 par Open-PublishingIl sindaco di Genova Giuseppe Pericu risponde a don Gallo che sul Secolo XIX ha criticato la
decisione del Comune di costituirsi parte civile contro i 26 manifestanti accusati di devastazioni
durante il G8. Intanto Rifondazione comunista ha sospeso i suoi assessori dalla giunta.
L’intervento di don Andrea Gallo sulla decisione del Comune di Genova di costituirsi parte civile
nel processo per i danneggiamenti subiti dalla città durante i disordini di piazza nei giorni del
G8 merita una risposta aperta e franca. Il ragionamento di don Gallo si articola in due
considerazioni principali: quella delibera non è"tecnica" ma "politica", e come tale richiederebbe un
"ripensamento" e una "saggia mediazione".
In secondo luogo si chiede l’apertura di un dibattito sulla
"ferita" del G8, sulla violenza, sul ruolo dello Stato e della politica, sulle aspettative delle
nuove generazioni e anche di quella parte dei giovani che avvertono più acutamente il peso delle
ingiustizie sociali, e che possono coltivare una pericolosa "delusione".
Non mi addentro in una disquisizione sulla differenza dei
termini “tecnico” e “politico”. Ma voglio sottolineare il fatto che un’istituzione come il Comune
ha un ruolo che si può dividere in due grandi funzioni distinte.
Da un lato il Comune è un ente che eroga servizi e gestisce cospicui patrimoni. Svolge un ruolo al
servizio della collettività e dei suoi diritti anche economici.
Ed è in questa veste che non può
sottrarsi al dovere di agire, anche
in termini giudiziari, per ottenere il risarcimento dei gravi danni economici che la collettività
ha subito in quella circostanza. Aggiungo che la costituzione in parte civile non ha di per sé un
significato accusatorio, ma nasce
appunto dal dovere di tutelare il patrimonio di tutti.
La seconda funzione del Comune è quella di rappresentare
la soggettività politica della comunità cittadina ed esserne la sede elettiva: qui la dimensione
puramente politica, anche nei suoi connotati etici e morali, è
pienamente presente.
Ed è questa la sede per quel dibattito politico e culturale che don Gallo
auspica e che anch’io ritengo dobbiamo sviluppare. Sono del tutto d’accordo, in particolare - come ho
avuto modo di affermare già in altre occasioni - sul fatto che l’esame complessivo della
dinamica dei gravi fatti accaduti a Genova in quei giorni debba trovare la sede propria di una
commissione parlamentare di indagine, che si impegni per chiarire i molti aspetti opachi, a dir poco,
di quella vicenda. E a
individuare ogni responsabilità, sia politica, sia tecnica.
Noi non possiamo, non dobbiamo delegare questo tipo di indagine e di giudizio alla magistratura,
che per sua funzione è chiamata a esaminare singoli e circostanziati fatti e singole responsabilità
personali.
E’ giusto
che essa agisca secondo questo metodo, e riaffermo qui la mia piena fiducia nell’operato dei
magistrati che stanno conducendo le inchieste.
Ma anche un altro punto dell’intervento di don Gallo mi sta
particolarmente a cuore. Certo: tutti devono sapere che si può “accedere al Palazzo comunale senza
bellicosità”. Proprio la sede del Consiglio comunale mi sembra quella più propria per affrontare
un dibattito, aperto a tutte
le forze vive della città, sul significato più ampio e più profondo dell’esperienza che abbiamo
vissuto in quelle giornate. Un’esperienza drammatica - ha perso la vita un ragazzo, e io non potrò
mai dimenticarlo - ma anche
molto intensa e ricca di significati, che dobbiamo continuare a elaborare mentre ci interroghiamo
sul futuro della nostra città, sui suoi problemi e le sue prospettive.
Un dibattito che sicuramente dovrebbe avere al centro
temi quali il “principio costitutivo e istitutivo della non violenza”, della pace, della
partecipazione democratica. Temi che suggerisce don Gallo, che faccio miei, e che sono pronto a unire ad
altri suggerimenti di chi vorrà avanzarli.
E’ vero, solo una “saggia mediazione” può rimarginare le ferite aperte dalla violenza. Ma questa
mediazione sarà veramente saggia se la sapremo cercare insieme, nel rispetto delle funzioni diverse
delle istituzioni che amministrano la politica e la giustizia. In questa capacità di rispetto
poggia buona parte dell’essenza della democrazia. Ed è questa la via ne sono convinto che ci permetterà di riaffermare, in un confronto libero e plurale, quel carattere di apertura
civile e culturale che è parte essenziale e irrinunciabile della storia e dell’identità della
nostra città, e che avevamo saputo dimostrare nella preparazione e nella così difficile gestione delle
giornate del G8.