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Il reporter pacifista che portava viveri. Gli amici: perché proprio lui?
Publie le mercoledì 25 agosto 2004 par Open-Publishingde Mario Porqueddu
C’è chi lo conosce, gli vuole bene. E chi ne condivide l’impegno. Quello di oggi in Iraq e quello di ieri, a raccontare i guerriglieri di Timor Est, i dissidenti birmani, i ribelli del Chiapas o i bimbi che vivono nelle fogne di Bucarest. Tutti assieme ora cercano di salvare la vita di Enzo Baldoni. Tentano di spiegare a chi lo tiene in ostaggio che è stata presa la persona sbagliata. «Vorremmo far sapere agli uomini che lo hanno in custodia chi è Enzo Baldoni. Una persona animata da sentimenti d’umanità per chi soffre nel mondo. Un giornalista indipendente. Un collaboratore del nostro giornale, settimanale libero nei confronti del governo italiano» ha scritto Diario dopo l’ultimatum dei sequestratori.
E il direttore, Enrico Deaglio, ha spiegato: «Abbiamo divulgato un messaggio, principalmente attraverso Al Jazira , che possa essere visto subito in Iraq. Per spiegare chi è Enzo e cosa ha fatto in Iraq». Il testo ricorda che Baldoni «è stato determinante nell’organizzare due convogli di aiuti arrivati in agosto a Najaf. In entrambi i casi Baldoni è entrato in città, ha consegnato viveri e medicine e ha tratto in salvo donne e bambini, rischiando la vita». Poi viene citata un’altra storia: «Enzo è stato rapito mentre tornava a Bagdad per accompagnare Mohammed (un iracheno ferito, ndr ) in un ospedale di Emergency. Lo testimoniano email e foto inviate ad Al Jazira ».
È l’appello più diretto, ma non è il solo. Sempre ieri è partito quello di Reporter Associati , un gruppo di freelance che dal settembre 2003 pubblicano un giornale online «indipendente da condizionamenti politici ed economici». Anche loro si stringono vicino a Enzo Baldoni: «Reporter di razza, giornalista indipendente, pacifista convinto». E scrivono: «Ci giungono voci autorevoli dall’Iraq che indicano una strada di buon senso per favorire l’immediata liberazione di Enzo Baldoni: un appello rivolto alla Mezzaluna rossa perché esplori ogni possibilità per stabilire un contatto con chi tiene Enzo prigioniero. Un appello firmato dalle associazioni pacifiste italiane e internazionali e da chi, come Enzo, da sempre si batte a viso aperto contro la guerra e l’occupazione dell’Iraq».
Il direttore di Reporter Associati è Roberto Di Nunzio, che durante la guerra che ha devastato l’Iraq, firmandosi «Robdinz», ha pubblicato su Indymedia decine di servizi costruiti attingendo a fonti alternative rispetto a quelle dei media «istituzionali». A leggere il blog di Enzo Baldoni, http://bloghdad.splinder.com, e le reazioni ai suoi «report», l’idea è che il freelance di Città di Castello parli a un pubblico dalla sensibilità vicina a quella di chi seguiva Robdinz. Persone che cercano nei media indipendenti altre verità, notizie su temi che credono ingiustamente, o dolosamente dimenticati da tv e giornali.
Una lettrice, Francesca, scrive a Baldoni: «Ti seguo dai tuoi reportage dal G8 e credimi, sapere che tu mi racconterai Bagdad mi rincuora». Mentre dopo la notizia del suo rapimento, Mario B., da Catania, affida alla rete un’idea: «Traducete in inglese, o in arabo, i sunti a favore dell’Iraq dei post di Enzo e la biografia, dove si fa cenno allo stare sempre dalla parte dei cittadini, degli oppressi. Queste informazioni devono essere diffuse su largo raggio per essere recepite, speriamo, da chi di competenza». Qualcosa di simile è successo ieri.
Lui, Baldoni, su Internet si presenta così: copywriter, critico di fumetti, traduttore italiano di Doonesbury (la striscia creata dal più caustico artista dei comics Usa, Garry Trudeau). Dice di avere scritto di guerriglieri, lebbrosi e strani personaggi su Linus , Specchio e Venerdì . Si definisce uno che «ficca il naso dove i governi non vorrebbero». Il suo amico Carmine ieri diceva: «Enzo è un uomo di alte qualità morali e grande coraggio. È partito per il popolo iracheno. Manifestando di non condividere questo conflitto e le scelte del governo italiano: non credo che gli iracheni possano odiarlo». Altro amico, altrettanto esplicito: «È un uomo di sinistra e non lo nasconde».
Certo non della sinistra che si preoccupa del politically correct . A leggere i suoi scritti pare che sia anche il suo carattere a impedirglielo. E l’ironia, a volte da gigione, a volte graffiante, che mette nei racconti. Martedì 10 agosto scrive poche righe intitolate «Non mi beccate!». Dice: «Stanotte qualche bello spirito ha pensato di sparare sul checkpoint del Palestine. Nessuna vittima. Amici di Bagdad mi hanno consigliato di cambiare posto. Stanotte, quando sparavano sul mio albergo, io dormivo nel nuovo appartamento. Tié!». Chicco, lettore del blog, commenta: «E pensare che tutto ciò ti piace. Leggo il tuo sguardo compiaciuto tra le righe e mi chiedo cosa ti attrae veramente? Sarà il tuo ego che ti spinge o la voglia di vedere in diretta? Forse le due cose insieme, unito a qualcosa che mi sfugge». Fatto sta che il suo pubblico gli perdona anche il messaggio «Ci sarà figa a Bagdad?», inviato il giorno della partenza per Amman, che aveva fatto arrabbiare qualcuno: «La figa è ovunque c’è donna, compresa la tua mamma. Correggi il tiro, prego», aveva chiesto Paola.
http://www.corriere.it/edicola/index.jsp?path=ESTERI&doc=T42T1