Home > G8, il tranquillo assedio dei no global
Imponente spiegamento di forze, ma il movimento protesta solo con musica e slogan. Ricorso in
Cassazione per spostare il dibattimento
Manifestazione senza incidenti. E il processo va avanti
Ma intanto non s’interrompe la sequenza settimanale di udienze.
Sarà importante, la decisione della Cassazione. Decisiva e non solo in questo difficile passaggio
delle inchieste sul luglio tragico del 2001, l’approdo del primo giudizio davanti al tribunale. Lo
sa bene il procuratore della Repubblica Francesco Lalla, che ammette: «Se questo processo sarà
spostato, lo saranno tutti gli altri, anche quelli alla polizia. Se il clima non è sereno, non lo
sarà nemmeno per valutare le vicende della Diaz e di Bolzaneto».
Ventisei gli imputati, ma solo nove in aula ieri mattina. Seicento i manifestanti radunati nel
presidio davanti al tribunale, milletrecento in corteo. Cifre snocciolate da una questura stavolta
generosa nei numeri.
Sicuramente pacifici, i no global visti ieri mattina in città. Non è accaduto nulla. I negozianti,
questa volta, hanno accettato la sfida nonostante le inquietudini della vigilia. Hanno tenuto le
serrande aperte e hanno contribuito ad evitare quella tipica tensione che affiora nelle strade
deserte. E chi ha invaso le strade con le bandiere, i canti, gli slogan, ha evitato ogni provocazione
verso le forze dell’ordine. Un’indifferenza ostentata ma che non ha alimentato tensioni.
La mattinata, blindata ma tranquilla, rappresenta un successo che va riconosciuto più al movimento
che alle misure di sicurezza rigorosissime. Indispensabili ma, nell’occasione, fortunatamente
inutili. Non mancherà l’occasione per rimettere alla prova le affermazioni di buona volontà, perché i
Disobbedienti promettono di partecipare a tutte le prossime udienze del processo: ogni martedì.
E’ un movimento che mostra, però, qualche affanno. Non nei numeri: si sapeva che la partecipazione
alle iniziative di protesta di ieri mattina non sarebbe stata straripante. Sembra, però, una crisi
di rappresentanza che prelude a spaccature e distinguo, fino ad allargarsi alla politica e alla
rappresentanza sociale tradizionale.
Così la Cgil va in piazza Alimonda per ricordare la tragedia di Carlo Giuliani, ma non sfila verso
il tribunale «per non dar l’impressione di assediare i magistrati»; eppure, anche nel sindacato,
c’è chi non ci sta e marcia lo stesso. I Ds appaiono sempre più due mondi separati, con il
"correntone" che risale via Venti Settembre insieme ai manifestanti e il partito che sta, ufficialmente,
con il sindaco Giuseppe Pericu; con la sua scelta di costituzione parte civile contro i ventisei
imputati, appena lenita dai documenti di mediazione scaturiti dopo lo "strappo" di Rifondazione.
Ma è nel cuore stesso del movimento dei movimenti che emergono tensioni e differenziazioni. Gli
avvocati genovesi sono furenti per la scelta degli altri colleghi di presentare l’istanza di
spostamento del processo, la "Cirami". Ma fuori dal tribunale gli altoparlanti del popolo no global
approvano la decisione: «Via il processo da Genova, qui la sentenza di condanna è già scritta!».
Così tocca a Luca Casarini, che sfodera i consueti toni muscolari, strappare applausi con le
argomentazioni più tradizionali, quelle che mettono tutti d’accordo: «Nei giorni del G8 c’è stata una
restrizione della libertà, un massacro preordinato su scala militare».
Gli fa eco Vittorio Agnoletto, portavoce storico del Social Forum: «I veri responsabili degli
scontri furono il governo e il capo della polizia, che usarono le frange violente per reprimere il
movimento». Argomenti forti, ripetuti da tre anni nelle strade, nei convegni, sui media.
Poi c’è la musica, che torna a essere colonna sonora di una giornata tranquilla. Che la città ha
vissuto tra mille disagi, con una parte consistente del centro cittadino chiusa alle auto, le corse
dei bus deviate, i parcheggi inghiottiti dai divieti e dalle transenne, i giri viziosi. La musica
caratterizza un movimento che ricerca la sua identità. Tra le nostalgie di "Contessa", colonna
sonora di un Sessantotto che fu, l’attualità dei Prodigy, ma anche della macarena o di CapaRezza e
del suo tunnel. Che ogni radio, anche la più commerciale, ripropone con frequenza ossessiva.
Marco Menduni
dal secolo xix