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Genova, il Comune e il Movimento

Publie le mercoledì 10 marzo 2004 par Open-Publishing

Dunque il tribunale di Genova ha stabilito quello che il sindaco e la sua giunta ostinatamente non
hanno voluto riconoscere: non c’è motivo per la sua costituzione contro i 26 manifestanti del G8;
le ragioni per cui il comune avrebbe voluto vedersi risarcito sono vaghe e generiche.
Potremmo felicitarci di quest’esito. Potremmo domandare, a quanti con noi sono stati critici, se
ancora ritengono sbagliata la nostra opposizione a quella scelta. Potremmo, infine, semplicemente
osservare che, se vi fosse stato quel ripensamento che con tutte le nostre forze e fino alla fine
abbiamo invocato, oggi saremmo qui a scrivere una storia diversa.

Ma soprattutto, quello che ci resta, è un senso di amarezza. Agitando l’arzigogolata teoria
dell’atto dovuto, torcendo la giurisprudenza, restando sordi ai pareri di giuristi e all’invocazione
larghissima di esponenti democratici, si è deciso di produrre, su un tema fondativo quale il G8
genovese, una frattura con il movimento, con le parti migliori dell’opinione pubblica democratica e
progressista, nonché con il nostro partito. E’ stata solo superficialità? E’ stato solo l’effetto
perverso di una concezione ultra personalistica della politica che, nel ritorno sui propri passi,
nell’eventuale riconoscimento di un proprio errore, vede minacciata la propria autorevolezza? O è
stato pure l’emergere inconscio, questo sì bipartisan, della volontà di mettere in un angolo l’unico
soggetto odierno di bonifica e dinamicità della politica: il movimento dei movimenti?

Che fare adesso? Sbagliava chi proponendo un’idea autonoma, autoreferenziale della politica, ci
esortava a mettere da parte le nostre ragioni per salvaguardare il piano delle alleanze politiche.
Ugualmente, ne siamo assolutamente certi, sbaglierebbe chi pensasse ad un nostro esodo, ad una
nostra rinuncia ad una sfida unitaria.

Si è prodotta, volenti o nolenti, con quella costituzione del comune, una ferita tra
l’amministrazione genovese e la parte più avanzata della sua base sociale ed elettorale. La nullità di
quell’atto, determinato dalla decisione del tribunale, in sé non lo sana, è ovvio. Per provare a lenirla,
per ambire a rimarginarla servirà adoperarsi per un grande rilancio programmatico. Bisognerà
assumere la sfida del governo della città ponendosi sul piano delle domande espresse dei movimenti: il
riconoscimento del diritto di cittadinanza, i temi della partecipazione democratica,
l’inalienabilità e la sottrazione alle logiche di mercato delle risorse, le politiche di difesa del reddito del
welfare, il riconoscimento per i giovani di spazi sociali fuori mercato, eccetera.

Per riuscirci occorrerà stare con i movimenti, non contro di loro. Esattamente l’opposto di quello
che si è provato a fare a Genova.