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Il femminismo da fast-food delle Femen in topless

par Mario Conti

Publie le domenica 14 aprile 2013 par Mario Conti - Open-Publishing
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«Coprire il corpo delle donne sembra dare ai musulmani un senso di virilità, mentre agli uomini occidentali deriva proprio dallo scoprirle», scrive la saggista marocchina Fatema Mernissi in Sheherazade Goes West.

L’eccitazione dei media francesi per figure come le ‘Femen’ ucraine o Alia el Mahdi, la studentessa egiziana che nel 2011 ha postato foto nude di se stessa sul suo blog, sottolinea ancora una volta la giustezza dell’osservazione di Mernissi.
Per commemorare la Giornata Internazionale della Donna, France 2 ha mandato in onda il 5 marzo un documentario sul gruppo ucraino di donne, che ha stabilito una sede in Francia da più di un anno.
Alla faccia delle migliaia di donne che hanno il cattivo gusto di lottare per i propri diritti interamente vestite, o di mettere su uno spettacolo che non è conforme alle norme dominanti di gioventù, magrezza, bellezza e tonicità del corpo.

«Femminismo sono le donne in marcia per le strade del Cairo, non le Femen,» scriveva con rabbia la corrispondente dall’Egitto di France Inter, Vanessa Descouraux su Twitter, il 6 febbraio. «Ma non vediamo mai documentari su quelle donne in televisione!». Alle organizzazioni femministe in Francia in questi giorni è più probabile venga chiesto un parere riguardo al gruppo di donne ucraine piuttosto che sulle proprie imprese.

Se mostrate le tette, tornerò con il fotografo

Donne: volete farvi sentire? C’è solo una soluzione: toglietevi i vestiti!
Nel mese di ottobre del 2012 in Germania, un gruppo di profughi accampati di fronte alla Porta di Brandeburgo a Berlino per protestare contro le loro condizioni di vita avevano grandi difficoltà ad attirare l’attenzione dei media. A un certo punto, una giovane contestatrice arrabbiata ha chiesto ad un giornalista di Bild: «Vuoi che mi denudi?»

‘Sì’, ha detto il giornalista, promettendo di tornare con un fotografo. La voce si è diffusa tra gli altri giornalisti, e voilà, c’era una folla di telecamere intorno alle donne che protestavano a sostegno dei rifugiati. Le donne non si sono, alla fine, tolte i vestiti, ma non hanno perso l’occasione per denunciare il sensazionalismo dei media.

Le Femen, d’altra parte, sono state più pragmatiche. Alle loro prime manifestazioni, in Ucraina nel 2008, avevano scritto i loro slogan sulle spalle, ma i fotografi erano interessati solo a loro seni. Quindi, hanno cambiato la posizione dei loro slogan. Inna Shevchenko, importatrice del marchio Femen in Francia, non ha rimpianti su come le cose si sono evolute: «Sappiamo quello di cui i media hanno bisogno – sesso, scandali e combattimento – ed è quello che diamo loro», ha detto Shevchenko a Rue89 lo scorso dicembre. «Essere sui giornali equivale ad esistere del tutto.»
Davvero? [...]

La riduzione permanente delle donne ai loro corpi e alla loro sessualità, la negazione delle loro capacità intellettuali, l’invisibilità sociale delle donne alle quali può non piacere lo sguardo maschile: sono chiavi di volta del sistema patriarcale.
E’ piuttosto stupefacente che un ‘movimento’ presumibilmente femminista, non ci sono più di venti Femen in Francia, non sia in grado di comprenderlo.
«Viviamo sotto il dominio maschile,» ha detto Inna Shevchenko al Guardian, «e la nudità è l’unico modo per provocarli, per ottenere la loro attenzione.»
Quindi, un femminismo che si piega al dominio maschile: bene, lo si doveva inventare.

