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Hugo Chávez: aspettando il referendum

Publie le venerdì 6 agosto 2004 par Open-Publishing

Dazibao


di Paola
Erba


Il prossimo 15 agosto si terrà il referendum per decidere se il presidente venezuelano
Hugo Chávez debba restare o no al potere.

Se gli elettori diranno sì alla destituzione, dovrebbero essere convocate nuove
elezioni presidenziali entro 30 giorni. "Dopo due anni di scontri durissimi,
la società venezuelana ha finalmente trovato un modo civile per affrontare le
proprie contraddizioni", spiega Maria Isabel Bertone, di PROVEA, organizzazione
per la difesa dei diritti umani, a Caracas. "E’ anche vero, però, che finchè le
parti in causa continueranno a riconoscere l’altro come un nemico e non come
un avversario politico, il referendum servirà a poco. Chávez finora ha mantenuto
un atteggiamento civile e ha annunciato, in caso di sconfitta di presentarsi
alle prossime elezioni. Non così l’opposizione, che non contempla affatto l’
ipotesi di un fallimento, e in questo caso, di sicuro, griderà alla frode".

Sconfiggere Chávez non sarà facile. Per farlo, l’opposizione, (riunita nella Coordinadora Democratica, Cd) dovrà superare i 3,75 milioni di voti (quasi il 60 per cento dell’elettorato) con i quali il presidente fu eletto nel luglio 2000: un risultato difficile per una formazione politica che, ad oggi, al di là dell’ anti-chavismo che la unisce, non è ancora riuscita a trovare una linea e un candidato comuni.
Sono in molti, anzi, a sostenere che la Coordinadora si sfalderà una volta raggiunto l’obiettivo di rovesciare il capo dello Stato.

Per contro, Chávez gode di un enorme consenso tra i ceti più umili e ha dato voce, in questi anni, a quella parte di popolazione meticcia da sempre esclusa da tutto: l’80 per cento del Paese. Sono in molti a sostenere che in questa fascia di popolazione, ormai è in atto un cambiamento culturale e una presa di coscienza senza precedenti e senza possibilità di ritorno.

Per l’opposizione, d’altra parte, il referendum è l’ultima possibilità - legale- di liberarsi dell’attuale governo.

I precedenti tentativi, illegali, vanno dal colpo di stato dell’11 aprile 2002, allo sciopero di due mesi di PDVSA (l’impresa statale di idrocarburi), tra dicembre 2002 e gennaio 2003, che mise in ginocchio il Paese, causando perdite per 12.000 milioni di dollari. Sempre l’opposizione sembra essere responsabile di un oscuro fatto di cronaca, sul quale si sta ancora indagando: lo scorso maggio furono scoperti e arrestati un centinaio di paramilitari colombiani, nascosti in una finca nei pressi di Caracas, di proprietà di Roberto Alonso, cubano anticastrista, rifugiato a Miami, sospettato di avere già appoggiato il golpe contro Chavez.

"Ma il referendum, da solo, non è garanzia di pace", continua Maria Isabel Bertone. "Alla base di questa terribile instabilità politica, ci sono diseguaglianze enormi, che occorre riconoscere e risolvere. Diseguaglianze economiche, innanzitutto: quelle che l’opposizione
dimentica quando rivendica i propri diritti, o meglio, il mantenimento dei propri privilegi.
Le tensioni di questi anni indicano che nella società venezuelana sono entrati in gioco nuovi attori, ai quali Chavez ha dato un’identità politica chiara. La gente che prima stava ai margini, ora si sente rappresentata e chiede protagonismo. Non si può far finta di non riconoscerli.
Io faccio parte di un movimento cittadino che si è dato il nome di ’Aquì cabemos todos’, ’C’è posto per tutti’: posto, cioè, per una convivenza civile che accetti le differenze -sociali, politiche economiche- e i cambiamenti in atto. Perchè ciò avvenga, occorre qualcosa di assolutamente ’fuori moda’ nel Venezuela di oggi, lacerato dagli slogan e dalle polarizzazioni: occorre la negoziazione, la mediazione. Sono convinta che il dialogo non solo è possibile, ma è ancora più interessante, se le posizioni sono differenti. Senza questo atteggiamento, referendum o no, la pace in Venezuela non ci sarà mai".

Lo scorso aprile, la stampa venezuelana aveva pubblicato due sondaggi contrastanti su quanto potrà accadere con il referendum.

Secondo il quotidiano pro-Chavez Ultimas Noticias, che pubblicava i dati elaborati dall’istituto di sondaggi North American Opinion Research, l’opposizione difficilmente potrà sconfiggere Chávez. Il capo dello Stato avrebbe infatti dalla sua parte il 51 per cento dell’elettorato.

Di diverso tenore, il sondaggio dell’istituto Keller & Asociados (pubblicato dal settimanale dell’opposizione Quinto Día), secondo cui, il 15 agosto saranno almeno 3,9 milioni i voti contro il capo dello Stato: 200.000 in più del minimo richiesto dalla legge.

Il referendum a metà del mandato presidenziale, è previsto dalla nuova costituzione bolivariana, varata da Chávez nel 1999. Per convocarlo, lo scorso giugno, l’opposizione ha messo insieme 2 milioni e 436.083 firme. Ma una prima raccolta c’era già stata, in marzo. In quell’occasione, però, il Consiglio nazionale elettorale (Cne) mise in discussione piu’ di un milione e mezzo di firme. Non le considerò valide perchè doppie e addirittura quadruple, di minorenni, di stranieri.

http://www.peacereporter.net/it/canali/storie/0000america/venezuela/040806venezuela