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Il Venditore. Storia di Silvio Berlusconi e della Fininvest

Publie le domenica 1 agosto 2004 par Open-Publishing

Il Venditore. Storia di Silvio Berlusconi e della Fininvest

Potrebbe essere letto come una variante postdatata del brechtiano La resistibile ascesa di Arturo Ui o come il romanzo di formazione di un tycoon all’italiana, uno che ha fatto i soldi, un mare di soldi, con la cosiddetta Prima Repubblica e da quelle macerie è risorto nello splendore metamorfico ora del Grande Fratello e del Cavaliere Nero ora invece del Padre della Patria e dell’Unto del Signore. Tuttavia, si intitola semplicemente Il Venditore. Storia di Silvio Berlusconi e della Fininvest (Garzanti, pp. 253, € 14) la biografia che Giuseppe Fiori (scomparso a ottant’anni nel 2003) gli aveva dedicato nove anni fa e che adesso torna in libreria con la partecipe introduzione di Corrado Stajano; il quale annota: «Berlusconi è un potente del vecchio regime, la prima repubblica, è diventato potente proprio grazie a quel regime.

Soltanto con avalli politici riesce a costruire il suo patrimonio mediatico beffando e violando la legge, facendosi fare le leggi come da un sarto, sulla misura di quel che gli è utile. E quando potrà disporre in proprio del potere politico, preparerà da sé - o meglio sarà la centuria dei suoi avvocati ad assumersene l’onere - le leggi che gli servono per imbrigliare la legge dannosa per il suo interesse privato, cancellarla, vanificarla.» Limite cronologico della biografia è appunto il `94, l’anno della celebre discesa in campo, come il premier la chiama nella sua lingua di plastica; di lì, in retrospettiva, si profilano la genesi oscura e le tappe di un destino che ha presto cadenza imperiale: gli esordi da palazzinaro, le holding costruite a scatola cinese, la militanza nella P2 e l’ingaggio di stallieri mafiosi; poi la Fininvest e l’invasione dell’etere, l’amicizia di ferro con Craxi, la legge Mammì dettata al parlamento come fosse davvero un bivacco di manipoli; infine il calcio, l’ideologia pubblicitaria, l’ingresso in politica quale piena espressione del capitalismo neodarwiniano e del pensiero unico neoliberista. A un decennio di distanza, il volume di Fiori non ha purtroppo perso nulla della sua attualità e rimane tuttora una lettura appassionante, per certi versi accorante.

L’ex biografo di Gramsci, di Berlinguer, di Emilio Lussu, firmatario di innumerevoli inchieste politico-culturali, è disposto a chinarsi sopra una materia così etimologicamente scabrosa col rigore documentario e la chiarezza analitica che gli sono tipici: evita infatti lo stile gridato e le scorciatoie del pamphlet, si concentra sui fatti e sui documenti, li passa al vaglio, ne aggiunge di nuovi. Straordinariamente limpida (anche perché fondata sulla personale esperienza di parlamentare della Sinistra indipendente) è in particolare la ricostruzione del varo della legge Mammì, prima grave ingiuria alla Costituzione repubblicana e pietra angolare di un potere mediatico già virtualmente spendibile, quanto al senso comune, in potere politico. Il potere di uno che ha sempre avuto le idee chiare circa i propri clienti televisivi, oggi elettori, riuscendone a plasmare valori/comportamenti/linguaggi(segue)

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