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Il "Comandante" spaventa le Olimpiadi

Publie le martedì 10 agosto 2004 par Open-Publishing

di Vito Scalisi

Il Cio chiede la rimozione dei ritratti di Fidel Castro e di "Che" Guevara dal villaggio. Cuba: «Sono i nostri simboli». Si rischia l’incidente diplomatico

Il "Che" fa ancora paura. Anche se solo ritratto. E’ scoppiato un vero e proprio caso diplomatico, ieri, ad Atene attorno a due drappi raffiguranti Ernesto Che Guevara e Fidel Castro, ripresi mentre giocano una partita a scacchi. La delegazione cubana li aveva fatti scendere, orgogliosamente, dal terzo piano della palazzina che li ospita.

In attesa dell’arrivo delle grandi star olimpiche, Castro e il "comandante" erano così divenuti le maggiori attrazioni del villaggio olimpico. Ma i membri del Comitato olimpico (Cio) non hanno gradito: «E’ propaganda poltica». Guardandosi bene dal muovere pedine, in un primo momento, contro l’immagine di Castro, sotto accusa è finito il ritratto del "Che". «Quel murales va rimosso», è stata la disposizione del Comitato riunitosi precipitosamente. Scacco alla regina. Il "Che" non c’è più, e il villaggio può dormire sonni tranquilli. Castro però è ancora lì, da solo a giocare la sua partita a scacchi. Troppo solo. Il Cio sensibile a quella solitudine, ordina che anche Castro venga rimosso. Si tocca il fondo. Nel frattempo il "Che" ricompare, su un altro lato della palazzina della delegazione cubana, mettendo sotto scacco tutti i membri del Cio. E’ l’epilogo della giornata.

La presenza delle foto è stata voluta dagli stessi dirigenti cubani. «Tutti quelli che passano qui commentano le immagini e scattano foto», afferma lo schermitore cubano Candido Campo. «Si tratta di due grandi figure per Cuba», spiega. «La rivoluzione vuole stimolare a Cuba - continua - la pratica degli scacchi, per sviluppare il pensiero, il ragionamento e le capacità intellettuali».

Il villaggio è stato in pochi giorni invaso da bandiere e vessilli di tutte le nazioni partecipanti. Tutti eccetto americani e israeliani che cercano di passare inosservati, sgattaiolando tra le strade. Palazzine bianche le loro. Le uniche prive di colori e musica. E’ un destino beffardo quello che vede i giganti dell’atletica costretti a non mostrare le loro stelle e le loro strisce.

Arrivare al villaggio olimpico, situato nel distretto di Lekanes Acharnon, non è semplice. Bisogna superare due posti di blocco, con agenti di polizia e soldati armati. All’interno il percorso si snoda attorno a tutte le palazzine, ciascuna delle quali ha i suoi significati e contiene storie da raccontare. I messicani segnalano che le loro palazzine sono rigorosamente divise tra quelle riservate agli uomini e quelle per le donne. I britannici hanno piazzato una cabina telefonica rossa come quelle di Londra davanti all’ingresso della palazzina, ma non gradiscono che qualcuno scatti fotografie e minacciano di chiamare la polizia. Gli australiani hanno steso un tappeto di finta erba davanti l’ingresso. E mentre gli italiani mostrano il tricolore, gli svizzeri hanno costruito un’enorme mucca di cartapesta, con bandana rossa e la scritta "one team, one spirit". Nella zona Andromeda, in attesa dell’arrivo degli atleti, un uomo sta attaccando all’ingresso di un edificio la bandiera dell’Iraq. Girato l’angolo c’è la struttura dove sta la Palestina, e anche lì c’è una bandiera da sistemare. Infine i cubani. ll loro residence, ribattezzato «dei barbudos», è l’ultimo della zona F Orion, a nord del villaggio. «Nessuno vuole mai stargli accanto, sono rumorosi e se la spassano troppo la sera», dice un addetto olimpico. Una grande festa per loro, fieri anche di un passato olimpico di tutto rispetto. La bandiera cubana è l’unica, tra le nazioni piccole e povere, ad aver sempre figurato, dal 1976 al 2000, tra le prime dieci nella tabella delle medaglie di questi appuntamenti. A questa decima presenza nei Giochi Olimpici, arrivano con un "tesoro" di 56 medaglie d’oro, 46 d’argento e 41 di bronzo. L’attenzione del comitato è ricaduta proprio su di loro e nel loro "comandante". In quel ritratto, nel suo volto, nelle sue mani, hanno visto un potenziale pericolo, una minaccia all’immagine della stessa Atene. Le Olimpiadi blindate, invase da militari e da casi doping - sei solo ieri - hanno paura di chi lottò per i diritti dei popoli.

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