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IRAQ - PER IL TERZO ANNIVERSARIO DEL GIORNO IN CUI LA PACE VENNE MESSA AL BANDO

Publie le lunedì 13 settembre 2004 par Open-Publishing

IRAQ 11/9/2004

PER IL TERZO ANNIVERSARIO DEL GIORNO IN CUI LA PACE VENNE MESSA AL BANDO /
Parte I
Peace/Justice, Standard

A Tall Afar, nel nord dell’Iraq, al confine con la Siria, 45 morti e 80
feriti dopo 13 ore di bombardamenti americani; a Fallujah, uno dei poli del
cosiddetto ’triangolo sunnita’, almeno 12 morti, inclusi 5 bambini e due
donne dopo una ripetuta serie di passaggi di aerei americani: è il bilancio
ufficiale dei raid statunitensi di ieri. Mentre è noto che martedì scorso il
conto ufficiale dei caduti statunitensi in Iraq ha superato i 1000 - 800 dei
quali tra i 18 e i 24 anni - non esistono dati precisi di alcuna fonte per
il totale delle vittime civili irachene da quando gli Stati Uniti e l’
Inghilterra - e una cosiddetta coalizione di altri Paesi - nel marzo 2003
avviarono la "guerra preventiva", ufficialmente motivata dalla presunta
presenza di ’armi di distruzione di massa’ in territorio iracheno. Un’
organizzazione che si fa chiamare ’Iraq body count’, e che ha una pagina in
internet piena di nuvole grigie e pioggia di bombe, calcola che i civili
iracheni uccisi siano un minimo di circa 12.000 e un massimo di quasi
14.000.

Ma un grande registro della clinica di Baghdad ’Sheik Omar’ ne
elenca da solo 10.363, tutti provenienti dalla capitale e dai centri vicini.
L’Iraq, oltre a quella di Baghdad, si compone di altre 17 province. Hazem
al-Radini, che rappresenta un’organizzazione irachena per i diritti umani,
sostiene che in base alle notizie diffuse dai mezzi d’informazione, il
totale delle vittime irachene deve essere ormai superiore a 30.000. Una
cifra sinistramente identica a quella delle prime stime successive al crollo
delle Torri Gemelle del World Trade Center a New York nel tragico settembre
di tre anni fa. Ma che senso ha oggi in Iraq qualsiasi totale di vittime,
sospettabile in ogni caso sia di voluti ridimensionamenti, su un fronte come
sull’altro, sia di ’gonfiamenti’ per pura propaganda contro o a favore dell’
una e dell’altra parte? Che senso possono avere questi macabri tentativi di
statistiche in un Paese in cui in un solo giorno, un giorno qualunque come
ieri, possono morire decine di persone per una guerra che al 1° maggio dell’
anno scorso era dichiarata ufficialmente conclusa?

Chi non ricorda il
’mission accomplished’, missione compiuta, pronunciato da un raggiante
George W.Bush - vestito da aviatore, lui che non era stato in Vietnam perché
dichiarato inabile al volo - sul ponte di una nave al largo della
California, pavesata con un grande striscione che ripeteva la stessa
altisonante affermazione? Siamo alla vigilia del terzo anniversario del
famoso 11 settembre 2001, la data in cui incominciò lo stravolgimento del
mondo che conoscevamo. Uno stravolgimento che sembra ora accentuarsi in modo
cronico, con una violenza cieca e inarrestabile a cui appaiono sempre più
insensibili e avvezzi troppi tra coloro che avrebbero il dovere di porla
invece sotto controllo. Spaventano, terrorizzano non solo e non tanto i
comportamenti di chi ha dichiaratamente scelto come arma il terrorismo
fondamentalista e la morte casuale e gratuita di chicchessia ma anche e
soprattutto la cecità di chi non sembra rendersi conto che - come ha
ricordato nei giorni scorsi il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente
del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace - "non basta uccidere
un terrorista; se ne possono uccidere cento, mille, ma non si viene a capo
del fenomeno se non si ricercano anche le radici, le cause, il malessere che
fanno da sfondo".

Torniamo alla cronaca dal fronte della "quarta guerra
mondiale", come per primo ha definito l’attuale stato del mondo, nel suo
ultimo libro, l’intellettuale neo-conservatore americano Norman Podhoretz.
Torniamo a una ’superficiale’ rassegna della sola giornata di ieri.
(continua) [MB]

IRAQ 11/9/2004
PER IL TERZO ANNIVERSARIO DEL GIORNO IN CUI LA PACE VENNE MESSA AL BANDO /
Parte II
Peace/Justice, Standard

In Afghanistan, obiettivo originario della "guerra al terrorismo"
rapidamente liquidato da Washington, in piena Kabul sono caduti ieri quattro
o cinque missili che miracolosamente hanno ferito ’soltanto’ una donna e un
bambino, quando mancherebbe appena un mese alla prima consultazione
elettorale. Nei Territori Palestinesi - Gaza e Cisgiordania che sono in
pratica ’enclaves’ di Israele - sono continuati i raid israeliani e poi, per
extra-misura di sicurezza dovuta alla grande festività ebraica di Yom
Kippur, sono stati chiusi fino a fine mese tutti i punti di ingresso e di
uscita pur indispensabili per la vita dei palestinesi. A Giakarta una decina
di indonesiani sono morti in un attentato contro l’ambasciata australiana
( che fa parte della ’coalizione’ in Iraq). In Pakistan, vicino al villaggio
di Dila Khula, verso il confine con l’Afghanistan, l’aviazione dice di aver
ucciso almeno 50 guerriglieri ceceni, uzbechi e arabi in un campo di
addestramento di ’al-Qaida’.

