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Il Comune e il G8 Costituirsi contro i no global significa umiliare il movimento
Publie le martedì 17 febbraio 2004 par Open-PublishingIl Comune di Genova si è costituito parte civile contro i 26 manifestanti accusati di devastazione
e saccheggio durante il G8. Giovedì i no global hanno invaso la sala rossa di Tursi per protesta.
Sul caso interviene don Andrea Gallo della Comunità San Benedetto.
È sorprendente, a mio avviso, la solerte decisione della "mia" giunta comunale di entrare
"direttamente" nella vicenda giudiziaria, sedendosi indisturbati al banco degli "accusatori" di ragazzi
verso i quali sono ancora tutte da dimostrare le responsabilità civili e penali relative a quei
tristi fatti.
A Genova, nel luglio 2001, c’è stata devastazione e anche il "saccheggio". È vero!
Sono pronti i 26 capri espiatori? I Black Bloc sono stati un fenomeno inquietante. Sono giunti
"indisturbati" dal Nord Europa, con la presentazione dettagliata di una circolare del Capo della
Polizia De Gennaro, con la loro "macabra" danza della guerra sotto i vigili sguardi della forza
pubblica, per poi... scomparire nel "nulla": ricordo benissimo il loro "vandalico""mordi e fuggi"
coinvolgendo altre teste calde.
Inoltre, quanti illustri rappresentanti dello Stato sono stati partecipi e protagonisti di quel
disastro?
Non c’è forse responsabilità grave del governo Berlusconi per non aver istituito immediatamente la
commissione parlamentare d’inchiesta con pieni poteri? Tutto è caduto nel nulla!
Cari amici e compagni di giunta vogliamo finalmente fare chiarezza? Non potete sfuggire ad una
“riflessione politica”.
Non fatevi illusioni.
È irrinunciabile un dialogo franco e sincero, se veramente si dice di avere a cuore la “crescita”
di questa città.
Questa inaspettata delibera è stata definita un atto “opportuno”, doveroso e si continua a
considerarlo un “atto non politico”.
Cosa c’entra l’opportunità?
Per colpire i veri colpevoli dei saccheggi? Non credo proprio!
Allora, a chi giova? Al Fascismo perenne in libera uscita, direbbe Giorgio Bocca. Infatti, dai
banchi immacolati della maggioranza berlusconiana si riaccende l’ostilità nefasta nei confronti del
movimento, dei centri sociali, dei giovani che si fanno alcune domande.
Si vuole ancora reprimere, rimuovere, umiliare un movimento che parte dal basso e politicamente
sia a livello locale
che globale persegue il grande segno di un nuovo mondo della giustizia per tutti. Non si può
sostenere che la delibera non sia un “atto politico”.
Basta constatare la immediata “ricaduta” che ha avuto in un pezzo consistente di questa città.
La delibera, così com’è nella sua apparente innocenza e coerenza è la firma infelice di un
irreparabile “divorzio” con chi vuole ancora aver fiducia nelle Istituzioni e nei partiti democratici.
Non cadiamo nel tranello, che questa sia un’ennesima trappola di Rifondazione Comunista in cerca
di consensi.
Nulla di più falso. L’occupazione della Sala Rossa, che personalmente avrei preferito fosse stata
“evitata” o meglio organizzata nello spazio riservato al pubblico, non autorizza nessuno
a chiudere gli occhi sui veri significati della protesta.
Possibile non recepire che questo è uno dei segni di tensione sociale che attraversa la città
intera? Un’insofferenza diffusa che va dai problemi dei lavoratori dell’Ilva, dei Trasporti, della
Scuola, della Sanità, dei Vigili
del Fuoco, dei disoccupati, dell’aumento del disagio e delle
nuove povertà e della emarginazione.
In ogni caso, capire cosa pensa questa generazione della vita, della società, dell’agire politico
fondamentale. C’è una intera generazione che percepisce l’assenza di futuro e la decadenza della
classe politica. È una percezione non necessariamente cosciente, ma radicale. Non ci può essere una
politica indifferente, iperattiva e lontanissima nei suoi alti cieli sui quali si è già deciso.
Auspico democraticamente un “ripensamento”, una saggia mediazione. Aprire un coraggioso dibattito,
prima che si giunga ad una esasperazione degli animi.
La ferita del G8 è ancora aperta. La magistratura va rispettata nei suoi procedimenti giudiziari.
Non è però sufficiente per una città che sta ricostruendo, con forza e coraggio, in tutti settori,
il suo nuovo volto, una sua nuova immagine. Ben venga un ragionamento sulla violenza, senza un
comportamento di politica dell’omertà. Non giova a nessuno. La ricerca dell’oggettività, richiede
fatica, onestà intellettuale, rigore morale e passione civile. Prendiamo le mosse dalla
militarizzazione e umiliazione della nostra Genova: porto chiuso, aeroporto presidiato, stazioni ferroviarie
bloccate, negozi barricati. E soprattutto è saltata la “legalità”, con numerosi e gravi episodi di
“squadrismo di Stato” culminato nella tortura degli arrestati.
Cittadini in divisa hanno sperimentato il “potere puro”, l’arbitrio assoluto. Dov’era il ministro
ministro degli Interni? Quale funzione esercitava il vice presidente
del Consiglio al Forte San Giuliano?
Genova può ancora elaborare una “cultura, nuova per le
pratiche della convivenza democratica”, anche con nuove proposte di legge. Nessuna demonizzazione
delle forze di Polizia.
Non crederò mai che le forze dell’ordine improvvisamente, in quei giorni, fossero diventate
“tutte” “scriteriate”.
Iniziamo, il percorso da via Tolemaide del venerdì, per spiegarsi l’imboscata e la “caccia
all’uomo” del sabato con la sciagurata conclusione alla Diaz.
Infine, la magistratura ha archiviato piazza Alimonda. La
città non può “rimuovere” l’uccisione di Carlo Giuliani. Questo ragazzo è “uno di noi”. È un
giovane di una minoranza sì, ma una minoranza consistente, con ancora una profonda aspirazione alla
libertà e alla stessa non violenza. Credetemi.
Questo “soggetto politico” vuole confrontarsi. Quale deve essere la nostra “accoglienza”?
L’opposizione, i benpensanti, alcuni intellettuali organici, vi stringono d’assedio e vi aspettano
al varco: “non cedete alla piazza”, vi urlano. Non ascoltateli!
Reagiscono oltraggiosamente, perché si sentono smascherati.
Riprendiamo il filone del dialogo, dell’incontro, dell’approfondimento
sui temi del principio costitutivo e istitutivo della non violenza, della Pace, della
partecipazione democratica.
Si sappia, da tutti, che si può accedere al Palazzo comunale senza bellicosità. Ancora una volta
Genova può diventare un laboratorio politico-culturale.
Qui non parla un vecchio prete di strada che brontola e contesta una legittima delibera, è la voce
di tanti giovani. Essi attendono segni più chiari, sperano, lottano, soffrono troppo delle
ingiustizie.
Non accettano più l’assenza di futuro. Volete deluderli?