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I cattivi maestri della sinistra francese

Publie le domenica 7 marzo 2004 par Open-Publishing

La Repubblica

GIOVEDÌ, 04 MARZO 2004

PaAncor più desolante della notizia sono i ripetuti commenti che Le Monde ha dedicato, prima alla detenzione, e ieri alla scarcerazione di Cesare Battisti, arrestato il 10 febbraio, dopo che l’Italia ne aveva chiesto l’estradizione. Si tratta di un ex brigatista rosso, che ha sempre rifiutato di pentirsi, condannato all’ergastolo per quattro omicidi, tra cui quello del maresciallo della polizia penitenziaria, Antonio Santoro, ucciso a Udine il 6 giugno 1978. Arrestato poco dopo con i suoi complici, Cesare Battisti riuscì nel 1981 ad evadere dal carcere di Frosinone e a riparare in Nicaragua, fino a quando, nel 1990 trovò comodo rifugio, assieme ad altri 300 latitanti, sulle rive della Senna, dove Mitterrand, accogliendo terroristi italiani, baschi e tedeschi, sfuggiti alla giustizia dei loro paesi, inquinava e stravolgeva la tradizione della «France, terre d’asile», guadagnata allorquando ospitava gli esuli provenienti dall’Italia di Mussolini, dalla Germania di Hitler e dall’Urss di Stalin.

Nella latitanza parigina Battisti intuì che l’immagine dell’intellettuale era quella che nei paraggi del Quartiere latino poteva riuscire la più confortevole e sicura e si mise con successo a scrivere libri gialli, con una eccezione costituita da un racconto-memoria, intitolato con sincerità «L’ultimo sparo. Un delinquente comune nella guerriglia italiana» in cui ripercorreva la sua esperienza come militante del partito armato. Non avendolo letto non sappiamo se in esso era contenuto anche il volantino di rivendicazione dell’omicidio del povero maresciallo Santoro, che suonava così: «Colpendo l’aguzzino, vendichiamo le ingiurie passate, sosteniamo le lotte di oggi e sventiamo il progetto dei lager». Ma anche se fossero state pubblicate, queste righe non avrebbero certo scoraggiato Le Monde e una pattuglia di scrittori, da Daniel Pennac a Philippe Sollers, dallo scendere in campo a difesa del "collega" perseguitato. Ma anche dall’Italia non è mancata una complice solidarietà, soprattutto da parte del Manifesto e del romanziere Erri De Luca di cui Le Monde ha sovente ospitato la prosa. I lettori di quel giornale il più irreprensibile, per autorevolezza e serietà, hanno così potuto leggere che «l’Italia ha avuto bisogno delle scosse rivoluzionarie degli anni Settanta (e, cioè, degli anni di piombo del terrorismo, ndr) per acquisire una democrazia... conquistata sul terreno... dalla più forte sinistra rivoluzionaria dell’Occidente...

Questa generazione, alla quale ho preso parte - rivendica De Luca - è stata la più incarcerata della storia d’Italia, molto, molto di più, di quella incarcerata durante il ventennio fascista. Il primato si perpetua con pene senza fine che si prolungano ancora oggi contro la generazione dei vinti». Ieri, infine, Le Monde è tornato sulla questione, con un editoriale non firmato, chiedendo che l’estradizione sia negata per impedire che Battisti venga «sottoposto ad un giudizio politico... ammettendo che l’Europa del diritto e delle libertà cede il passo a quella delle connivenze ideologiche». Un’ultima, squallida notizia: nei giorni scorsi il segretario del partito socialista francese, Francois Holland, ha visitato in carcere l’imputato, scambiandolo, come ha scritto ironicamente Le Figaro, «per un combattente della libertà, minacciato di venir consegnato agli sgherri di un dittatore». In verità, dietro questa improvvida iniziativa, vi è la preoccupazione del Ps di perdere voti a sinistra (andrebbero ai trotzkisti) alle prossime regionali ed anche il risvolto della lotta interna tra correnti riformiste e massimaliste, accesasi dopo l’ultima sconfitta.
Tutto questo è sconfortante per più ragioni.

In primo luogo per il degrado culturale - direi, quasi, per lo stato mentale - di una parte non trascurabile della sinistra francese la quale, evidentemente, finge di ignorare che l’Italia si è liberata dal fascismo il 25 aprile del 1945, che negli anni Settanta non trionfava certo un regime alla Pinochet ma una democrazia che seppe battere il terrorismo senza venir meno alle garanzie costituzionali, che al giorno d’oggi quasi tutti i brigatisti, compresi gli assassini di Moro, sono fuori dalla galera o in stato di semilibertà, a condizione di aver manifestato il loro pentimento e, da ultimo, che il fenomeno, come provano gli assassinii di D’Antona e Biagi e gli arresti che ne sono seguiti, non è del tutto debellato. Ma serve ricordare queste cose ai Sollers, ai Pennac, al Consiglio comunale di Parigi che «ha preso sotto la sua protezione» un assassino che solo due anni orsono ha dichiarato di assumersi «le responsabilità politiche e militari di quelli che furono gli anni Settanta in Italia», aggiungendo, tanto per chiarire: «mi dichiaro colpevole e ne sono fiero»?

Al giudizio dissennato sull’Italia di ieri e sulla sua storia si accompagna, inoltre, una raffigurazione altrettanto stolta sull’Italia di oggi, le sue istituzioni, le sue leggi, la sua magistratura. L’ostilità politica per Berlusconi non spiega e non giustifica nulla. Solo un malcelato e sprezzante razzismo anti italiano, mischiato alla pappa ideologica sinistroide di cui si nutrono, può condurre ad assolvere i terroristi in quanto «giovani in preda a una contraddizione che li portò ad uccidere per difendere un’idea di giustizia e di libertà».

Che in seno alla sinistra d’Oltralpe abbiano corso tali assurdità non può lasciare indifferente la sinistra italiana e non solo quella riformista, che ha rapporti diretti con i socialisti francesi, ma anche chi, pur militando in schieramenti più alternativi, da Fausto Bertinotti a Rossana Rossanda, ha fatto ben altre riflessioni sul terrorismo e sulla violenza. Di ieri e di oggi.