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Il gip di Genova scagiona i 93 manifestanti accusati di associazione a delinquere
Publie le venerdì 6 febbraio 2004 par Open-PublishingG8, no global tutti assolti
Il gip di Genova scagiona i 93 manifestanti accusati di associazione a
delinquere
Cade l’ultima accusa «Usciamo da questa vicenda a testa alta. Non
altrettanto i poliziotti che parteciparono a quell’operazione. Alcuni dei
quali addirittura promossi»
GENOVA
Non sono stati acquisiti elementi ulteriori dai quali possa emergere la
partecipazione degli indagati o di alcuni di essi a un’associazione
finalizzata al compimento di atti di devastazione e saccheggio nei giorni
nei giorni immediatamente precedenti il loro arresto». Così il giudice
delle indagini preliminari del tribunale di Genova Anna Ivaldi ha
scagionato i 93 uomini e donne che si trovavano nella palestra della scuola
Diaz la notte dell’irruzione dall’ultima accusa che gli era stata
appioppata: associazione a delinquere ai fini del saccheggio e della
devastazione, ovvero di fare parte del blocco nero.
Le altre accuse, quelle
di resistenza e di possesso di armi e materiale esplodente si erano già
sbriciolate, archiviate per l’impossibilità di «attribuire agli indagati
reati specifici», ma anche perché mancavano gli elementi di prova e perché
gli ordigni esplosivi -le due molotov sequestrate dopo il blitz ed esibite
a mo’ di trofeo il giorno dopo in conferenza stampa - sono metaforicamente
esplose nelle mani degli stessi poliziotti che alla Diaz le hanno portate e
che hanno firmato il verbale di sequestro finendo a loro volta nel registro
degli indagati. Un episodio che il gip non manca di ricordare in un inciso
dell’ordinanza che stabilisce che il materiale sequestrato alla Diaz
(attrezzi di un cantiere edile adiacente, capi di abbigliamento,
assorbenti, telefonini) «non costituisce di per sé elemento sufficiente a
fondare l’ipotesi di sussistenza del reato associativo attribuito a un
gruppo di 93 persone, di provenienza geografica diversa, di età diversa e
di appartenenza ad associazioni politiche diverse».
E così il capitolo
della Diaz relativo all’inchiesta sui manifestanti si chiude
definitivamente. Una chiusura più che scontata, dal momento che
l’archiviazione era stata richiesta dai pm Anna Canepa e Andrea Canciani,
titolari dell’inchiesta sui black bloc. Adesso, secondo il Comitato verità
e giustizia per Genova, è l’ora che Silvio Berlusconi e Claudio Scajola,
che da ministro dell’Interno, presentò il blitz con termini trionfalistici,
chiedano scusa: «Quel blitz illegittimo, brutale e condotto compiendo
falsificazioni di ogni tipo - commenta con un comunicato il Comitato -, è
una delle pagine più nere nella storia delle nostre forze dell’ordine in
epoca repubblicana. Non c’è nulla di cui vantarsi». «Abbiamo dovuto
attendere due anni e mezzo, ma con l’ordinanza di proscioglimento per
l’ultima accusa rimasta, usciamo da questa vicenda a testa alta.
Non si può
dire altrettanto per i poliziotti che parteciparono a quell’operazione -
commenta Lorenzo Guadagnucci, giornalista, membro del Comitato Verità e
Giustizia per Genova -. Chi eseguì materialmente tutte le violenze si è
salvato per avere agito a volto coperto: gli agenti erano mascherati e non
è stato possibile identificare nessuno dei picchiatori. Oggi sono sotto
inchiesta capisquadra, funzionari e dirigenti, in tutto trenta persone:
saranno probabilmente processati».
«Provo vergogna al pensiero che molti di loro, nonostante l’inchiesta
aperta e il processo in arrivo, siano stati addirittura promossi a
incarichi ancora più prestigiosi e delicati», conclude Guadagnucci.
manifesto