Home > Giuliano Ferrrara protesta con violenza - E accusa il premier di «aver (…)
Giuliano Ferrrara protesta con violenza - E accusa il premier di «aver suonato la ritirata»
Publie le venerdì 19 marzo 2004 par Open-Publishing«L’ha voluto Berlusconi»
ROMA - «Traditori, cialtroni, gaglioffi», la furia di Giuliano Ferrara non ha limiti. Il suo
editoriale sul Foglio, distribuito alle agenzie ben prima di andare in stampa, è una vera e propria
scenata a tutti i protagonisti della fine ingloriosa della legge Boato. Ma se loro sono un «manipolo
di vecchi missini riciclati e il capociurma delle tifoserie varesotte della Lega, combattenti per
la libertà e il diritto ma solo a proprio vantaggio», il colpevole numero uno è proprio lui:
Silvio Berlusconi. E non solo perché è «uno che sa distrarsi come pochi altri quando non si tratti
degli affari suoi». L’accusa di Ferrara infatti è chiara e netta, se i deputati di Forza Italia hanno
votato con An e la Lega è perché l’ordine è venuto dall’alto. Da chi, dopo essersi fatto prendere
in giro per un anno e mezzo, «ha pensato bene di dare lo squillo di tromba della ritirata: Il Cav.
non vuole grane prima delle elezioni, e la legge Boato vada a farsi fottere e con la legge tutto,
coscienza personale e ragionevolezza politica e civile». Non è la prima volta in realtà che l’ex
consigliere del presidente si scaglia contro il quartier generale. Proprio ieri mattina il Foglio
attaccava in prima pagina gli «sciamannati» della Casa delle libertà, incapaci di gestire la grande
idea (lanciata proprio dal quotidiano) di indire una manifestazione bispartisan contro il
terrorismo.
Ma per l’appunto la colpa era delle truppe incapaci, una volta di più, di capire la genialità
del generale. Ora la storia è ben diversa, tanto che Giuliano Ferrara (protagonista da anni della
campagna per Sofri) arriva a mettere in campo anche qualcosa di più della politica. «Questo
giornale è nato da un patto d’amicizia non servile con Berlusconi - scrive infatti nel suo editoriale -
Ora dovrebbe chiudere all’istante, insieme con un’amicizia consumata». Una frase di troppo? Forse
sì e forse no, visto che la chiusa è un triste, e ambiguo, «essendo un giornale minimamente utile,
andremo avanti nella più assoluta libertà, senza più illusioni e senza rancori, finchè la
proprietà non deciderà di cacciarci».
Meno potente, ma altrettanto amara è del resto la reazione dei pochissimi che, nel centrodestra,
sono rimasti fedeli all’idea di mettere nelle mani del presidente della repubblica la grazia di
Adriano Sofri. Il centrista D’Alia, parla così di «un’occasione mancata per fare una buona legge» e,
non volendo sparare sul premier, definisce «ancora incomprensibile il repentino cambio di linea da
parte di Forza Italia». Mentre il nazional alleato Altero Matteoli, ministro per l’ambiente,
ricorda di essere «sempre stato d’accordo, largamente minoritario nel mio partito, con la grazia a
Sofri per chiudere una stagione politica». Ancor più desolato il commento di Alfredo Biondi, il
vecchio garantista di Forza Italia che di fronte allo smacco chiude gli occhi, preferisce pensare a un
colpo di mano dei suoi colleghi di partito e sostiene che «in questo modo si è contraddetto anche
il presidente Berlusconi, che si era espresso chiaramente sulla grazia a Sofri».
G.P
MANIFESTO