Home > I consiglieri vogliono far fuori Annunziata
È rottura nel vertice di Viale Mazzini: la presidente Lucia Annunziata nel Cda ha rilanciato le
sue accuse sulle ingerenze di Berlusconi e la mancanza di pluralismo. I tre consiglieri, Alberoni,
Petroni e Veneziani l’hanno sfiduciata con un comunicato. Una richiesta di dimissioni o di ritirare
le accuse, alla quale Annunziata replica: dimettetevi voi, se non riconoscete il ruolo di un
consiglio di garanzia, rimettete il vostro mandato nelle mani dei Presidenti delle Camere che vi hanno
nominato.
La riunione del consiglio è durata appena un’ora, dalle tre del pomeriggio di martedì. È saltata
subito come la legge Gasparri alla Camera, nelle stesse ore. I toni erano durissimi nella sostanza
ma contenuti nel volume delle voci, raccontano. Lucia Annunziata ha ribadito quanto detto il
giorno prima alla Stampa estera: «Berlusconi alza il telefono e chiama i consiglieri d’amministrazione
per suggerire nomine ed influenzare le scelte sui programmi». Subito i consiglieri si sono
inalberati (assente perché malato Giorgio Rumi). Francesco Alberoni è stato il più «estremista»,
raccontano, avrebbe detto chiaro e tondo di «non avere più fiducia nella presidente»; Marcello Veneziani
fin dal giorno prima era il più irritato, ma avrebbe cercato di spostare la questione su un «basta
con queste esternazioni». E anche Angelo Maria Petroni (su di lui cadono i sospetti del filo
diretto con Palazzo Chigi-Grazioli) si sarebbe associato alla linea del «lavare i panni sporchi in
casa».
Lucia Annunziata, ormai in guerra aperta, ha letto un documento: «Come presidente di garanzia
intendo aprire una verifica sullo stato del pluralismo in Rai», affidandone il compito all’Autorità
per le Comunicazioni e alla commissione di Vigilanza. «Sono pronta a ribadire le mie affermazioni
nelle sedi istituzionali, persino in un Tribunale», afferma. Perché se la «goccia che ha fatto
traboccare il vaso» è stato il veto a Ferruccio De Bortoli per la striscia dopo il Tg1 delle 20, non
accetta più di finire da sola contro quattro (o cinque con il Dg Cattaneo) in difesa del pluralismo:
«Essere un Cda di garanzia in regime di conflitto d’interessi significa garantire l’autonomia
della Rai». E accusa i consiglieri: esercitando «sistematicamente il voto di maggioranza contro la
presidente in materia di pluralismo, voi per primi avete disatteso questa autonomia.
Questo consiglio
non garantisce il pluralismo», accusa Annunziata. «La formula del consiglio di garanzia non
esiste, è
un’invenzione», avrebbe detto Petroni, l’uomo di Forza Italia nel Cda. Un’invenzione di Pera e
Casini? La sfiducia, per dirla con il diessino Giulietti, «l’hanno data i consiglieri ai presidenti
delle Camere. Ma se salta Annunziata saltano tutti, Cattaneo compreso, altrimenti è un golpe
mediatico».
(l’Unità)