La Shevchenko non solo accetta quest’ordine di cose, lei lo approva: «il femminismo classico è una vecchia donna malata, non funziona più. Si è cristallizzata in un mondo di conferenze e libri».
Lei ha ragione: vecchie donne malate terminali, non sono nemmeno piacevoli da guardare! E i libri? Sono pieni di parole che causano mal di testa.

Nel suo eccellente libro sull’uso dei corpi in politica, ha detto Claude Guillon riguardo alla vecchia donna malata della Shevchenko:

Anche il più caritatevole dei lettori direbbe che la dichiarazione Shevchenko esprime la presunzione e la crudeltà della giovinezza. Ma dobbiamo anche aggiungere: la grandezza della sua imbecillità! L’immagine di femministe come vecchie signore, tagliate fuori dal resto del mondo – e se Inna leggesse libri avrebbe potuto saperlo – è un persistente cliché anti-femminista. Un vero peccato vederlo fatto proprio da una attivista che pretende di essere il rinnovato femminismo.

Più di recente, i membri del gruppo in Francia si sono rassegnati a pubblicare un libro, di interviste. «In Francia, si deve pubblicare qualcosa per essere presi sul serio,» sospira una delle Femen in un’intervista a Liberation.
Oh, per la miseria!

Per Rue89, la Shevchenko ha riassunto il punto di vista delle giovani donne francesi che cercano di unirsi alle Femen: «Mi dicono: gli attuali movimenti femministi francesi non sono per giovani donne: sono per donne intellettuali che sembrano uomini, i quali negano la sessualità, il fatto che una donna possa essere femminile.»

A questo proposito, dobbiamo dire che le Femen indiscutibilmente rappresentano un progresso. Prendete una precorritrice come Simone de Beauvoir: abbiamo dovuto aspettare il suo centenario per vederla finalmente nuda, un’attesa piuttosto lunga. Alla fine, la pazienza del mondo, è stata premiata quando, con gusto, Le Nouvel Observateur (3 gennaio 2008) ha pubblicato in copertina una foto dell’autrice del Secondo sesso, nuda, nel suo bagno, dietro la macchina fotografica.

Le Femen, al contrario, ce lo rendono più semplice: il loro è un femminismo da fast-food (‘FEMEN’, tra l’altro, significa ‘coscia’ in latino, anche se questo non ha nulla a che fare con la scelta del nome, che è stato scelto perché « aveva un bel suono»).

Cerchiamo quindi di non essere puritani allora, siamo femministe, certo, ma abbiamo un corpo, una sensualità, una vita sessuale.
Temo, tuttavia, che coloro che sognano di occhieggiare le piccole strette natiche di Jean-Paul Sartre hanno ancora una lunga attesa davanti a loro.
Cosa aspetta Le Nouvel Observateur? Non hanno i grandi intellettuali anche loro corpi, sensualità, vita sessuale? Perché non cerchiamo di trarre beneficio da essi? Perché anche i grandi intellettuali [maschi] non sono un bene pubblico da poter visualizzare e commercializzare senza chiedere il permesso?

Femminismo Pop

Le Femen in un primo momento si sono attirate una buona dose di simpatia, dopo essere state aggredite da estremisti di Civiltà Cattolica durante una manifestazione pro matrimonio gay nel mese di novembre 2012. Ma da allora sono progressivamente state allontanate o sconfessate dai membri dei movimenti femminili come le femministe del gruppo Les Tumultueuses o l’attrice-regista Ovidie. Criticate per l’accettazione di una visione del corpo della donna plasmata dal settore pubblicitario, la loro difesa è stata quella di distribuire le immagini di membri che non assomigliano a modelle. Anche se, ovviamente, non vedremo mai quelle foto sulla copertina di Les Inrockuptibles, il seno cadente non sarebbe conforme al «femminismo pop» che tali riviste prediligono. Né sulla copertina di Obsession, il supplemento moda di Le Nouvel Observateur, sul quale hanno posato le Femen a settembre.[...]

