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Intervista a Robert B. Reich, ex segretario al lavoro di Clinton
Publie le martedì 5 ottobre 2004 par Open-Publishing
Attenzione all’America dei "radcon"
di Tonino Bucci
Si legge come un appassionato pamphlet politico sull’America che si avvicina
rapidamente al voto, divulgativo nello stile ma senza sacrifici d’analisi. Sente
l’urgenza dell’attualità Robert B. Reich - studioso di economia alla Brandeis
University ed ex segretario del lavoro nell’amministrazione Clinton - eppure
non rinuncia a capire il fenomeno Bush e quanto esso abbia segnato in profondità le
strutture della società americana. Nel suo ultimo lavoro Perché i liberal vinceranno
ancora (edizioni Fazi, prefazione di Walter Veltroni, pp. 262, euro 19,00) -
da venerdì nelle librerie italiane - Reich ricostruisce il profilo della destra
statunitense ascesa al potere in questi anni.
Oggi esiste in America - così suona
in sintesi la sua tesi - una forma inedita e pericolosa di «conservatorismo radicale» per
quale conia l’espressione «radcon» al posto di quella «neocon»: un vero e proprio
blocco politico, organizzato e disciplinato, capace di egemonia culturale e dotato
di grande forza di mobilitazione degli individui. «Non esiste una grande cospirazione
della destra - scrive nell’introduzione - i radcon sono saliti al potere grazie
a un sistema molto efficiente e autoalimentato, progettato per plasmare l’opinione
pubblica e la politica. Il sistema consiste in un costante flusso di denaro proveniente
da manager d’azienda, ricchi ideologi, fondazioni di potenti famiglie conservatrici
e magnati dei media radcon; si basa su una stretta alleanza politica con la destra
cristiana evangelica».
Come nascono i conservatori radicali e dove affondano le radici dell’ideologia radcon?
E’ un partito politico molto forte, molto ben organizzato e disciplinato. Le radici di questo movimento sono due. La prima risale alla reazione contro la cultura progressista degli anni ’60, la seconda trova posto nella frustrazione economica delle classi lavoratrici e medie americane, nella disoccupazione provocata da un’economia in ristagno. La rabbia, l’ansia per il proprio futuro sono forze potentissime nella politica. I radcon hanno raccolto e convogliato quella rabbia verso gli immigrati, i matrimoni gay, le femministe, gli americani di colore e, naturalmente, il terrorismo.
A differenza dei conservatori tradizionali che difendevano sì gli interessi forti ma miravano a mantenere gli equilibri esistenti, questi nuovi conservatori si presentano con un tratto di radicalità. Riescono a mobilitare la società in progetti aggressivi, dalla guerra alla xenofobia fino all’omofobia. C’è una qualche analogia con i fascismi europei?
E’ vero, i radcon sono molto diversi dai conservatori tradizionali. Usano la tecnica della "grande bugia", utilizzano i sentimenti di frustrazione e di rabbia. Sono una realtà pericolosa. Ma è vero anche che gli Usa sono stati storicamente in grado di resistere al fascismo. Hanno resistito dopo la Grande crisi del ’29 in controtendenza rispetto ai paesi europei. E sono convinto che alla fine il liberalismo vincerà perché i valori liberali sono profondamente radicati nella mentalità degli americani.
Dopo la crisi del ’29 ci fu una risposta progressiva con il New Deal. Oggi, invece, le forze democratiche americane non sono così forti da prendere l’iniziativa. Anzi, c’è una risposta regressiva alla crisi economica: privatizzazioni, tagli di tasse per i ricchi, guerra unilaterale. A cosa è dovuta la debolezza dei democratici, forse al fatto di non puntare su un programma sociale avanzato?
Io accuso i democratici di non aver saputo dare una risposta adeguata alla crisi economica. Sono democratico da sempre, ma sono anche consapevole degli errori che hanno commesso. Tra questi, la convinzione di poter vincere puntando semplicemente sugli elettori indecisi tra destra e sinistra. Si sono comportati più come liberali repubblicani che come democratici. Non hanno avuto il coraggio di affermare i propri ideali, né di portare avanti una politica che offrisse una valvola di sfogo alle inquietudini delle classi lavoratrici e medie le quali si sono piuttosto lasciate ammaliare dal partito repubblicano.
Quale sarà la geografia sociale del voto? Ci sono strati sociali che voteranno prevalentemente per l’uno o l’altro degli schieramenti politici?
E’ difficile a dirsi. I repubblicani hanno fatto un gran lavoro per cooptare le classi lavoratrici tradizionalmente democratiche, con una grande offensiva culturale populistica: i gay, le armi, Dio, il terrorismo mondiale... Sappiamo quasi per certo che la East Coast e la West Coast voteranno per Kerry, come le grandi città. Ma le zone suburbane, le piccole cittadine e le città occidentali più isolate sono potenzialmente schierate con Bush. Anche il sud che quarant’anni fa era democratico, oggi è passato dalla parte dei repubblicani. L’Ohio è un caso interessante da studiare. Da quando Bush è andato al potere si sono persi un milione di posti di lavoro, dei quali un quarto nel solo Ohio, Eppure, l’Ohio si sta spostando verso Bush.
I repubblicani sono molto attivi nel lavoro ideologico, sono riusciti a coniugare mercato e populismo, darwinismo sociale e morale (la ricchezza è una virtù, quindi va premiata). E gli intellettuali democratici cosa fanno?
I repubblicani sono stati molto bravi a resuscitare vecchie idee, come quella del darwinismo sociale che è un’invenzione di Herbert Spencer di fine Ottocento. Tuttavia, negli ultimi dieci anni, c’è stato un grande lavoro intellettuale nelle università in sostegno del progressismo liberal-democratico e dei suoi principi: a favore, per esempio, degli investimenti pubblici o della formazione qualificata della forza-lavoro. Non credo che i democratici siano a corto di idee nuove. Il problema, semmai, è che il partito repubblicano è molto disciplinato e organizzato, mentre il partito democratico non ha la forza di sostenere le proprie idee.
In politica estera lei si richiama al principio liberale di un mondo multipolare e interdipendente. Ma come si coniuga questo con il patriottismo al quale lei pure fa riferimento? Non si rischia di inseguire la destra sul proprio terreno?
Io distinguo tra patriottismo positivo e patriottismo negativo. Il primo è consapevole che si può lavorare tutti assieme per un mondo migliore e per il beneficio di tutti. Il patriottismo negativo, invece, concepisce solo un vincitore in una sorta di guerra globale.