Home > Il "cement gate" palestinese
di Giacomo Orlandini
Cemento egiziano per la costruzione del muro in Cisgiordania, venduto ad Israele tramite imprese palestinesi. Il tutto sotto gli occhi di alcuni ministri dell’ANP.
È quello che emerge da un rapporto del Parlamento palestinese, frutto di una commissione di inchiesta durata sette mesi e ora al vaglio della magistratura. Secondo il Rapporto, tre imprese palestinesi, hanno venduto in Israele il cemento acquistato, a basso costo, dall’Egitto e destinato alla ricostruzione dei territori palestinesi.
Le imprese egiziane, da quanto emerge dal Rapporto, avevano venduto, tra il settembre 2003 e marzo 2004, circa 420.000 tonnellate di cemento a queste imprese ad un prezzo scontato (22 dallari a tonnellata) per aiutare la ricostruzione di alcune aree palestinesi. Di queste 420.000 tonnellate solo 33.000 sono state riversate sul mercato palestinese.
Le restanti, secondo il rapporto, sono state caricate sui camion delle imprese diretti verso il valico di Al Oujeh e da lì portate nelle zone di costruzione del muro.
Il rapporto non fa menzione del guadagno ottenuto dalle compagnie, ma sembra sia molto alto considerato che il cemento sul mercato palestinese può raggiungere i 100 dollari la tonnellata.
Il grande accusato è il Ministro dell’economia nazionale palestinese, Maher al Masri, colpevole di aver agevolato le operazioni non controllando la destinazione del cemento e continuando a fornire le necessarie autorizzazioni alle imprese in questione.
Tra i ministri coinvolti c’è anche Il Ministro per gli Affari civili, Jamil Tariffi, la cui famiglia detiene una delle imprese coinvolte, la Tarifi Ready-Made Cement Company, già accusato nel 1998 di abusare della sua posizione per favorire la sua compagnia.
Anche il presidente dell’ANP, Yasser Arafat sembra essere implicato nella vicenda. Secondo il rapporto, infatti, l’autorità di controllo palestinese aveva inviato, il 3 novembre 2003, una lettera al Presidente che rivelava che Maher al-Masri aveva concesso alla Tarifi Ready-Made Cement Company la licenza per importare 20.000 tonnellate di cemento che probabilmente sarebbero state usate per la costruzione della barriera.
Secondo uno dei relatori del Rapporto, Hasan Khreisheh, il Presidente palestinese non avrebbe preso nessun serio provvedimento per bloccare le importazioni che sono continuate per altri 5 mesi.
Khreisheh, membro del parlamento e noto per essere uno dei maggiori critici verso la leadership di Arafat e la corruzione dell’ANP, accusa tutto il governo palestinese che avrebbe dovuto controllare la destinazione ed impedire l’importazione di quantità superiori alle quote stabilite.
Al-Masri ha ammesso che parte del cemento è stato trasportato in Israele, ma anche che è stato tutto amplificato. "C’è una esagerazione, lo scopo è quello di infangare la mia reputazione" ha dichiarato al Daily Telegraph.
Dal canto suo Arafat, tramite un suo portavoce ha dichiarato di non voler commentare perché la questione è ora nelle mani della magistratura.
Il rapporto è stato il frutto di un’inchiesta durata sette mesi innescata dalla denuncia della stampa egiziana che aveva messo in luce, lo scorso febbraio, come il cemento importato dall’Egitto veniva lavorato nel villaggio palestinese di Abu Dis e poi usato per costruire gli insediamenti e il muro israeliani. La televisione israeliana aveva anche mostrato come i camion pieni di cemento raggiungevano l’insediamento di Ma’ale Adumim, ad est di Gerusalemme.
La commissione di inchiesta istituita dall’Autorità palestinese che, però, ha sempre negato ogni suo coinvolgimento è stata resa nota dal giornale giordano Ad Dustour.
Un nuovo duro colpo per l’ANP, alle prese con le lotte intestine e con le accuse di corruzione che la settimana scorsa hanno portato in piazza migliaia di palestinesi a protestare contro la nomina del cugino di Arafat, Moussa Arafat, a capo della sicurezza nella Striscia di Gaza, immediatamente deposto dal Presidente.