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Genova: «Sono stati loro ad aggredirmi ho avuto paura che mi uccidessero»

Publie le mercoledì 25 agosto 2004 par Open-Publishing

di Andrea Carugati

Intervista all’accusato «Sono stati loro ad aggredirmi ho avuto paura che
mi uccidessero»

«Non è andata come dicono i poliziotti. Sono stati loro a mettermi le mani
addosso per primi. Io mi sono soltanto difeso. Ho temuto per la mia vita.
Si era messa proprio male».

Così dice Ndiawar M’Baye, 32 anni, in Italia, illegalmente, dal 2000, che
ieri pomeriggio alle sette si è chiuso alle spalle il portone del carcere
di Marassi, dove era stato confinato sabato pomeriggio, dopo essere stato
fermato da alcuni poliziotti, accusati in seguito di averlo percosso
inutilmente.

Un uomo robusto, non un gigante, ma robusto abbastanza per incutere timore
e per osare un confronto fisico con un gruppo di poliziotti. E’ calvo e
sul lato destro della testa si notano alcuni, due o tre, punti di sutura:
«Me lo hanno fatto quando ero in terra, con un calcio». Tutto sommato,
però, chi ha avuto la peggio è stato uno dei poliziotti che lo ha fermato:
polso rotto e ventotto giorni di prognosi: «Non gli ho spaccato il polso
volontariamente, nella colluttazione lui è caduto e ha sbattuto in terra
con la mano». Sorride, sembra tranquillo e sembra soprattutto in ottima
forma; saluta gli amici che lo stanno aspettando fuori dal carcere, un
gruppetto formato da una decina di persone. Stringe le loro mani e li
ringrazia per averli aiutati.

«Sto bene, adesso sto bene», dice, mentre uno dei suoi angeli custodi
mostra la camicia che Ndiawar M’Baye indossava sabato pomeriggio. E’
vistosamente macchiata di sangue, ormai secco. «Visto cosa mi hanno
fatto?». La polizia lo accusa di avere morso un agente: «E’ vero, mi
ricordo di avere dato uno o due morsi, anche se non mi ricordo se sono
andati a segno: ero in terra e loro mi stavano picchiando. Ho solo tentato
di difendermi, solo quello. Sono stati loro ad aggredirmi».

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