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Inquietante il discorso sullo stato dell’Unione pronunciato dal presidente degli Stati uniti
Publie le venerdì 23 gennaio 2004 par Open-PublishingGeorge W. Bush con atteggiamenti da «comandante in capo», da Napoleone un po’ damerino. Inquietante non
tanto per i contenuti, scontati, visto che segnava l’apertura della campagna elettorale. Quanto
perché il pianeta e l’America che descrive sono del tutto immaginari. «Il mondo sta cambiando per il
meglio», ha detto: non sappiamo chi gliel’abbia riferito. L’Afghanistan sarebbe un paese infine
democratico, «libero e fiero», in cui «imprese stanno nascendo», «ragazzi e ragazze tornano a
scuola»: gli deve essere sfuggito che il governo di Hamed Kharzai controlla solo la città di Kabul e che
il resto del paese è tornato nelle mani dei signori della guerra e dei taleban.
In Iraq il
consiglio governativo messo su dagli Usa «sta costruendo una nazione libera e pacifica», prove ne siano
le manifestazioni sciite a Bassora e l’ultimo attentato proprio davanti al comando della coalizione
a Baghdad. Negli Stati uniti «l’occupazione sta crescendo»: non se ne vede traccia; il sistema
scolastico sta «facendo progressi verso l’eccellenza per ogni bambino in America»: alla maturità, è
record il tasso di analfabetismo Usa; e la legge «Nessun bambino trascurato» (tipico esempio di
neolingua orwelliana) «dà un’opportunità a tutti i bambini»: basta girare per le scuole delle inner
cities.
La lista delle affermazioni contraddette dalla realtà potrebbe essere molto più lunga. Ma da sola
dimostra che il mondo in cui Bush crede di vivere è quello che gli raccontano i suoi consiglieri,
un mondo che non somiglia affatto al pianeta reale in cui viviamo noi altri sei miliardi di
bipedi.
Moderno Candide, Bush presiede «il migliore dei mondi possibili». Ma la distanza tra come un uomo
vede il mondo e come lo percepiscono tutti gli altri è una buona misura della follia di costui. In
questo caso, una follia da delirio di onnipotenza, non da insanità mentale. Poiché governa la più
potente nazione al mondo e comanda la più micidiale macchina da guerra di tutta la storia umana,
Bush il giovane crede che gli basti esprimere un desiderio o un ordine, perché subito si trasformi
in realtà.
Ma proprio perché governa l’impero planetario, questo delirio di onnipotenza è inquietante. Perché
in un mondo immaginario, le priorità politiche diventano per lo meno bizzarre. Al problema degli
steroidi nello sport, il presidente Usa ha dedicato un intero paragrafo; agli scandali delle
corporations (Enron) due sole parole in un inciso. E all’esecrazione dei matrimoni tra gay un
lunghissimo passaggio e addirittura una proposta di revisione costituzionale: c’è da scommettere che la
sacralità del matrimonio eterosessuale sarà il tormentone della prossima campagna elettorale. Già ci
aveva provato Bush padre a dirottare l’attenzione dell’elettorato dalla disoccupazione ai temi
morali: allora erano i «family values», i valori familiari, ma non gli portarono fortuna.
Spesso Bush jr. ha sfiorato (e superato) la soglia della comicità involontaria. Infatti qual è il
migliore antitodo al diffondersi dell’Aids? Chiaro: una maggiore educazione scolastica
all’astinenza sessuale.
A Bush jr non è bastato aver smantellato tutte le leggi ambientali, aver contribuito a creare una
concentrazione di ricchezza come non si vedeva dai tempi dell’antico Egitto, aver umiliato l’Onu,
disgregato l’Unione europea, combattuto una guerra pretestuosa contro l’opinione pubblica di tutto
il mondo. No, chiede che gli sia consentito di «finire il lavoro» (e di finirci tutti quanti).
Alla fine del discorso, Bush ha anche ripetuto, senza nominarlo, le ultime parole scritte da
Franklin Delano Roosevelt prima di morire (1945): «Miei concittadini, noi stiamo progredendo, con
fiducia e fede». Bush cioè paragona sé stesso all’uomo che vinse la seconda guerra mondiale: altro
sintomo allarmante. Ma a inquietare più di tutto è che il 2 novembre gli americani possano davvero
permettergli di «finire il lavoro».
MARCO D’ERAMO - MANIFESTO