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Il convegno I legali: contestati reati abnormi

Publie le lunedì 1 marzo 2004 par Open-Publishing

«Dobbiamo avere il coraggio di stare affianco a quei 26 ragazzi sino
alla fine: insieme a loro, sul banco degli imputati, ci sarà
anche Carlo». Un lungo applauso rompe il silenzio carico di commozione.
Le parole scandite da Haidi Giuliani al termine del
convegno no global, ieri alla sala Cambiaso, risuonano come il
"manifesto" del movimento in vista del processo di domani a
ventisei manifestanti del G8. Il comitato Verità e Giustizia ha riunito
alla sala Cambiaso giuristi ed esperti del movimento per
esaminare le implicazioni tecniche e politiche del processo ai no global
accusati di devastazione e saccheggio.

«È l’ultima occasione per affrontare in sede giudiziaria le
responsabilità relative alla gestione dell’ordine pubblico», dice
Emanuele Tambuscio, relatore al convegno e difensore di Antonio Fiandra,
uno dei 26 alla sbarra. «Temo però - ha aggiunto
il legale del Gsf - che non ci sia la volontà né politica né della
Procura di andare oltre i semplici episodi dei singoli imputati».
Sui quali incombe la pesante accusa di devastazione e saccheggio: «Un
reato (articolo 419 del codice penale) che prevede da
otto a quindici anni di reclusione e che è stato applicato di rado nella
storia del nostro ordinamento», ricorda Riccardo
Passeggi, difensore dei no global per i fatti delle scuola Diaz e della
caserma di Bolzaneto.

«L’impostazione del processo è preoccupante, il reato indicato abnorme»,
attacca Lorenzo Guadagnucci, moderatore del
dibattito di ieri nella sede della circoscrizione Centro Est: «Sono uno
dei feriti della Diaz, ho visto i poliziotti manganellare e
spaccare teste, e sono certo che nessuno di loro rischia una condanna a
otto anni».

«La devastazione e il saccheggio - spiega Passeggi - sono una forma
ampliata dei reati di danneggiamento e furto, che si
concretizza quando chi devasta e saccheggia sa di mettere a rischio
l’ordine pubblico». Conclusa la disamina giuridica, il legale
suggerisce anche una linea difensiva: «Se gli accusati hanno reagito a
una carica ingiustificata delle forze dell’ordine, non si può
parlare di devastazione e saccheggio ma di semplice resistenza. Perché,
forse, mancava tra i manifestanti la consapevolezza di
mettere a repentaglio con i propri comportamenti la sicurezza dei
cittadini».

Tambuscio ha ripercorso le fasi salienti dell’inchiesta costellata, a
suo dire, di "zone d’ombra". «L’indagine nasce zoppa -
afferma l’avvocato di Fiandra - Ai manifestanti si è risaliti senza
problemi grazie alle foto e alle riprese tv. Impossibile, invece,
identificare gli agenti e i carabinieri protagonisti delle cariche in
piazza Manin o corso Italia, perché indossavano caschi e
maschere antigas. Così le denunce presentate da centinaia di cittadini
feriti dalle forze dell’ordine resteranno inevase». E
ancora: «Nessuno ha mai chiesto ai responsabili dell’ordine pubblico
perché ordinarono l’intervento contro il corteo
autorizzato in via Tolemaide». Carlo Gubitosa, autore del libro "Genova
nome per nome", ha invocato chiarezza su due punti:
«Innazitutto le contradditorie dichiarazioni di Alfonso Sabella,
responsabile della caserma di Bolzaneto nel luglio 2001». Poi il
finto accoltellamento dell’agente Nucera: «Non si è inventato tutto da
solo».

Enzo Galiano

Dal Secolo