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Germania: un uragano di proteste per la riforma dello stato sociale
Publie le sabato 21 agosto 2004 par Open-PublishingL’estate calda di Schroeder
di Laura Eduati
«La Sdp cambi rotta e dia retta al popolo». Le riforme al welfare avviate dai socialdemocratici non piacciono a tanti, tantissimi, che ora hanno iniziato a urlarlo nelle piazze. Ma il governo rimane sordo: «Lo facciamo per le generazioni future», ripete tentando di convincere i tedeschi che stringere la cinghia si può e si deve. Il piano di tagli dal teutonico nome di Hartz IV, promosso dal ministro delle Finanze Wolfgang Clement, braccio destro del cancelliere, hanno provocato un uragano di proteste cittadine, anche nei tradizionali bastioni del potere socialdemocratico come il Brandeburgo e la Westfalia. In ballo, oltre alle pensioni, ci sono le drastiche riduzioni ai sussidi di disoccupazione che la nuova legge targata Spd inaugurerà a partire dal 1 gennaio 2005: dal 60% della busta paga di prima della riforma a 331 euro mensili.
Le misure toccheranno le vite di quattro milioni e mezzo di disoccupati tedeschi: il 70% dei senza lavoro vive nell’ex Germania dell’est, dove il tasso di disoccupazione tocca il 18, 5%. Nei giorni scorsi, il ministro Clement se n’é uscito con un’altra impopolare misura, ovvero contrattare 600mils ad un euro l’ora in servizi socialmente utili. Chi si rifiuta potrebbe perdere anche il magro assegno mensile. Non solo: ora i disoccupati in cerca di sussidio dovranno elencare i loro beni in un lungo formulario. Il tutto sarà poi conteggiato e poi sottratto dalla cifra del contributo statale. Come se non bastasse, l’economia tedesca viaggia a basso regime; la produzione industriale, dopo aver fatto sperare in una ripresa, é scesa dell’1, 9%; la crescita annuale si é fermata ad un moderato 1,2-1, 4%. Pessimo scenario, quando l’indice di disoccupazione nazionale ormai sfiora l’11%. Una politica neoliberale che manda in pensione l’invidiato modello sociale tedesco e ha trasformato una fresca estate continentale in un’agenda fitta di appuntamenti con la piazza. Sono ritornati quei "lunedì di protesta" di Lipsia che ai tempi del Muro portarono al crollo del regime comunista della Rdt: «Noi siamo il popolo|», scrivono i manifestanti sui cartelloni. Un popolo di lavoratori, sindacati, studenti, e anche naziskin: tutti si danno l’appuntamento settimanale alle marce, il vero termometro dello scontento. Dalle poche centinaia di manifestanti di lunedì 26 luglio si é passati ai 90.000 di lunedì scorso, una protesta organizzata in oltre 90 città tedesche dai sindacati, i post-comunisti della Pds (Partei des Demokratischen Sozialismus) e molte associazioni di sinistra. Si attende ora l’esito della marcia che si svolgerà a Lipsia lunedì 30 agosto. Lipsia, e non é un caso: non solo per le storiche marce del 1989, ma anche perché un sondaggio rivela che nell’ex Germania dell’est almeno il 30% della popolazione dichiara di voler votare i post-comunisti del Pds, mentre ai socialdemocratici rimarrebbe un risicatissimo 8%. Oltre un terzo della popolazione, si legge nelle inchieste, non si fida più di nessun partito. Guiderà la manifestazione di Lipsia Oskar Lafontaine, storico rivale socialdemocratico di Schroeder: «Il cancelliere si deve dimettere» é la sua ricetta. Lafontaine lasciò nel 1999 l’ incarico di presidente della Spd e quello di ministro delle Finanze per protesta contro la deriva centrista e liberista del cancelliere. Ora, dopo cinque anni lontani dalle scene della politica ma vicino ai movimenti, Lafontaine con un’idea in tasca: appoggiare l’Alternativa di sinistra, un partito ancora in embrione che raccoglie ex socialdemocratici, sindacalisti e verdi. La sfida: farsi depositario dei voti che escono come fiotti di sangue dal partito di governo, ormai ai minimi storici nelle preferenze. La Spd ha infatti incassato un misero 20% alle elezioni europee del 13 giugno. L’affronto al premier del Napoleone della Saar, come Lafontaine venne battezzato, sono seguite da acidi inviti a far bagagli ed andarsene: «Il comportamento di Lafontaine non è per nulla solidale», lo accusa il sindaco socialdemocratico di Berlino Klaus Wowereit, «per questo dovrebbe trarne le conseguenze e uscire dalla Spd». Secondo uno dei politologi tedeschi più quotati, Juergen Falter, Schroeder invece dovrebbe trattenersi dal cacciare la serpe in seno, visto che un nuovo partito guidato da Lafontaine potrebbe contare su di un appoggio del 15-20%.