Home > I Disobbedienti: tutti in aula
Alta tensione a due giorni dalla prima udienza del dibattimento a carico
di 26 presunti black bloc. Polemica tra Agnoletto e il
sindaco
«Il nostro corteo dovrà arrivare a Palazzo di giustizia»
Genova Cresce la tensione in città per il processo di martedì prossimo a
carico di 26 manifestanti, accusati di devastazione e
saccheggio nei giorni del G8. Il Palazzo di giustizia sarà blindato,
limitati gli accessi al pubblico e anche ai giornalisti e alle
telecamere (disposizioni stigmatizzate ieri dall’Associazione ligure e
dal gruppo cronisti), potenziate le forze dell’ordine (in
tutto, 700 uomini). La tensione è confermata dalle parole degli stessi
magistrati. «Il clima è brutto, il G8 è ancora una ferita
aperta», dichiara il procuratore aggiunto Giancarlo Pellegrino. Conferma
Francesco Lalla, procuratore capo: «C’è molta
attesa e anche tensione. Ci saranno, com’è giusto, adeguate misure di
sicurezza». Ma il deputato Paolo Cento (Verdi)
ammonisce: «Genova non può rivivere lo stesso "Stato di polizia" che fu
instaurato al G8».
I Disobbedienti hanno ribadito ieri, all’incontro organizzato nella sala
del consiglio comunale dai comitati Verità e giustizia e
Piazza Carlo Giuliani, di voler essere presenti: «Dobbiamo rivendicare
la pubblicità del processo». «C’è l’esigenza - dicono i
portavoce - che il corteo tocchi l’area del tribunale, che raggiunga
coloro che vogliono presenziare al processo e che saranno
lì per occupare i 100 posti disponibili». I manifestanti, a gruppi di
cento, si daranno il cambio, mettendo a dura prova la
macchina della sicurezza.
Le anime del movimento si sono misurate ieri nella sala rossa di Palazzo
Tursi, in un concerto a più voci in cui si sono alternati
fra gli altri Vittorio Agnoletto, Piero Bernocchi dei Cobas, i
parlamentari Francesco Martone (Verdi) e Graziella Mascia
(Rifondazione), don Alessandro Santoro della comunità delle Piagge di
Firenze, Raffaella Bolini dell’Arci, Alessandra Mecozzi
della Fiom-Cgil, i consiglieri comunali di Rifondazione comunista (che è
uscita dalla giunta di centrosinistra per la decisione
della giunta Pericu di costituirsi parte civile nel processo).
Considerazione condivisa da tutti: è in atto da parte della
magistratura e di alcuni settori politici la volontà di «rovesciare la
verità, trasformare le vittime in carnefici». Meno facile
l’affermazione, ma ribadita poi in un documento nel pomeriggio, che non
si possono fare distinzioni tra "buoni" e "cattivi" nel
movimento.
Agnoletto ha lanciato un durissimo attacco al sindaco Pericu, parlando
di «assordante silenzio» dell’amministrazione comunale
in particolare sull’archiviazione del procedimento per la morte di Carlo
Giuliani e per la costituzione di parte civile. «Non esiste
alcun assordante silenzio», ha replicato Pericu, ricordando il documento
politico approvato dalla giunta giovedì scorso in cui si
afferma tra l’altro che non sono ancora state individuate «le
responsabilità politiche e tecniche per quella che appare, in uno
scenario reso tragico dalla morte di Carlo Giuliani, una vera e propria
sospensione delle garanzie costituzionali alla Diaz come
a Bolzaneto». Viene ribadita anche la richiesta della commissione
parlamentare: «La costituzione di parte civile non può essere
intesa come rimozione dei giorni del luglio 2001 o peggio come
identificazione tra violenti e movimenti anti-globalizzazione».
Haidi e Giuliano Giuliani, genitori di Carlo, incontreranno domani il
sindaco: stanno lavorando per ottenere un ulteriore atto del
Comune, in grado di rasserenare il clima. Ma nel movimento c’è chi non
condivide quest’ultima trattativa.
Andrea Plebe
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