Con un filmato trasmesso da ’Al- Jazira’, il
medico egiziano Ayman al-Zawahri, ’accreditato’ della qualifica di primo
luogotenente di Usama ben Laden, ha detto a tutto il mondo che la sconfitta
degli americani in Iraq e Afghanistan "con l’aiuto di Allah, è solo
questione di tempo perché se continuano moriranno dissanguati e se si
ritirano perdono tutto". Dagli Stati Uniti contemporaneamente si apprendeva
che nel carcere iracheno di Abu Ghraib, quello famoso per le torture
inflitte ai prigionieri da militari americani, i detenuti - molti dei quali
"fantasma" perché mai ufficialmente registrati - erano soltanto comuni
civili non combattenti. In Iraq - dove in queste ore molte organizzazioni
non governative internazionali spaventate stanno andando via - ma "Medici
senza Frontiere" e quelle italiane intendono restare, come ha ribadito più
volte nelle ultime 48 ore il coordinatore nazionale Sergio Marelli - rimane
intanto non rivendicato né minimamente spiegato o comprensibile il sequestro
delle volontarie italiane Simona Pari e Simona Torretta dell’organizzazione
umanitaria "Un ponte per." , attiva a Baghdad dal 1991, e di altri due
operatori umanitari iracheni.

Nella luce di fiaccolate come quella di ieri
sera a Rimini, città della Pari, e stasera a Roma, dove in zona di Cinecittà
vive la famiglia della Torretta, il mondo intero si sta mobilitando in ogni
modo per la loro liberazione, dai bambini iracheni in Piazza del Paradiso a
Baghdad ai capi della Lega Araba a molti grandi politici di prestigio
internazionale come Kofi Annan e Romano Prodi . "Il cuore del mondo è con le
volontarie rapite" titola oggi a tutta pagina "L’Osservatore Romano",
quotidiano della Santa Sede. Senza fiaccole né esibizioni, al riparo anzi da
qualsiasi luce o voce indiscreta, allo stesso scopo stanno di sicuro
alacremente lavorando uomini dei servizi segreti e ’mediatori’ più o meno
anonimi. Per lo meno uguale impegno di uomini e mezzi è dispiegato per i due
giornalisti francesi che ugualmente restano sequestrati in Iraq. "Intanto è
da rilevare - scrive "L’Osservatore Romano" - un altro atto macabro: un sito
internet del gruppo denominato "Esercito islamico" ha pubblicato, ieri,
un’immagine del volto del giornalista italiano Enzo Baldoni, dopo la sua
uccisione".

Quest’ultima vergognosa iniziativa contribuisce per certi versi
a ricordare e sottolineare il mistero già da molti accantonato delle
circostanze e delle motivazioni dell’uccisione di Baldoni che, forse anche
perché avventuroso "free-lance" del tutto autonomo e indipendente, non poté
godere della mobilitazione popolare e della Società Civile che oggi
fortunatamente riguarda "le due Simone. In un messaggio diffuso in occasione
del XVIII Incontro Internazionale della Comunità di Sant’Egidio «Uomini e
Religioni» svoltosi dal 5 al 7 settembre a Milano sul tema "Il coraggio di
un nuovo umanesimo", Papa Giovanni Paolo II si chiedeva: "Il mondo sta forse
abbandonando la speranza di raggiungere la pace?" e aggiungeva: " Si ha a
volte l’impressione di una progressiva assuefazione all’uso della violenza e
allo spargimento di sangue innocente.

C’è bisogno del coraggio di
globalizzare la solidarietà e la pace... La guerra è da considerarsi sempre
una sconfitta: una sconfitta della ragione e dell’umanità. Il mondo ha
bisogno di pace." Più che mai, più che mai, visto il modo in cui sta vivendo
la vigilia del terzo anniversario del cosiddetto 9/11. Quel "911" che il
regista americano Michael Moore, ricordando un celebre film del francese
Francois Truffaut, ha associato nel titolo alle temperature espresse in
gradi Farenheit. A 411 gradi Farenheit (211 centigradi Celsius), ricordava
il film francese, bruciano i libri, si distruggono libertà e sapere umano; e
sembrava già terrorizzante. Che cosa può mai salvarsi se il mondo raggiunge
e mantiene una febbre di 911 Farenheit? (Pietro Mariano Benni)
[MB]

misna