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In tutto il mondo milioni di voci, un solo arcobaleno
Publie le domenica 21 marzo 2004 par Open-Publishinghttp://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=HP&TOPIC_TIPO=&TOPIC_ID=33909
Il popolo della pace è tornato a Roma, con tutta la sua forza, giusto un anno dopo l’inizio della guerra dell’Iraq. Ha presentato al mondo politico una richiesta sola e semplicissima, che ha unificato circa 2000 organizzazioni diverse: il ritiro dei soldati stranieri che occupano l’Iraq e in particolare il ritiro degli italiani. La manifestazione è stata grandissima. Più o meno come l’anno scorso. Dal palco gli organizzatori hanno parlato di due milioni di persone. Ormai da qualche anno le cifre contano poco, conta il colpo d’occhio. Era impressionante. Il grande prato del Circo Massimo, all’imbrunire, pullulava di bandiere della pace, mentre sul palco da ormai tre ore si alternavano gli oratori, e da piazza Esedra ancora stava scendendo un corteo lungo chilometri, che camminava lento lento e sembrava non finire mai.
E’ stata una manifestazione grandiosa, compatta, molto allegra. Padre Alex Zanotelli, che è una delle figure di riferimento di questo movimento, una delle più autorevoli, ha detto che è stata una grande festa e che è servita a mandare un messaggio politico.
Il corteo è sempre stato molto composto, piuttosto allegro, gentile, per niente aggressivo. Tranne il brutto episodio avvenuto verso la fine, in coda, quando ormai la manifestazione stava per finire, e un gruppo di disobbedienti ha aggredito uno dei tanti pezzi di corteo formato da militanti dei Ds. I militanti dei Ds al corteo erano moltissimi, sparsi ovunque. In testa, in coda, a metà. I disobbedienti hanno preso di mira quelli che fino a qualche minuto prima stavano con Piero Fassino e con altri dirigenti nazionali del partito. Li hanno attaccati a piazza Esquilino con monetine, uova, aste di bandiere e bottiglie d’acqua, gridando slogan e insulti e spintonando i cordoni. Fassino a quel punto però se ne era già andato, dopo aver partecipato al corteo per circa un’ora. I disobbedienti però hanno esultato, dicendo che avevano cacciato Fassino dal corteo. I Ds invece hanno diffuso un comunicato nel quale parlano di aggressione squadrista. Il servizio d’ordine della Cgil si è dato da fare per riportare la calma.
La Cgil è stata uno dei punti di forza della manifestazione. Guidata dal segretario in persona, Guglielmo Epifani, che è arrivato fino al palco montato oltre il Circo Massimo, davanti alla Fao. Epifani ha raccolto molti applausi, come anche Sergio Cofferati, che tornava nella piazza dove due anni fa aveva radunato tre milioni di persone contro Berlusconi e la cancellazione dell’articolo 18.
Al corteo hanno partecipato organizzazioni diversissime. La presenza cattolica come al solito era molto vasta. Le generazioni erano tutte rappresentate, ma soprattutto c’erano i giovani. Questi cortei ormai sono l’unico luogo della politica dove si trovano le nuove generazioni.
Sul palco a un certo punto, verso le quattro e mezzo del pomeriggio, è apparso anche Pietro Ingrao. Era commosso, come era commosso l’altr’anno quando partecipò al famoso corteo del 15 febbraio. Ha ricevuto un applauso gigantesco e calorosissimo. Era arrivato in sella a una motocicletta, come un ragazzino, col casco bianco e una giacca a vento verde un po’ stretta. Voleva andarsene allo stesso modo, ma Cofferati gli ha imposto di farsi accompagnare con la sua macchina.
Al corteo c’era una folta rappresentanza del Parlamento e del mondo politico. C’erano Bertinotti, Cossutta, Diliberto, Giovanni Berlinguer, Occhetto e Di Pietro, c’era Pecoraro Scanio, poi c’era Savino Pezzotta e moltissimi altri sindacalisti di tutte e tre le confederazioni. Quando il corteo è partito, poco dietro la testa c’erano anche due cordoni di parlamentari con lo striscione, ed erano i rappresentati del centinaio di parlamentari che alla Camera e al Senato hanno votato contro il rifinanziamento della missione militare italiana a Nassiriya. C’era una certa sproporzione tra le dimensione oceaniche del corteo e il numero contenuto dei parlamentari: cento o centodieci è poco più del dieci per cento. Possibile che questo movimento così vasto, così ragionevole, e con robustissime relazioni internazionali, trovi in Parlamento un “interfaccia” così esigua? E’ uno dei problemi che la politica italiana affronterà nei prossimi mesi. Perché il movimento, dopo il successo di ieri, non resterà fermo. Ha una data fissa in testa: 30 giugno. Dopo aver vinto le elezioni in Spagna, Zapatero ha detto che in quella data ritirerà i suoi soldati dall’Iraq. E cosa farà l’Italia? E cosa faranno gli altri paesi impegnati nell’occupazione militari? E la sinistra in che modo si batterà per il ritiro?
Il corteo era stato convocato a Piazza Barberini alle due del pomeriggio. Era stato convocato lì perché alcuni gruppi avevano insistito che il luogo di partenza fosse un luogo il più possibile vicino all’ambasciata americana. In realtà questo movimento ha altri interessi e altri simboli. Gli importa poco dell’ambasciata. Così a piazza Barberini non si è presentato nessuno. Sono andati tutti a piazza della Repubblica, che alle 11 e mezzo del mattino era già piena ed era piena anche piazza dei Cinquecento e un pezzo di via Cavour. Si è deciso di anticipare i tempi. Ma non abbastanza, perché quando all’una e mezza la testa del corteo si è mossa (coi leader pacifisti, gli ospiti stranieri e gli striscioni ufficiali) non era più la testa del corteo. Vari spezzoni erano già partiti, e da Santa Maria Maggiore si erano mossi quelli del Pdci di Cossutta e Diliberto, organizzatissimi. Allora la testa ufficiale se ne è andata di gran passo per viuzze laterali, in modo da recuperare il terreno perduto e arrivare in tempo al Circo Massimo. E’arrivata un po’ prima delle quattro, mentre piazza della Repubblica era ancora strapiena di gente che è riuscita a partire solo al tramonto.