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ITALIA-LIBIA : perché dire no agli accordi

Publie le mercoledì 6 ottobre 2004 par Open-Publishing

Dazibao


di Gianfranco Schiavone

Tutte le dottrine giuridico-politiche, sia di matrice progressista che conservatrice,
sono concordi nel considerare basilare che in un ordinamento democratico l’operato
della polizia venga sottoposto a una precisa giurisdizione, ovvero a un sistema
di regole e di controlli che permettano sempre di distinguere, attraverso procedure
formalizzate, l’uso legittimo della forza da violenze e atti arbitrari. L’assunzione
di accordi internazionali che prevedano operazioni congiunte di polizia tra l’Italia
e altri paesi che incidano sulla libertà e sui diritti soggettivi di cittadini
o di stranieri può avvenire quindi solo tra l’Italia e paesi aventi un ordinamento
giuridico democratico analogo o simile a quello italiano.

E’ altresì evidente che tali accordi non possono essere assunti sulla base di semplici decisioni dell’esecutivo ma debbono essere stabiliti dal legislatore. In conformità con i principi costituzionali, solo la legge può quindi intervenire, prevedendo adeguate procedure e garanzie, a regolare un campo delicatissimo nel quale sono in gioco il rispetto di principi basilari dell’ordinamento giuridico democratico. I convulsi accordi intergovernativi italo-libici per il contrasto all’immigrazione irregolare di queste settimane (accordi completamente sottratti alla potestà del parlamento) ci rimandano un’immagine scioccante.

Si discute di operazioni di polizia congiunte, di mezzi e uomini che verranno forniti dall’Italia alla Libia, dell’allestimento nel territorio libico, tramite mezzi e denaro pubblico italiano, di campi di internamento nel deserto, rivolti a stranieri respinti dall’Italia. Quale giurisdizione coprirà tali operazioni di polizia congiunte? Quali saranno i sistemi di controllo? Quale sistema di garanzie potrà invocare l’ipotetica vittima di un abuso? A chi si potrà rivolgere? Quale giurisdizione sarà competente per la difesa dei suoi diritti? Si tratta di domande destinate tutte a rimanere senza risposta. La Libia è un paese con un ordinamento giuridico assolutamente difforme da quello italiano ed europeo. Non sono previste chiare garanzie a tutela di quei diritti dell’individuo che sono invece alla base dei sistemi giuridici europei. Non solo: la Libia è ancora un paese nel quale sono registrate frequenti violazioni dei diritti umani fondamentali: omicidi extragiudiziali, torture, sparizioni fanno parte di un triste quadro documentato da tutte le agenzie internazionali.

In un tale quadro di assenza completa di garanzie nessun accordo di cooperazione di polizia tra Italia e Libia può considerarsi legittimo. Tra gli aspetti più gravi si consideri la protezione dei rifugiati: la Libia non ha neppure ratificato la convenzione di Ginevra del 1951 sullo status dei rifugiati. Ciò vuol dire che dei potenziali rifugiati che non hanno avuto accesso alla procedura di asilo in Italia perché respinti come clandestini (in violazione delle norme italiane) una volta approdati in Libia e internati nei campi (con l’aiuto della polizia italiana?) non potranno ricevere alcuna forma di protezione e saranno rimpatriati verso i paesi dai quali sono fuggiti.

Sotto il profilo della violazione delle norme di tutela dei diritti umani fondamentali, cui l’Italia e l’Europa sono vincolati, gli accordi italo-libici costituiscono un evento di una gravità senza precedenti nella storia dell’Europa degli ultimi decenni in quanto sovvertono principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico democratico, che è costituzionalmente orientato alla promozione e allo sviluppo dei diritti della persona. La percezione della gravità di quanto sta avvenendo rischia tuttavia di sfuggire a molti in quanto si tratta di avvenimenti che avvengono «altrove», fuori dal territorio europeo, in luoghi inaccessibili e lontani dai quali nessuna immagine giungerà sugli schermi italiani ed europei. Uno scatto di consapevolezza democratica in Italia e in Europa è assolutamente necessario, affinché gli accordi italo-libici siano immediatamente bloccati.

http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/05-Ottobre-2004/art41.html