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Il pm e i processi: «Il clima è brutto»

Publie le domenica 29 febbraio 2004 par Open-Publishing

«Lavorando con serietà sui reati, scontentiamo tutti»
Genova «Il clima è brutto. Noi siamo magistrati, il nostro compito è
fare le inchieste e i processi e affonteremo anche questo
passaggio con serenità. Ma il clima è brutto e sarebbe ipocrita
nasconderlo. Brutto nel Paese, brutto a Genova, mentre si
avvicinano i processi del G8».

Giancarlo Pellegrino è procuratore aggiunto a Genova: uno dei due vice
del numero uno Francesco Lalla. Ma è soprattutto,
Pellegrino, uno dei nomi nobili della magistratura genovese. In questo
frangente in un ruolo emblematico. Ha coordinato il
lavoro del pool che ha indagato sugli scontri di piazza e ha mandato a
processo 26 black bloc italiani; siglerà anche la richiesta
di rinvio a giudizio dei poliziotti, per le vicende della Diaz e, tra
qualche settimana, per Bolzaneto. Uomo schivo e attento solo
agli atti giudiziari («rispondo per cortesia e per trasparenza, ma certo
non mai ho sollecitato interviste e apparizioni») accetta
di commentare le inchieste G8 con il Secolo XIX.
Un clima pesante...

«Assolutamente sì e non lo si può nascondere. Il G8 è ancora una ferita
aperta e questa frase, lo si dimostra in questi giorni,
non è retorica. Le fibrillazioni politiche, le false lettere su
Internet, le polemiche violentissime lo confermano».
Polemiche che a più riprese si sono concentrate sull’operato dei
magistrati genovesi.
«L’avevo detto all’inizio di questa vicenda: faremo tutto il possibile e
alla fine scontenteremo tutti. E’ accaduto con il caso
Giuliani prima, ora con i processi per gli scontri di piazza e le
inchieste sulle forze dell’ordine. Però nessuno, al di là delle
emozioni, potrà mai dire che la procura ha voluto colpire questo o
quell’altro. Abbiamo lavorato sui reati e chi li ha commessi,
senza accanimenti e tesi precostituite».

Lei "firma" sia le inchieste sui violenti, sia quelle sulla polizia...
«Se la si vede dal nostro punto di vista, non c’è nulla di strano.
Ripeto: abbiamo perseguito dei reati».
Una delle accuse: la procura non ha indagato sul comportamento delle
forze dell’ordine nelle strade, sulle cariche, sugli ordini
ricevuti...

«Non è un compito che abbiamo omesso di svolgere. Abbiamo ritenuto che
tutte queste implicazioni facciano parte di un
dibattito politico. Ma non spetta alla magistratura chiarire questi
aspetti. Le scelte organizzative delle forze dell’ordine non
sono mai entrate deliberatamente nelle nostre inchieste. Lecito che ci
sia chi chiede un chiarimento politico».

Altra polemica: le inchieste sui devastatori che hanno vandalizzato la
città hanno dato risultati numericamente esigui.
«Abbiamo lavorato con serietà, questi sono i risultati. Era difficile
indagare perché la maggior parte dei violenti ha agito a volto
coperto. Questi sono i nostri risultati e, si sa, ci sono ancora alcune
decine di situazioni che stiamo vagliando per chiedere il
rinvio a giudizio. C’è stato un altro problema...».
Quale?

«La Digos di Genova, attraverso l’Interpol, ha inviato le foto dei
manifestanti violenti a tutte le polizie degli Stati da cui si
pensava provenissero. Nemmeno un riconoscimento è arrivato. Non uno».
Altra discussione, peraltro sollecitata dal procuratore generale
Domenico Porcelli all’inaugurazione dell’anno giudiziario: il
mancato collegamento con l’inchiesta di cosenza sulla Rete del Sud
Ribelle. Inchiesta che comprende anche molti fatti del G8
di Genova.

«Il collegamento non è mancato, ma è diversa l’interpretazione dei
reati. Se i colleghi cosentini ci invieranno materiale su
episodi che possiamo contestare secondo la nostra linea, lo faremo.
Linea che è: episodi precisi, dimostrabili con i
documenti».

L’avviso di conclusione delle indagini della procura di Cosenza adombra,
ad esempio, il fatto che tra le Tute Bianche di Luca
Casarini e i devastatori ci fosse un connubio, un accordo, una
pianificazione a compiere devastazioni... Casarini avrebbe
incontrato i capi dei black bloc...

«Questa tranche d’inchiesta non è ancora conclusa. Posso dire solo che
questa interpretazione contrasta con i dati che
abbiamo raccolto noi. Nel "movimento", nei giorni precedenti al G8, c’è
stata una profonda spaccatura. E l’incontro di
Casarini, se mai c’è stato, non mirava a organizzare un fronte comune
per compiere devastazioni. Semmai il contrario».

L’inchiesta sulla Diaz. Con una scelta precisa: indicare nella richiesta
di rinvio a giudizio solo i reati contestati e le prove
raccolte, senza motivazioni.
«Abbiamo fatto quello che prescrive il codice».

Appare una scelta irrituale...

«E’ quel che prescrive il codice. Proprio perché noi non vogliamo trarre
conclusioni preconcette: abbiamo indicato i reati
secondo noi commessi e le prove raccolte a sostegno della nostra tesi.
Anticipo però che, in sede di udienza preliminare,
presenteremo una memoria della procura al giudice, per aiutarlo a
orientarsi tra il materiale presentato. Questa è stata la
nostra scelta. E si comprenderà a quel punto, ne sono convinto, la
validità del nostro lavoro».

Marco Menduni

http://www.ilsecoloxix.it/Secolo_notizia01OK.asp?IDNotizia=169800&IDCategoria=1367