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I terratenientes dell’Alta Verapaz hanno dichiarato una guerra aperta alle comunità indigene

Publie le venerdì 28 maggio 2004 par Open-Publishing

In questi ultimi mesi i terratenientes dell’Alta Verapaz, una regione del Guatemala, hanno dichiarato una guerra aperta e senza frontiere alle comunità contadine indigene, tanto che sono in molti a dire che la situazione che si sta vivendo ricorda quella degli ultimi anni della lunga e devastante guerra interna. Così come i paragoni con la politica di genocidio della popolazione indigena attuata negli anni ottanta, tristemente nota come tierra arrasada, non sono tanto azzardati.

La situazione per la popolazione indigena di etnia q’eqchi’ che vive in questo dipartimento è quella di povertà estrema, analfabeta, senza accesso all’educazione e alla salute, e senza terra. La terra, che apparteneva loro prima dell’invasione spagnola, venne offerta a terratenientes locali e stranieri dai governi liberali dopo l’Indipendenza, mantenendo gli indigeni in condizioni di schiavitù, con un pezzetto di terra che non bastava neppure per la loro sussistenza e obbligati a lavorare nelle fincas come braccianti per un salario insignificante. Questa situazione è leggermente migliorata negli ultimi dieci anni, quando molte comunità sono riuscite ad ottenere il riconoscimento legale della terra in cui hanno sempre vissuto, grazie al lavoro delle organizzazioni contadine.

Ma oggi la situazione è drammatica: imprenditori e terratenientes, i cui interessi sono rappresentati dal nuovo governo di Oscar Berger, in carica da non più di sei mesi e già con venti sgomberi di terre occupate all’attivo, hanno iniziato la distruzione sistematica delle comunità indigene che lottano per veder riconosciuto il loro diritto alla terra e ad una vita dignitosa. Evidentemente, per lo stato guatemalteco, il diritto alla proprietà privata di pochi vale molto di più dei diritti fondamentali della maggioranza delle popolazione.

Da qualche mese a questa parte, si stanno effettuando desalojos (sgomberi) violenti ai danni delle comunità che lottano per vedere riconosciuto il loro diritto alla terra.

L’organismo giudiziale firma ordini di sgombero senza preoccuparsi di verificare chi sia il legittimo padrone del terreno, se sia proprietà privata o un appezzamento statale in disuso, e nemmeno scomodandosi per avvisare i contadini che stanno occupando quelle terre.

La polizia, armata fino ai denti, non lascia alla gente il tempo di raccogliere i pochi effetti personali e allontanarsi dal terreno in maniera pacifica, fomentando scontri con i contadini che hanno sempre la peggio: alla fine di ogni desalojos si contano sempre decine e decine di feriti, a causa del lancio di lacrimogeni ad altezza uomo o degli scontri corpo a corpo in cui i contadini hanno sempre la peggio, potendo per lo più difendersi con pietre e bastoni. Ma l’aspetto drammatico di tutta questa vicenda è che la violenza dei poliziotti si trasforma in barbarie, senza che i rappresentanti degli organismi atti a difendere i diritti umani vogliano o possano agire per tutelare le persone attaccate. Comunità intere vengono sgomberate, nonostante possiedano il titolo di proprietà della terra, con l’unica colpa di trovarsi limitrofe a quelle da sgomberare; anziani, donne e bambini maltrattati o impossibilitati a sfuggire ai gas lacrimogeni, rimangono feriti e intossicati; le povere case di legno e bambù, con tetto di paglia o di lamine, vengono incendiate e prendono fuoco in un attimo, causando la distruzione di tutte le appartenenze delle famiglie, quando queste non vengono rubate; gli animali da cortile ammazzati, i piccoli distributori comunitari di generi alimentari e di prima necessità saccheggiati, le scuole distrutte. L’artefice di tanto scempio è la Polizia Nazionale Civile, che di civile ha solo il nome.

Inoltre le comunità vicine, vendutesi per pochi soldi ai terratenientes, spesso partecipano attivamente agli sgomberi, appoggiando il lavoro di distruzione effettuato dalle forze dell’ordine fino a realizzare veri e propri desalojos extragiudiziali, ben lungi dal fornire aiuto e solidarietà ai fratelli indigeni nelle loro stesse condizioni di oppressione e sfruttamento.

Questa è la drammatica situazione che sta caratterizzando il paese e in particolare la regione dell’Alta Verapaz, mentre il governo non sta dimostrando nessun interesse per risolvere il problema della terra. Anzi, continua ad avvallare gli sgomberi che si effettuano settimanalmente e che lasciano in condizione disumane le migliaia di famiglie che ormai si trovano senza più casa, senza alimenti e vestiti, senza terra da coltivare: una vera e propria tragedia umanitaria.