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Ieri i Partigiani della Pace, oggi i no-global
Publie le venerdì 30 gennaio 2004 par Open-Publishing(...) Forse una riflessione sul quel movimento dei Partigiani della Pace
può costituire un contributo alla discussione in corso su violenza e non
violenza nella lotta politica contro le centrali capitaliste dell’attuale
fase della storia.
Quel movimento si proponeva due obbiettivi: la messa al bando dell’arma
atomica che era stata usata in modo criminale a Nagasaki e Hiroshima; la
distensione attraverso "l’incontro dei 5 grandi" cioè dei titolari di un
seggio del consiglio di sicurezza dell’ONU per vincere la pace dopo che si
era vinta la guerra.
Ma non solo gli obbiettivi erano pacifisti, ma anche il mezzo di
mobilitazione fondamentale di diecine e diecine di milioni di persone
specialmente nei paesi occidentali (in Europa, negli Usa ecc….) era
rappresentato dalla più pacifica e non violenta pratica, cioè quella della
raccolta delle firme, sostenute da grandi manifestazioni di massa
pacifiche. Il movimento era sostenuto da importati iniziative politiche
nell’ambito delle istituzioni locali e aprì un ampio dialogo tra forze
politiche diverse comunisti, socialisti, cattoliche ecc. Nel mezzogiorno e
in Sicilia aderirono per il comitato della pace sacerdoti, esponenti
persino del movimento separatista e di quello anarchico.
Questo movimento ebbe come risultato positivo un ripudio di massa dell’uso
delle armi di distruzione che ancora rimane nella coscienza popolare,
impedì di fatto l’uso preventivo della bomba atomica nello scontro tra
paesi capitalistici e l’Unione Sovietica.
Nel movimento comunista questa linea fu avversata da coloro che volevano
riprendere la lotta armata come in Grecia, o da coloro che pensavano al
movimento per la pace come un fatto momentaneo e strumentale, mentre invece
bisognava porre mano alla ricostruzione di quella internazionale comunista
che aveva fatto della lotta armata per il potere il cardine e il punto di
sbocco della sua politica.
La costituzione del "Cominform" costituiva un primo passo verso una ripresa
di questa linea e la proposta di Stalin di nominare Togliatti a capo della
Cominform tendeva a dare a questo organismo un ruolo conforme a una
tradizione che era stata giustamente abbandonata...
Da allora è passato più di mezzo secolo e oggi la situazione è
profondamente mutata anche per la resa del gruppo dirigente dell’Unione
Sovietica di fronte alla strapotere militare dell’America di Reagan ( si
veda la conclusione dell’articolo di Raniero Della Valle) capace di
scatenare la guerra atomica preventiva.
Continuano ad esistere le contraddizioni fondamentali su cui ha operato il
movimento comunista nei primi 150 anni della sua esistenza. La
contraddizione derivante dalla alienazione del lavoro salariato e la
contraddizione derivante dallo sviluppo ineguale (questione nazionale,
coloniale, agraria ecc…).
Queste contraddizioni si mantengono anche se si presentano in forme
completamente nuove in tutti i luoghi di produzione, nel contesto delle
relazioni tra sviluppo e sottosviluppo, nel rapporto tra Nazioni fortemente
influenzate e sostenute dagli ideali e dallo stato dato dalla rivoluzione
di ottobre e che hanno portato a processi di decolonializzazione e di
indipendenza a partire dalla Cina e dall’India, fino alla vittoria di
Nelson Mandela contro il razzismo in Sud Africa, che chiude un periodo
della storia dell’umanità iniziata con la scoperta dell’America nel 1492.
Ma avvertivano che due (non una!) contraddizioni oggi si presentano con
caratteristiche nuove la questione della guerra e la questione
dell’ambiente. La questione della guerra sempre presente nella teoria e
nell’azione dei movimenti originati dal Manifesto del 1848, ha assunto a
seguito della guerra fredda e dello sviluppo tecnologico degli armamenti,
caratteristiche nuove: da un lato per la prima volta nella nostra epoca,
l’umanità, come è stato più volte, ha nelle sue mani armi che possono
provocare la distruzione di se stessa e delle attuali forme di vita sul
pianeta; dall’altro il lungo periodo di guerre e guerreggiate e il lungo
periodo di guerra fredda hanno legato in maniera pressoché indissolubile le
sorti dell’economia capitalistica alla produzione di armi e alla ricerca
scientifica ad essa collegata. L’economia militare è diventata perciò il
perno e lo strumento di regolazione del ciclo economico, la principale
fonte per la ricerca scientifica (a cui viene destinata gran parte delle
risorse pubbliche posseduta dai paesi più industrializzati): diviene così
il regolatore della stessa vira sociale e politica, in quanto a protezione
del sistema militare vengono allestiti enormi apparati di servizi segreti
che finiscono col condizionare l’intera vita associata svuotando il
contenuto democratico delle istituzioni della democrazia occidentale. E
cosi siamo arrivati attuale fase della guerra preventiva e infinita di
Bush, che giustamente viene vista come il pericolo più imminente e
incombente.
Ma esiste un’altra grande contraddizione che non era presente nella
coscienza e nell’effettiva realtà di un secolo e mezzo fa o di solo 50 anni
fa, ed è costituita dalla questione ambientale generata dallo sviluppo
produttivo affidata alla legge del profitto;
Essa risulta evidente ogni giorno di più attraverso l’inquinamento
dell’aria, della terra e dell’acqua, l’effetto serra, i processi di
deforestazione massiccia, la desertificazione con la riduzione delle
risorse idriche e la loro privatizzazione, ed è prodotta soprattutto da un
modello di sviluppo energetico basato sul carbone e sul petrolio e su altre
fonti non rinnovabili, che riversano nell’atmosfera i composti del carbone
che la natura nel corso di milioni di secoli aveva immagazzinato nelle
viscere della terra rendendo possibile la vita come oggi la conosciamo sul
nostro pianeta...
L’assunzione della questione ambientale da parte del movimento comunista e
da parte del movimento no-global dell’Europa occidentale (l’ambientalismo è
essenzialmente non violento in tutte le sue manifestazioni teoriche e
pratiche) rende più valida l’affermazione di Bertinotti quando dice: " io
non ritengo che la non violenza sia una categoria etica, dunque applicabile
in ogni tempo ed in ogni luogo. Ciò che affermo e che hic et nunc, cioè
nella politica oggi, la non violenza è l’unica modalità per esprimere tutta
la radicalità dei bisogni che si oppongono alla nuova società capitalistica".
Liberazione