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IL TERRORE DELL’ANTITERRORISMO

Publie le mercoledì 8 settembre 2004 par Open-Publishing

Editoriale di Radio città aperta

Mentre dagli ospedali dell’Ossezia continuano ad
arrivare i bollettini dei morti nel blitz delle teste
di cuoio, qualcuno comincia a porsi domande non
strumentali su quanto è accaduto nella scuola di
Beslan..

La giustificazione apposta dal presidente russo Putin
per procedere all’azione militare, è del tutto simile
a quella di molti altri capi di stato: gli ostaggi
morti sono danni collaterali, sono il prezzo da pagare
per non cedere al ricatto dei terroristi.
Ragionamenti come questi li abbiamo sentiti spesso
quando gli aerei americani bombardano l’Afganistan e
l’Iraq, quelli israeliani la striscia di Gaza o quando
si devastano i villaggi ceceni.

Li abbiamo sentiti dai leader spagnoli per rifiutare
ogni negoziato con il movimento di liberazione
nazionale basco o nell’Italia degli anni 70 e 80
governati dal partito della fermezza, un partito
trasversale che aveva fatto della lotta al terrorismo
la propria forma di legittimazione.

Il problema che sta emergendo drammaticamente è che la
cornice creata dall’11 settembre sta legalizzando il
ricorso sistematico alla violenza da parte dei
governi. In sostanza sta legittimando il terrorismo di
stato come unica forma di risposta ai problemi che
spesso, anche con atti di terrorismo, vengono
drammaticamente posti nell’agenda politica
internazionale. E’ forte, troppo forte, la versione
distribuita artatamente tesa a fare del terrorismo una
categoria indistinta e omogenea contro il quale
scatenare l’orrore morale e il terrorismo di stato
materiale. E’ invece necessario tenere distintele
diversità e cogliere le connessioni che impediscano ai
poteri forti del terrorismo di stato di gestire questa
fase storica di imbarbarimento.

E’ singolare la coincidenza tra questa azione e il
vertice trilaterale di Soci, sul Mar Nero tra Putin,
Schroeder e Chirac che si teneva proprio alla vigilia
dell’assalto alla scuola di Beslan. E’ evidente come
questa azione ­ da tutti targata come terrorismo
islamico ­ avesse l’obiettivo di mettere in difficoltà
il presidente russo Putin nei confronti del pressing
dell’amministrazione Bush sull’evoluzione della guerra
preventiva in Medio Oriente e nella configurazione
della nuova geografia mondiale del petrolio.
Che il secessionismo ceceno abbia potuto contare in
questi anni anche sui finanziamenti statunitensi ­ sia
in forma ufficiale, sia in quella parallela di alcune
organizzazioni islamiche o di oligarchi russi ma con
passaporto israeliano come Berezovski ­ non è una
novità.

Nè è sfuggita agli osservatori più attenti la stretta
connessione tra la questione cecena e il grande gioco
senza esclusioni di colpi in corso dalla metà degli
anni ’90 nella regione petrolifera del Caspio.
L’attività dei secessionisti ceceni era infatti
ripresa alla fine del 1998 con il duplice obiettivo di
rendere impraticabili gli oleodotti che dall’Asia
Centrale che transitano per la Russia per aprire la
strada agli oleodotti progettati dagli Stati Uniti e
di tenere sotto pressione Mosca.

Ma il grande gioco nel Caucaso, con il passare del
tempo, si è fatto sempre più sporco e pericoloso. Ha
coinvolto la Georgia che usa e sostiene la secessione
cecena in funzione antirussa e chiede di entrare nella
NATO, ha coinvolto clan ceceni, ingusceti e daghestani
nella ripartizione dei finanziamenti statunitensi con
l’obiettivo di mantenere un focolaio di tensione alle
frontiere meridionali della Russia. In tutto questo,
l’Islam c’entra assai poco e c’entra solo nella misura
in cui alcuni gruppi islamici che godono della fiducia
di Washington agiscono ad intermittenza: finiscono in
sonno quando non servono, organizzano attentati
clamorosi quando è necessario.

La partita che si sta giocando in queste ore in Russia
e Cecenia è sporca come tante altre ed è una partita
perfettamente inserita nel grande gioco di guerre e
interessi economici e geopolitici che ha già coinvolto
l’Afganistan, l’Iraq e i paesi petroliferi del Medio
Oriente e del Mar Caspio.

Siamo di fronte ad un imbarbarimento propedeutico alla
massima violenza rappresentata dalla guerra. I governi
che inviano i bombardieri a radere al suolo le città o
che inviano le teste di cuoio a decimare i commando
suicidi e i loro ostaggi, si sentono legittimati a
farlo dal clima generale della guerra preventiva e
dalla gara a dimostrare di saperla fare come e meglio
degli altri.

Qualcuno, decenni fa, sosteneva che le alternative per
l’umanità erano rappresentate dal socialismo o dalla
barbarie. Hanno lavorato sistematicamente per
liquidare il socialismo....adesso ci è rimasta solo la
barbarie.

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