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Iraq, i Ds contestano Strada

Publie le lunedì 15 marzo 2004 par Open-Publishing

Sinistra divisa dopo le accuse del medico di Emergency
Roma E’ una polemica di quelle che possono far male: da una parte Gino
Strada, fondatore di "Emergency", medico sempre in prima linea dove la
guerra ferisce ed uccide; dall’altra il "popolo della sinistra" e, in
particolare con l’Unità. «Se davvero Gino Strada ha detto - si legge in
un fondo del vicedirettore del quotidiano, Antonio Padellaro - che i
parlamentari del "non voto" alla missione italiana in Iraq sono
"gentaglia che deve andarsene a casa" e "delinquenti politici", Gino
Strada ha pronunciato una frase priva di senso. Strada non ha nulla a
che fare con i Casarini ed i Caruso, eppure viene accomunato ai
cosiddetti pacifisti del ceffone facile.

Lui è un non violento, ma
rischia che il suo nome serva da alibi a chi tenta di escludere i leader
ulivisti dalla grande manifestazione contro la guerra del 20 marzo».
E’ solo l’ultima tappa di una polemica strisciante che divide il
centrosinistra. Il voto (o meglio: la decisione di non votare contro il
decreto che prorogando tutte le missioni militari italiane all’estero,
autorizzava anche il proseguimento della spedizione in Iraq) della
scorsa settimana ha creato attriti tra i pacifisti "sempre e comunque",
e chi pone distinguo. Ieri, chiudendo il congresso della Margherita,
Francesco Rutelli ha assicurato che sarà in piazza regolarmente, «anche
a costo di prendere qualche fischio».

E gli andrebbe sempre meglio di
Fassino, cui i "no global" hanno promesso, appunto, "ceffoni"
propedeutici. Di sicuro sarà una manifestazione dai toni forti.
«C’è un problema che sfugge a molti - spiega al Secolo XIX l’ex ministro
Claudio Burlando, deputato Ds - che noi siamo una coalizione e che
stiamo vivendo in un contesto politico maggioritario. E quindi dobbiamo
tenere insieme sfumature e sensibilità diverse. Non possiamo avere tutti
in testa lo stesso obiettivo, quello di mandare a casa una destra che sa
solo difendere i propri interessi, e poi fare sempre il possibile per
lacerare queste intese».

«Il nostro atteggiamento - continua Burlando - doveva essere frutto di
una mediazione. E questo abbiamo fatto: il decreto che proroga le nostre
missioni non fa differenza tra quelle in cui i nostri soldati sono
impegnati in operazioni di "pace keeping", e quella in Iraq. Non abbiamo
potuto esprimerci. Ci hanno messo in condizione di tenere questo
atteggiamento». «Sostenere come qualcuno fa - conclude Burlando - che
chi ha assunto le nostre posizioni deve essere messo da parte, equivale
a chiedere l’estromissione di quasi l’ottanta per cento del popolo della
sinistra. Proprio quello cui ci si rivolge. Mi pare un modo di ragionare
un po’ singolare».

http://www.ilsecoloxix.it/Secolo_notizia01OK.asp?IDNotizia=176193&IDCategoria=585