E’ divenuto il femminismo davvero così comune da essere sulle prime pagine di tutti i giornali, da essere oggetto di numerosi documentari promossi dalla stampa? Dovreste essere ingenui per crederci. L’interesse per le Femen è ovviamente perfettamente compatibile con il più grottesco anti-femminismo.
Il 7 marzo, Liberation ha dedicato due intere pagine alle Femen, ma questo non gli ha impedito di pubblicare il giorno successivo, in occasione della Giornata Internazionale della Donna, infatti – un problema particolarmente memorabile: sotto il titolo, «Sesso per tutti!» un articolo di prima pagina sui «surrogati sessuali» per i disabili. Ad illustrazione del testo c’era una fotografia di un disabile a letto con un «surrogato» (bionda, sorridente, una incarnazione della dolcezza e della dedizione che sono la vera vocazione di una donna). Non l’inverso: abbiamo detto “il sesso per tutti (gli uomini)» non «per tutte (le donne)». [...]

Uno pseudo-femminismo che genera una quantità sospetta di eccitazione generale: in Francia questo fa venire in mente la bolla mediatica che monta intorno a Ni Putes Ni Soumises, un gruppo che è stato festeggiato dalla stampa fino da quando ha continuato ad alimentare la stigmatizzazione generale dell’Islam. E infatti due ex membri di Ni Putes Ni Soumises, Loubna Meliane (ora assistente dell’ex parlamentare Malek Boutih) e Safia Lebdi, sono state tra le prime a stringersi pubblicamente attorno alle Femen, anche se in seguito hanno preso le distanze dalle ucraine.

Il braccio francese delle Femen ha stabilito il suo quartier generale a La Goutte d’Or, un quartiere fortemente musulmano di Parigi. Là hanno proclamato la loro presenza con un manifesto blu, bianco e rosso [di giovani donne nude] che curiosamente ricordava le pubbliche-provocazioni picnic a base di carne di maiale e vino, organizzate esattamente nello stesso luogo, da estremisti di destra nel 2010.

‘Mentalità araba’ in Ucraina

Dato il peso schiacciante della Chiesa ortodossa nella vita pubblica in Ucraina, è comprensibile la posizione anticlericale pubblica e radicale delle Femen. Ma quando si parla di Islam, la portavoce del gruppo sembra di attraversare una linea.
Il membro fondatore, Anna Hutsol, ha certamente flirtato con il razzismo, quando deplorava una società ucraina incapace di «sradicare la sua mentalità araba nei confronti delle donne.»

Nel mese di marzo 2012, con lo slogan “meglio nuda che in un burqa”, Femen France ha organizzato una «operazione anti-burqa» di fronte alla Torre Eiffel.
I membri del gruppo hanno anche gridato «nudità è libertà» e «Francia, spogliati!». Così essi perpetuano un presupposto che è molto radicato nella cultura occidentale, secondo il quale la salvezza può essere raggiunta solo attraverso la massima esposizione, negando la violenza che questa a volte può implicare.

Molte femministe hanno obiettato che invece di affermare la superiorità della nudità, potrebbe essere meglio a difesa della libertà delle donne vestirsi nel modo che esse preferiscono.
Ma le Femen non hanno dubbi su cosa sia giusto.
«Non adatteremo il nostro discorso a tutti i dieci paesi nei quali il nostro gruppo è oggi presente: il nostro messaggio è universale», ha detto Shevchenko in un’intervista su 20 Minutes.
Questa miscela di pigrizia intellettuale e di arroganza, questa pretesa di dettare il giusto atteggiamento a donne provenienti da ogni differente parte del mondo, è stata accolta con una certa freddezza.
La ricercatrice Sara Salem ha rimproverato alla studentessa egiziana Alia el Mahdi la sua alleanza con le Femen. «Il fatto che abbia postato foto nude di se stessa sul suo blog potrebbe essere percepita come un modo per sfidare una società patriarcale, ma il fatto che collabori con un gruppo che può essere definito come colonialista è problematico», scrive Salem.

Ma perché mettere in discussione se stesse, quando tutto ciò che serve per ottenere la massima audience è mostrare le tette?

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